Visitare Palazzo Barbò a Torre Pallavicina e lasciarsi sedurre anche da una magnolia in fiore

Le dimore storiche stanno diventando una delle mie principali mete di questo inizio di primavera. Scoprire luoghi altrimenti chiusi al pubblico o con un accesso possibile solo in eventi particolari è una passione che coltivo da sempre. Per questo, occasioni come quella offerta da “Domeniche per Ville”, cerco di non lasciarmele sfuggire: quattordici dimore storiche bergamasche fanno rete per la prima volta, mettendo sul piatto un calendario di visite guidate, la domenica pomeriggio, che andrà avanti per tutto aprile e maggio. Quest’anno, nella prima giornata, erano previste alcune aperture particolarmente interessanti per me, perché erano luoghi che non avevo ancora visitato. E’ il caso di Palazzo Barbò, nella Bassa Bergamasca Orientale, a  Torre  (frazione di Torre Pallavicina a due passi da Castello Barbò e Palazzo Sauli).

Prima di arrivare e di immergermi in questo luogo straordinario, mi ero letta tutta la storia del palazzo per avere un’infarinatura generale, ma con la promessa di lasciarmi condurre dalla guida che ci avrebbe accompagnato nella visita. Ho fatto bene.

Un borgo e la storia del territorio

Le poche informazioni che abbiamo su Torre Pallavicina riguardano quasi unicamente l’epoca medievale. Prima di questa si presume che il territorio fosse interessato da piccoli insediamenti risalenti all’epoca romana, dato che il borgo veniva inizialmente identificato con il nome di Floriano, probabilmente inserito in quello che veniva comunemente chiamato vicus Florianus.

Al termine della dominazione romana, tra il 4o e il 6o secolo d.C. per gli abitanti di queste terre fu un periodo di grande difficoltà e sofferenza a causa dall’arrivo dei Franchi e successivamente dei Longobardi.

Fu però con l’arrivo della signoria dei Barbò, documentata dal 1070, che il borgo ebbe un periodo di notorietà, durante il quale, risentendo delle lotte di fazione tra guelfi e ghibellini, ritenne necessario dotarsi di numerosi edifici fortificati. I signori del borgo, di schieramento ghibellino e legati con la signoria dei Visconti di Milano, fecero erigere a Tristano Visconti, figlio di Bernabò, una torre sui loro territori che fungesse da vedetta sulle zone limitrofe e sul corso del fiume Oglio, da sempre confine tra le varie entità politiche.

Qualche tempo più tardi a fianco della torre venne costruito un palazzo, con scopi sia difensivi che residenziali, dal marchese Pallavicino, che sposò Beatrice, figlia di Tristano Visconti. Da questo matrimonio ottenne anche il possesso del borgo, che assunse il nome di Torre Pallavicina.

Nello stesso luogo, un secolo più tardi, Adalberto Marchese Pallavicino, la cui fortuna è legata alla costruzione dell’omonimo naviglio di irrigazione della piana cremonese, decise di costruire una sontuosa dimora “… per non voler più seguire principi ingrati…” e quale “… sede di ozio di pace per sé e per i suoi amici (SIBI ET AMICIS)”, proposito che si può leggere scolpito con un fregio, sulla pietra che corre sopra i portici della facciata.

Sopra tutte le cornici delle porte e delle finestre, troviamo AD MA PA, ossia l’acronimo del nome del marchese Adalberto Marchese Pallavicino.

Il Palazzo divenne poi dimora dei Conti Barbò che tuttora lo possiedono. Non è la prima volta che visito dimore che appartengono a privati come in questo caso (era già successo a Palazzo Terzi a Bergamo e a Palazzo Sauli a Pumenengo), ma mi fa sempre un certo effetto pensare che esistono ancora famiglie che possiedono un castello o un palazzo antico, e rendermi conto che nonostante la ricchezza, le difficoltà non mancano e che ci vuole tanta tanta passione per preservare e proteggere certi edifici.

Ma veniamo ora alla visita del Palazzo e della sua Torre.

La torre di Tristano

La torre di Tristano ha una struttura quadrangolare e si mostra imponente e massiccia; l’apparato a sporgere e l’utilizzo del mattone rosso permettono un avvicinamento alla tipologia delle architetture fortificate diffuse in area sforzesca.

Torre e Palazzo Barbò

La parte terminale della torre è stata aggiunta nel 1550 in concomitanza con la costruzione dell’adiacente palazzo Pallavicino. Particolarmente interessante risulta essere la decorazione ad arcate cieche presente nel piano di coronamento, sotto il quale si intravedono, inglobate nei muri perimetrali, le merlature a coda di rondine che sono state eliminate quando la torre è diventata residenza nobiliare.

Al primo terra  si trova uno stanzone dove originariamente soggiornavano le milizie in tempo di assedio. La stanza è caratterizzata da un camino utilizzato dai soldati per cucinare e scaldarsi e da una Natività dipinta sul muro. Sotto, probabilmente si trovava un altare per le celebrazioni religiose.

