Avrei voluto rimandare il racconto della Festa dei Laureati (o Graduation Day) di Bergamo al giorno in cui mio figlio si fosse laureato, ma mancano ancora un po’ di anni (quest’anno finisce il corso delle superiori) e un evento come quello a cui ho assistito domenica mattina in Piazza Vecchia meritava un bel post da condividere. E quindi eccomi qui a raccontarvi i momenti salienti di questa bella mattina e soprattutto il momento inaspettato che mi ha catturato e che mi ha fatto decidere di scrivere: l’intervento di Vinicio de Capossela, uno degli artisti italiani che amo di più.
Ecco quello che troverete in questo articolo
Cos’è il Graduation Day
Cominciamo col dire cos’è il Graduation Day. Si tratta di una vera e propria cerimonia collettiva pubblica dove tutti i laureandi ricevono il diploma e festeggiano insieme la fine di un percorso di studi intenso, a tratti anche difficile, ma che senz’altro segnerà l’inizio di un nuovo promettente futuro.
Le cerimonie per gli studenti laureati risalgono alle prime università in Europa nel XII secolo. A quel tempo le lezioni si tenevano in latino che era la lingua ufficiale dei dottori. L’universitas era una corporazione di maestri (come MAS) con la licenza per insegnare. “Laurea” e “laureato” vengono da gradus, che significa “passaggio”. Il primo passaggio era ottenere la laurea. Il secondo passaggio era l’insegnamento, ossia l’ammissione alle universitas con la licenza per insegnare.
L’abbigliamento tipico delle università era l’abito e il cappuccio, o cappello adattato dall’abito quotidiano del personale universitario nel Medioevo, che a sua volta era basato sull’abbigliamento indossato dal clero medievale. Oggi lo stesso abbigliamento lo troviamo indossato dalle autorità universitarie durante la festa di consegna delle lauree: sono tabarri in velluto bordati di ermellino o mantelli di velluto. Gli studenti invece indossano in genere un semplice tabarro nero o coi colori dell’università o college.
Una cerimonia di “passaggio” che viene da lontano
Oramai siamo così abituati a vedere le cerimonie dei Graduation Day nei film che non ci stupisce vederle anche in Italia, ma dobbiamo sapere che nel nostro Paese fino a qualche anno fa non esistevano. O meglio, non esistevano fatte in questo modo. Erano cerimonie solenni, spesso si tenevano nell’aula Magna dell’Università o nella chiesa cittadina. Non solo. Erano momenti che entravano nella vita della città, nel tessuto economico e culturale di un territorio a dimostrazione di quanto una laurea fosse importante.
Ogni università e città aveva il suo rito di “passaggio”. Al Politecnico di Milano, ad esempio, fino ai primi anni sessanta, alla laurea seguiva il rito del ritratto, una fotografia di gruppo dei laureati dell’anno che veniva prima esposta nelle vetrine dei negozi del centro di Milano, poi, secondo la testimonianza dell’ingegnere “elettricista” Carlo Emilio Gadda, era collocata nel corridoio della segreteria, nella sede di piazza Cavour, o “nella sala del Consiglio in grandissimo onore” nella nuova sede di piazza Leonardo da Vinci.

Dopo il 1968 la solennità era andata un po’ sparendo: molti professori in svariati atenei avevano cessato di impiegare la toga e il correlato copricapo anche in occasioni formali. Ma dagli anni Novanta si è ricominciato a usarle nuovamente. In alcune delle università italiane più antiche e prestigiose (per esempio Bologna, Padova, Firenze) anche gli studenti hanno iniziato a vestire toga e tocco durante le cerimonie di laurea, in genere in occasione del conferimento del dottorato di ricerca, in modo da dare particolare solennità alla cerimonia di riconoscimento del più alto titolo di studio.

