Ex collegio Baroni di Bergamo

La storia dell’ex Collegio Baroni di Bergamo, oggi parte del Campus universitario umanistico della città

Sulle pendici di Città Alta, all’apice di via Pignolo, distante solo pochi passi dalla Porta di Sant’Agostino, sorge l’ex Collegio Baroni di Bergamo. Passeggiando in questa antica via cittadina, ricca di palazzi nobiliari e dimore d’altri tempi, questo edificio all’apparenza anonimo, senza alcun tipo di decorazione, si mimetizza con l’ambiente circostante, passando quasi inosservato. Ma l’occhio non deve farsi ingannare: attraversato il portone d’ingresso, non si può che rimanere incantati da ciò che viene riservato alla vista.

L’ex Collegio Baroni è davvero un piccolo gioiello che mai ci si aspetterebbe di trovare appena fuori dalle Mura di Bergamo, in corrispondenza di una porta che conduce al cuore della città Alta. L’ex Collegio Baroni ha vissuto molte vita e oggi è la sede delle facoltà umanistiche dell’università di Bergamo. Un luogo di gioia e cultura, che ha vissuto anche una parentesi dolorosa in uno dei momenti più bui della storia del Paese. I racconti di ciò che è e di ciò che è stato si fondono con un panorama da cartolina , che si apre, totalmente inaspettato, su Bergamo bassa e che permette di ragionare su come la città si sia sviluppata nel tempo.

La trasformazione dell’ex Collegio Baroni in parte integrante del campus universitario rappresenta un esempio di come strutture del passato che non riescono a soddisfare le esigenze del tempo odierno possono essere reinventate e riutilizzate per scopi contemporanei, preservando al contempo il loro valore storico e culturale. Questa integrazione ha contribuito a mantenere viva la memoria del passato di Bergamo, consentendo alle future generazioni di connettersi con la loro eredità storica e culturale.

 

La storia dell’area su cui sorse l’ex Collegio Baroni di Bergamo

L’ex Collegio Baroni di Bergamo si trova in via Pignolo 123, nella zona alta di Borgo Pignolo. Questo luogo rappresenta un tassello significativo nella storia e nel tessuto urbano di Bergamo. Situato in uno dei luoghi più suggestivi della città, questo edificio ha attraversato varie fasi di trasformazione per rispondere alle mutate necessità dei tempi, purtroppo non sempre felici. E lo vedremo più sotto. Comunque sia, l’ex Collegio Baroni si è sempre confrontato con il suo tempo e con il tessuto culturale cittadino.

Per approfondire la storia di via Pignolo e di quello che si trova oggi nel borgo, leggete: 15 curiosità su Borgo Pignolo: Bergamo come non l’avete mai vista

La costruzione delle Mura Veneziane

La storia di quest’area comincia nel 1561 quando la via, arteria d’ingresso alla città per chi proveniva da Venezia, si dovette confrontare con la costruzione delle Mura Venete. L’erezione della cinta muraria comportò importanti cambiamenti: non solo richiese l’abbattimento di numerosi edifici, ma impose anche il divieto di costruire intorno al loro perimetro.

Zona di ortaglie, foraggio e bachi da seta

Per questo motivo il terreno su cui oggi sorge l’edificio che ospita una parte dell’università di Bergamo, fu per molto tempo caratterizzato dalla presenza di orti, campi e giardini, anche quando via Pignolo si arricchì di numerosi palazzi nobiliari. Questa particolarità contraddistinse la zona fino alla prima metà dell’Ottocento quando l’appezzamento, di proprietà di Giovanni Gandolfi, era ancora usato come prato per la produzione di foraggio e, probabilmente, per l’allevamento dei bachi da seta.

Che questa in passato fosse una zona molto verde, potete scoprirlo anche da una celebre fontana posta tra via Pignolo bassa e via Pignolo alta.

Per approfondire, leggete: Girare intorno alla Fontana del Delfino di via Pignolo in cerca di una pigna

Da trattoria con pergolato a scuola con collegio

Quando il terreno cambiò proprietario cambiò anche funzione: da campo agricolo passò a essere un luogo d’incontro. Infatti, il nuovo proprietario, un certo Maffei, decise di costruire una trattoria con pergolato e con uno spazio per i giochi di bocce che chiamò “Al Giardinetto”.

La trattoria però non durò molto e, verso la fine dell’Ottocento, Maffei vendette il terreno a un professore di Clusone: Angelo Baroni, il quale diede nuova vita al lotto fondando un collegio con annessa una scuola elementare.