Al primo piano troviamo un’altra stanza che in tempo di guerra veniva utilizzata dai soldati per difendere la torre dall’alto. E in tempo di pace, secoli dopo fu utilizzata come ricovero per il grano. Troviamo infatti dei numeri e dei segni sulle pareti che segnavano il numero di sacchi di grano e le quantità. E dei fori sempre sulle pareti che servivano per piantare i rami di gelso per la bachicoltura.

I serramenti sono settecenteschi e possiamo notare una porticina che serviva da trappola per gli uccellini che venivano attirati dal profumo del grano e, quando si avvicinavano, lo sportellino si richiudeva e… ciao ciao uccellini!

Al piano interrato invece troviamo quella che in momenti diversi fu, ora prigione, ora nascondiglio, ora luogo di approvvigionamento dell’acqua, ora cantina dove conservare i salumi o ricovero per i piccoli animali da cortile.

In un angolo, sotto la scala d’ingresso, si può scorgere l’antico pozzo. Si dice che venisse utilizzato non solo per l’approvvigionamento dell’acqua, ma in tempo di guerra anche come metodo per uccidere i nemici. La leggenda vuole che sul fondo ci fossero delle lance appuntite per infilzare i malcapitati che venivano gettati dentro.

Una chicca: i pallini di piombo in un portone

Ma la vera chicca di questo luogo è il portone sul cui lato esterno troviamo dei segni risalenti al 1500. Si tratta dei buchini prodotti dai pallini di piombo dei moschetti e (quelli di forma triangolare) dalle lance che venivano scagliate contro dai nemici durante gli assedi…

Ma non pensate che non si difendessero. Se guardate in alto, sotto una specie di merlatura potete scorgere delle feritoie orizzontali che venivano utilizzate per lanciare pietre infuocate e liquidi bollenti.

Feritoie da cui lanciavano pietre

Palatio Novo, Palazzo Pallavicino oggi Palazzo Barbò

Il Palazzo Pallavicino, ora Barbò, è attorno ad un cortile quadrangolare; lungo il lato ovest del cortile sorge la zona residenziale, distribuita a piano terra da un bellissimo porticato. Era stato costruito con la corte antistante, le abitazioni dei coloni e l’oratorio privato adiacente al Naviglio. C’erano altri edifici di servizio tra cui un forno, la cucina, un tinello e la legnaia, oltre ad un orto cinto da siepe ed un giardino di cedri.
Sul retro del palazzo vi era un ampio parco di 26 pertiche cremonesi in cui erano stati piantati numerosi alberi da frutto.

L’impianto decorativo della facciata del Palatio Novo è molto raffinato. E’ caratterizzato da due ordini sovrapposti: alla base troviamo pilastri a capitelli dorici, sette archi che legano i conci a raggiera in un gioco di perfetta geometria prospettica con le linee di caduta di ogni motivo aggettante: le mensole marmoree allo stacco degli archi, i capitelli al sommo delle lesene e, su di essi, le doppie mensole allineate agli scudi in marmo per maggior respiro al marcapiano con la scritta dedicatoria». Al piano superiore sette finestre trabeate, ornate con le iniziali del committente («AD.MA.PA», ovvero il marchese Adalberto Pallavicino) e corrispondenti agli archi sottostanti, ritmano l’elegante facciata insieme a lesene bugnate d’ordine ionico.

L’interno del palazzo è caratterizzato da una successione di stanze riccamente decorate con notevoli soffitti a cassettoni lignei; tra queste spicca la stanza dipinta dai fratelli Giulio e Antonio Campi, con motivi mitologici legati agli amori degli dei. Devo dire che le foto che ho fatto non rendono giustizia al fascino di questo luogo.

I Pallavicino dimorarono nel palazzo fino al XIX secolo ma ad oggi non vi sono documenti utili a testimoniare le trasformazioni edilizie avvenute nei secoli successivi, ad eccezione di un intervento di restauro sugli affreschi nel 1795. L’inventario dei beni mobili di Galeazzo VI Pallavicino, redatto a Milano nell’agosto del 1762, riporta l’elenco della mobilia suddivisa per stanza, tra cui si citano la “sala Pitturata”, la “Camera del Podestà”, il “salone”, la “camera detta di Ricevimento”, le “camere della Torre”.

Elemento particolarmente interessante è lo scalone che conduce al primo piano, con pavimentazione in cotto e transitabile dai cavalli. E’ davvero stupendo.

Scalone dei cavalieri

Al primo piano troviamo il Salone d’Onore, un salone di rappresentanza dove si accoglievano gli ospiti. Il pavimento e il soffitto sono orignari. Mentre il pavimento in cotto, durante l’ultimo restauro è stato trattato, il soffitto a cassettoni non è mai stato toccato. L’arredamento non è originale del tempo, ma sono pezzi di antiquariato che servono a dare idea dello stile. Anche le tele appese alle pareti sono successive. Il camino è in marmo rosso di Verona.