L’usanza della corona d’alloro vs tocco o cappello
In Italia si è tramandata la tradizione di indossare la corona d’alloro dopo la proclamazione della Laurea. Ornare il capo del neo-dottore con la corona d’alloro era diventata una consuetudine di tutte le università. Una tradizione tipica della cultura classica. Una persona laureata è simbolo di virtù e sapienza, di grande onore e di grande sapere: le grandi conoscenze acquisite verranno messe in pratica nella sua vita e per questo merita l’incoronazione con l’alloro. Ma oggi sono sempre di più le università che stanno adottando cappello da laurea (o tocco).
La tradizione di indossare cappelli da laurea viene dalla Svezia dove è in vigore dalla metà del XVIII secolo. Il tocco era un cappello da marinaio bianco con una fascia nera o blu scuro attorno, un motivo a corona e un pennacchio nero nella parte anteriore. Oggi li troviamo completamente neri, abbinati ai tabarri in tela con la passamaneria coi colori dell’università. L’usanza del vero cappello di laurea fu adottata inizialmente dagli studenti dell’Università di Uppsala una delle università più antiche del Nord Europa ancora in attività, fondata nel 1477. Il copricapo (tocco o cappello) divenne quindi popolare anche in molte altre nazioni europee e per lungo tempo è stata usanza dei paesi anglosassoni.
Il Graduation Day 2019 di Bergamo in Piazza Vecchia
La cerimonia pubblica di consegna dei diplomi di laurea magistrale 2018\2019 è stata organizzata per il secondo anno consecutivo per volontà del Rettore dell’Università degli studi di Bergamo, Remo Morzenti Pellegrini, in Piazza Vecchia. Domenica mattina durante la mia solita camminata in Città Alta mi ci sono imbattuta e ho deciso di fermarmi.
La cerimonia era iniziata alle 10.45, con la partenza del corteo di studenti in tocco e toga, direttori di dipartimento, prorettori, rettore, sindaco e vice ministro dal rettorato, seguiti da tutti i parenti e attraverso via Colleoni verso piazza Vecchia. Alle 11.00 dopo l’Inno di Italia hanno parlato il Rettore (Remo Morzenti Pellegrini) e il sindaco (Giorgio Gori). Sono seguiti il discorso e l’esibizione di Vinicio Capossela e l’intervento di Letizia Moratti, presidente di UBI Banca con la consegna dei diplomi di laurea. A chiudere la cerimonia c’è stato anche il saluto del vice ministro Anna Ascani e, per finire, il tradizionale lancio del tocco.
L’intervento dell’artista Vinicio Capossela

Se volete sapere cos’hanno detto le autorità, potete andare sui siti di informazione di Bergamo o sul video integrale che si trova sul sito dell’Eco di Bergamo. Quello che vorrei fare invece è parlare dell’intervento di Vinicio Capossela, che vorrei riportare integralmente. Con le sue parole fa secondo me l’augurio più bello e più toccante indirizzato a questi giovani che si apprestano ad entrare nel mondo del lavoro o della ricerca universitaria, con tutte le loro speranze e voglia di fare, e le mille incognite e sorprese della vita. L’artista riporta l’attenzione sulla responsabilità di uomini e sul bisogno di sviluppare quella capacità di rendere grande una vita anche nelle piccole cose.
Vinicio Capossela è un grande interprete, un intellettuale con un grande rispetto per la parola e il linguaggio universale della musica. Una carriera trentennale che gli è valsa oltre al grande successo e il consenso del pubblico, ben 4 Premi Tenco. Ecco il suo discorso:
“Grazie molte. In una cerimonia così bella ci voleva l’impostore. A questo ha provveduto il Magnifico Rettore invitandomi qui. Ci siamo conosciuti in un contesto un po’ macabro, perché eravamo proprio sotto il Trionfo della Morte (o Danza Macabra) di Clusone. Lì ha avuto l’idea di invitarmi, anche insistendo perché io questa sera avrei un concerto. Per questo abbiamo deviato tutto pur di darvi un saluto e portare un po’ di scompiglio in questa parata. In effetti col Trionfo della Morte diciamo che ci state proprio bene, tutto il nero dona. Ma il nero è un colore straordinario.