La fondazione del Collegio Baroni

 

Il Collegio Baroni nacque quindi nel 1893 e prese il nome dal suo fondatore, il professor Angelo Baroni di Clusone, che aggiunse al complesso una scuola elementare. La funzione principale del collegio era quella di ospitare studenti iscritti nelle numerose scuole cittadine e studenti fuorisede, provenienti sia dalla provincia bergamasca sia da altre regioni, che frequentavano la sezione Industriale e la Scuola biennale di capi operai del Regio Istituto Tecnico Industriale “Pietro Paleocapa” nato nel 1885.

La proprietà del Collegio passò dal 1918 al Regio Istituto che fa fronte all’aumento del numero degli iscritti offrendo, così, la possibilità agli studenti della Scuola Industriale di essere ospitati in un istituto ben attrezzato e sicuro. Negli anni seguenti la struttura originaria venne più volte ampliata e modificata; il nuovo convitto si ispirava al modello di pensionato del Collegio Ghisleri di Pavia, che aveva come scopo quello di favorire la vita in comune degli allievi della stessa età.

La struttura originale però non era abbastanza grande per ospitare i nuovi arrivati, fu così costruito, nel 1919, un nuovo edificio di due piani, a valle di quello esistente, con undici camere e due sale studio per piano, collegato al cortile superiore con una passerella aerea in ferro. Gli ingrandimenti proseguirono nel 1925 e nel 1929 per cercare di far fronte alle nuove esigenze della struttura. Al convitto venne aggiunto un piano, una piccola chiesa, un dormitorio con settanta posti letto e servizi e un refettorio. Inoltre i locali erano costantemente sottoposti a miglioramenti quando non erano più in grado di fornire un servizio efficace.

La parentesi dolorosa della guerra

Domenica 3 ottobre 1943, una svolta inaspettata: il convitto fu requisito dai tedeschi, che ne fanno la sede della polizia militare nonché uno dei principali carceri politici della città. Ed è qui che tra il 1943 e il 1945, all’indomani dell’occupazione, gli antifascisti vengono interrogati e sottoposti a violente torture in attesa di essere giudicati dal Tribunale militare germanico. Gli abitanti della zona raccontavano di urla terribili provenire dall’edificio e non era infrequente che anche solo passando lungo la via si poteva essere catturati dai tedeschi e tenuti una notte in carcere per essere interrogati anche senza una reale motivazione.

Secondo alcune testimonianze nel gennaio 1944, le SS che gestivano il collegio furono richiamate al fronte e il collegio svuotato dai suoi detenuti nella notte del 21 gennaio. Non si tratterà di una chiusura definitiva, poiché ancora nel marzo 1944 alcuni testimoni raccontarono di notti di detenzione presso il collegio, dove sicuramente affiancano i nazisti italiani fascisti di diversi reparti (da Resmini a Stromenger, da Monge a Ghisleni).

La targa sulla facciata dell’edificio

All’interno di quelle stanze, adibite come celle di tortura, transitarono fra gli altri il futuro onorevole Giuseppe BelottiFrida BalliniCesare ConsonniGiuseppe Sporchia e Arturo Turani, quest’ultimi componenti dell’omonima banda.

A testimonianza di quanto avvenuto in quei terribili giorni vi è oggi una targa posta nel 1962 dall’Associazione Perseguitati politici italiani antifascisti le cui parole risuonano ancora nella memoria di del Borgo Pignolo.

La rinascita

 Sarà solo con la fine del conflitto che questo spazio tornerà ad essere un luogo di cultura e insegnamento. Alla fine della guerra il Collegio viene ripristinato; i locali, lasciati in pessime condizioni, furono rinnovati a partire dal 1950.

Nel 2002 il complesso dell’edificio viene acquistato dalla Provincia che lo destinerà dopo un importante lavoro di ristrutturazione a sede dell’Università degli Studi di Bergamo.

Come si presenta oggi

I locali dell’ex Collegio Baroni di Bergamo hanno la peculiarità di avere una disposizione a terrazze, sviluppandosi quindi non solo in larghezza, ma anche in altezza, con buona parte del terreno adibita ad aree verdi. Un aspetto decisamente particolare, se si considera il fatto di trovarsi in pieno centro città dove a fare da padroni sono case e cemento, non certo prati e zone verdeggianti. Proprio per questa sua verticalità, la struttura gode di un doppio accesso: uno in basso situato in vicolo San Tomaso 40 e l’altro in alto in via Pignolo

Nei 4mila metri quadrati dell’edificio trovano spazio 13 aule (con una capienza di 60-230 studenti), un laboratorio informatico (100 posti), quattro uffici, una sala lettura con tavola calda e un grande giardino realizzato dove una volta c’erano il campo da calcio, quello da basket e quello da pallavolo di pertinenza del collegio. Oggi ci studiano i ragazzi di Lettere, Filosofia e Comunicazione, e, a rotazione, quelli di Scienze umane e sociali, e di Lingue e letterature straniere.