Come al piano terra le stanze si susseguono una dopo l’altra, come era tipico del tempo.

Una magnolia in fiore che incanta

Il palazzo e la torre  sono circondate da un ampio giardino, che per l’estensione e per i caratteri compositivi potrebbe definirsi ‘parco’. L’ho girato per mezz’ora prima che cominciasse la visita guidata e mi sono letteralmente innamorata di una splendida magnolia in fiore. Era enorme e non ho saputo resistere: mi sono fatta fotografare.
E’ una meraviglia e non sono stata l’unica a rimanerne incantata.

L’ho fotografata e quando sono andata a visitare il Palazzo Novo ho continuato a fotografarla dalle finestre.

Set cinematografico

Entrando abbiamo scoperto che questo palazzo fu utilizzato da Ermanno Olmi per girare il film  Il mestiere delle armi in cui si narra gli ultimi giorni di vita del condottiero Giovanni dalle Bande Nere,  pseudonimo di Ludovico di Giovanni De’ Medici, un soldato di ventura italiano al servizio dello Stato Pontificio durante le guerre d’Italia nella prima metà del XVI secolo. Al termine delle riprese il regista ha donato alla villa la carrozza usata per le scene che ora si trova alloggiata sotto il portico di servizio, accanto alla ghiacciaia secentesca restaurata, di fronte alla Torre.

Tornata a casa sono andata a cercare su internet le foto delle scene del film e sono riuscita a riconoscere le stanze dalle decorazioni e gli esterni. Volete una dimostrazione? Ecco qualche foto.

Note
Come al solito le foto sono mie e quello che trovate scritto è in parte quello che ci ha raccontato la guida e in parte quello che ho trovato in rete e che mi ha permesso di essere un po’ più precisa con date e nomi. Spero di non essere stata confusa e di aver reso l’idea di quanto sia bella questa dimora. 

Oggi questo palazzo è una location per eventi e matrimoni. Dietro il parco trovate anche un maneggio. 

Per saperne di più

Esiste il sito www.dimorestorichebergamo.it con il calendario e i dettagli delle aperture.

Su www.facebook.com/domenicheperville/ viene raccontata la storia di ogni dimora con le relative foto. La pagina Facebook sarà aggiornata, durante i due mesi di apertura, con i racconti di quello che succederà. Magari ci finirà anche questo post. 😉

37 comments

  1. Che bel post! Come sempre racconti in modo accattivante e dettagliato di luoghi davvero affascinanti! Vorrei fare tutto! Visitare il palazzo con le sue meravigliose camere, percorrere lo scalone transitabile anche per i cavalli e ammirare quella stupenda magnolia! <3

  2. Bellissimo questo articolo. Mi hai davvero fatta venire voglia di scoprire questa città, non ci sono mai stata. Poi adoro le residenze storiche! Sai che ho la fissa per annusare i luoghi antichi? Sono strana lo so! 😉

  3. grazie a te sto imparando a conoscere Bergamo. Io ci sono stata solo una volta e in centro, ma dai tuoi racconti sto capendo quanto è bella. Grazie per portarmi ogni volta in un posto diverso

  4. Chiamarla sontuosa dimora è poco!! E’ un palazzo enorme, spettacolare e gli interni sono splendidi! Certo il giardino con le piante in fiore e l’albero della magnolia non si può non apprezzare|!

  5. Foto splendide! Leggendoti sono sempre più curiosa di visitare Bergamo.. riesci a farmi immaginare di essere lì tutte le volte..

  6. Bella l’iniziativa della Domenica per ville, anche a me piacciono queste cose! Quella magnolia è davvero un incanto 😀

  7. non sono mai stata a Bergamo, ma questo articolo, come tutto il tuo blog mi fa proprio venir voglia di andare e scoprire cosa ha da offrire, grazie

  8. Torre pallavicina credo abbia solo palazzo Balbo da vedere. Ma è una location incantevole. Ci sono stata per un matrimonio qualche anno fa. Saloni stupendi e un giardino da invidia in primavera.

    1. La settimana scorsa era possibile visitare anche una villa settecentesca aperta al pubblico eccezionalmente. È proprio a due passi da Palazzo Barbò, sull’angolo e da fuori sembra una cascina. Bella, ma avrebbe davvero bisogno di un restauro.

  9. Sei una guida magnifica! Se tornerò a Bergamo, ti userò come mia Cicerona! Incredibile questo palazzo e anche questo borgo, di cui non avevo mai sentito parlare… Bellezza pura

  10. Adoro i parchi o giardini che circondano le dimore storiche, soprattutto adoro perdermi in queste oasi di tranquillità. La magnolia era davvero spettacolare!

Grazie di aver letto il post. Se desideri lasciare un commento sarò felice di leggerlo

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.