Cosa posso dire? Io sono sempre stato invitato a chiudere a chiudere locali. Quando un’attività, un bar chiudeva dicevano “Chiamiamo Capossela perchè qua c’è bisogno”. E’ la prima volta che mi trovo in una situazione del genere, tra ermellini e queste cose. Io sono fermo a “Dottore, dottore…” Questa è la mia esperienza con le feste di laurea. In questo momento particolare non mi ci ero mai trovato. Comunque sono qua.
In questa società che ha sostituito la procedura alla ritualità, comunque voi state facendo quello che gli antropologi chiamano un rito di passaggio. Ecco, perché state passando dall’età dell’apprendimento a quella della maturità, della vita professionale. Io che posso dire? Posso dirvi soltanto che la cultura è importante soprattutto in un momento in cui ci sono pulsioni per tornare alla legge di natura. La legge di natura è la legge del capobranco, la legge del più forte. E la cultura cos’è? E l’educazione al confronto e a capire le ragioni dell’altro.
Siamo in un momento di grande dittatura della semplificazione e io vi invito a usare tutta la vostra cultura al servizio della complessità. Perché la vita è fatta di molte cose e quindi bisogna riconoscerla nella sua complessità, nelle tante sfaccettature di cui è fatta. E visto che, comunque sia, la cultura comporterà il fatto che avrete una qualche forma di potere (anche solo sul vostro cane se lo avete), sappiate che a ogni potere corrisponde una responsabilità. E’ importante avere la consapevolezza della responsabilità.
Detto questo, mi sono preparato due righe. Per suonarvi una canzone ho dovuto fare fatica a scegliere nel mio repertorio che, insomma, non prevede canzoni adatte a questa occasione. Ma ho pensato a una canzone che vi possa accompagnare oggi e che vi inviti a fare della vostra vita una grande vita. A partire dal rendere memorabile questa giornata di passaggio alla maturità. Facendo attenzione a procurarvi quei piccoli momenti di felicità che fanno di una giornata una giornata perfetta. Dove la perfezione non è qualcosa di assoluto, ma è fatta di piccole cose. Mantenere la capacità di accostarsi alla finestra e vedere nell’azzurro del cielo il colore del cestino dell’asilo. O come diceva il mio amico Cinaschi, quando vedete il passaggio di un aereo nel cielo, dire “è qualcuno che mi sta pensando”. Mantenere questa disposizione al leggero.
D’altro canto c’è molta gente che trascura di rendere speciali le proprie giornate, le proprie relazioni, le proprie domeniche. Dunque, sforzarsi di rendere bello ed epico il proprio viaggio. E vi suggerisco un principio anti-ergonomico che ho adottato io da sempre: il massimo del risultato con il massimo sforzo.
Una giornata perfetta
Se volete leggere il testo della canzone, eccolo. Se volete ascoltare musica e parole…

Capossela conclude il suo intervento leggendo un estratto di uno straordinario libro che si intitola Principio di speranza.
L’importante è imparare a sperare. Il lavoro della speranza non è rinunciatario, perché di per sè desidera avere successo invece che fallire. Lo sperare è superiore ad avere paura. Non è nè passivo, come questo sentimento, nè anzi, meno che mai bloccato nel nulla. L’effetto dello sperare si espande. Allarga gli uomini invece di restringerli. Non si sazia mai di sapere che cosa internamente li fa tendere a uno scopo e che cosa all’esterno può essere un loro alleato. Il lavoro di questo affetto vuole uomini che si gettino attivamente nel nuovo che si va formando e a cui essi stessi appartengono. Non tollera una vita in minore che si senta solo passivamente gettata in un’esistenza non capita nei suoi intenti o addirittura riconosciuta come miserabile. Il lavoro contro la paura della vita e le mene del terrore è il lavoro contro coloro che impauriscono e terrorizzano. Non abbiate paura.

Non aggiungo altro. E’ stata una giornata perfetta.
Note
Le foto, dove non diversamente segnalato, sono mie. Il testo del discorso di Capossela è integrale (con piccoli tuning). E’ possibile vedere il video integrale della cerimonia
Profondo e significativo il discorso di Vinicio. Ho avuto modo di ascoltarlo diverse volte in Salento.