Dal giardino il colpo d’occhio sull’ex Baroni è davvero particolare: ci si trova di fronte un edificio a terrazze moderno e luminoso, nonostante sia stato ricavato all’interno di una collina.

All’ingresso, nel cortile, oggi si trova una importante scultura di Manzù

Donata dall’artista alla città di Bergamo all’inizio degli anni Ottanta, la scultura in bronzo che oggi possiamo ammirare sulla terrazza panoramica dell’Ex Collegio Baroni, appena superato l’ingresso di via Pignolo è parte della Collezione della GAMeC (Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea).  La collocazione dell’opera nella sede delle facoltà umanistiche universitarie è il risultato di un accordo di comodato tra il Comune di Bergamo e l’Università degli studi di Bergamo.

L’opera ritrae i figli dell’artista – nati dall’unione con Inge Schabel – mentre giocano, in equilibrio incerto, sopra una carrozza stilizzata. La sua forma flessuosa, simile a un nastro, adempie alla funzione di fluido elemento di raccordo delle parti e fa da sfondo al tema del gioco infantile, caro a Manzù.

Giacomo Manzù (1908-1991) è certamente uno dei più importanti scultori del ‘900 e ha raggiunto ampia notorietà internazionale, tanto che le sue opere si trovano nei principali musei e gallerie del mondo. L’allestimento di questa scultura nel cortile della sede universitaria in via Pignolo, oltre ad essere un doveroso omaggio al grande concittadino, contribuisce a rendere presenti in tutta la città i segni della sua arte. È un nuovo tassello nella prospettiva di una sorta di museo diffuso che la città dedicherà a Manzù, per offrire la sua opera alla ammirazione di giovani studenti o visitatori sempre più presenti e determinanti nel panorama bergamasco.

Anche voi amate i luoghi che sono stati reinventati nel tempo?

Ciao, io sono Raffaella e sono l’autrice di cosedibergamo.com, il blog che vi suggerisce le 1001 cose da fare a Bergamo e in provincia almeno una volta nella vita. Appassionata da sempre di scrittura e comunicazione ho deciso di aprire Cose di Bergamo per condividere le mie esperienze e la mia conoscenza del territorio, nell’ottica di ispirare e aiutare voi, che mi leggete, a viaggiare e scoprire Bergamo e la sua provincia con occhi nuovi.

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Personalmente sono sempre attratta dagli edifici che si trasformano. Attraverso il recupero e la valorizzazione di edifici storici come il Collegio Baroni, Bergamo dimostra il suo impegno per la conservazione del patrimonio culturale e la promozione della conoscenza e dell’istruzione. In un contesto in cui la modernità spesso sembra prevalere sulla storia, iniziative come questa offrono un importante equilibrio tra passato e presente, arricchendo la vita della comunità locale e ispirando una profonda riflessione sulla nostra identità e sul nostro legame con il passato.

E voi, cosa ne pensate? Lasciate i vostri commenti qui sotto. 

 

Note: Questo luogo è stato visitato durante la XXXII edizione delle giornate FAI di Primavera e alla delegazione FAI di Bergamo che l’ha aperto in via del tutto straordinaria.


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3 comments

  1. Molto interessante davvero. Io abito a pochi metri dal convitto e mia mamma mi raccontava sempre che durante l’occupazione nazista mentre percorreva la strada prospicente il convitto per recarsi al lavoro, le capitava spesso di trovare per terra dei bigliettini scritti dai prigionieri, che lasciavano cadere dalle finestre, con scritto l’indirizzo delle loro famiglie e con la preghiera di avvisarle e di far loro sapere che erano detenuti lì. Mia mamma mi ha raccontato che spesso aveva avvisato alcune famiglie dei prigionieri. Un’altra signora che abitava di fianco al convitto, mi ha poi raccontato che le esecuzioni avvenivano sempre alle 4 del mattino e che lei si svegliava dalle grida di disperazione dei detenuti che stavano andando incontro alla morte. Un vero orrore.

    1. Grazie Gloria di questo struggente ricordo. Non riesco nemmeno ad immaginare la disperazione di quelle persone imprigionate e delle famiglie che attendevano che arrivassero notizie.

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