Sai, non avevo idea che cerimonie simili venissero celebrate in Italia, le avevo viste solo nei film.
Una tradizione americana che trovo molto bella e coinvolgente! Un traguardo che è giusto festeggiare.
Amo la città di Bergamo come casa mia, ma questo non l’avevo mai pensato. A volte le cerimonie che non si conoscono sono anche le più affascinanti!
Che spettacolo questa festa: nella mia università (Padova) non c’è qualcosa del genere ma ci sono tradizioni goliardiche che arrivano fin dal 1500.
La cosa che mi è piaciuta di più è stata l’ispirazione di alcuni discorsi. Toccanti. Ma anche divertenti.
Io credevo davvero che esistessero solo nei film le celebrazioni così. Bello però quanto diventino un evento per tutta la città, un modo per ricompensare tutti gli sforzi dei laureandi!
Parlando di cultura, potere e responsabilità Capossela ha centrato un punto fondamentale, secondo me, di cui è giusto che si abbia consapevolezza. Grande!! Per il resto ho letto il tuo racconto come qualcosa di estremamente esotico: ti dico solo che ho rischiato di partecipare anche qui in Australia a una cosa del genere e ho detto di no (era opzionale… cioè… bisognava pure pagare… certo :D). In Italia alla mia laurea ho personalmente scacciato il fotografo ufficiale impedendogli di entrare… per dirti quanto temo queste situazioni. In unimi non avevamo alcun rituale, nemmeno ai dottorati c’è alcuna forma simile. Comunque secondo me oggi (questo è un discorso generale) se questa “procedura al posto della ritualità” si sta rivestendo di patine formali, è anche per supplire alla perdita di contenuti. Oggi un sacco di gente si laurea pur restando ignorantissima… misteri 😀 Ciò detto, la cornice in cui si è svolta questa tua cerimonia è bella da morire!
Un invito alla speranza, all’uso della complessità e del bello. Un viaggio appena iniziato quello dei nuovi laureati e Caposella non poteva scegliere parole migliori, grazie per averlo condiviso con noi. Io lo ricordo bene il giorno della mia laurea e la cerimonia non è stata così toccante e bella come questa, ma ero una dei pochissimi che aveva preferito il tocco alla classica corona di alloro!
Qui in Germania funziona un po’ diversamente, almeno alla mia università. Non ho dovuto presentare la mia tesi e dopo l’ultimo orale mi hanno stretto la mano e detto “ciao”. Un mese dopo c’è stata la consegna ufficiale del documento di laurea in una normalissima aula. Figuriamoci allori… Peró organizzano un ballo, come quelli die film, solo che costava troppo per i miei gusti! Insomma, niente di spettacolare la mia laurea, a parte la soddisfazione personale 🙂
Adoro Capossela. Un poeta moderno, di quelli che se ne trovano davvero pochi. Acuto, pungente, romantico e toccante. Bello che partecipi ad eventi di questo tipo e che sproni i neolaureati ad andare speranzosi verso il futuro.
Noi abbiamo assistito ad un simile festeggiamento a Coimbra a maggio: anche lì la tradizione universitaria è antica ed è bello che certe cose si mantengano nonostante il trascorrere degli anni
Bellissimo il discordo di Capossela. Non sapevo partecipasse a questi eventi. Mi sarebbe davvero piaciuto star li e sentire il suo discorso.
Quando mi sono laureata io, nel 2005, ad a Milano non c’era questa bella cerimonia, un peccato perché mi sarebbe piaciuta molto
Articolo molto bello e d’ispirazione. Grazie mille per i tuoi consigli.
Bellissime le parole di Caposella, bellissimo che lui abbai deciso di condividerle con i neo-laureati. Penso mi guarderò volentieri il video integrale della cerimonia per ascoltare con le mie orecchie il suo discorso.
A Venezia so che da qualche anno una cerimonia simile per i neo-laureati, mentre a Padova, quando mi sono laureata io non c’era nulla di tutto ciò.