Evita Peròn a Sforzatica copertina

Curiosità | Sulle tracce di Evita Peron a Sforzatica (Dalmine): forse fu sepolta nel vecchio cimitero a due passi da Bergamo

E’ bastata un messaggio di Lisa, la ragazza dei cimiteri, con la proposta di andare a visitare insieme il vecchio cimitero napoleonico di Sforzatica  (Dalmine, BG)  per farmi venire voglia di riprendere in mano la rubrica dei misteri bergamaschi.  Aperto nel 1810 e non più in uso dal 1966, questo cimitero pare essere stato teatro di una delle spy story internazionali più avvincenti dell’ultimo secolo. Una vicenda di cui avevo già letto diverso tempo fa, ma che ho deciso di approfondire e riproporre sul questo blog: il mistero della sepoltura di Evita Peron nel vecchio cimitero di Sforzatica.

Aldo Villoresi in un libro ha ipotizzato, sulla base di testimonianze  familiari, che “la salma di Evita Peron, tra il 1956 e il 1974, fu sepolta temporaneamente nel cimitero di Sforzatica, Dalmine (BG) sotto il nome di Maria Maggi ved. De Magistri”. Ed eccomi qui a raccontarvi di cosa si tratta.

Evita Perón: per vent’anni un’icona popolare senza pace

Eva Duarte Peron dal balcone arringa le folle

Ai più giovani il nome di Evita Peron dice poco, qualcuno la ricorda perché la cantante Madonna alcuni anni fa gli ha dedicato un successo Don’t cry for me Argentina in concomitanza con il film sulla vita di quella donna che negli anni Cinquanta seppe  infiammare i cuori degli argentini. Così tanto icona e così tanto popolare da diventare scomoda perfino da morta, al punto da spingere i servizi segreti argentini a esiliare la salma spedendola in gran segreto in Europa.

Evita Peron nasce Eva Duarte e diventa la seconda moglie di Juan Domingo Peron, militare che, dopo anni di posizioni di rilievo nel quadro politico del proprio Paese, diventò presidente dell’Argentina nel 1946 anche grazie alla giovane moglie, ex attrice radiofonica, sindacalista e decisa sostenitrice dei più deboli. La gente la osannava e l’amava, mentre il marito industrializzava il proprio paese con l’appoggio dei militari.

Il 26 luglio 1952 Eva Duarte, poco più che trentenne, muore per un tumore all’utero. Perón decide di costruire un mausoleo per la conservazione della salma dopo averne affidato l’imbalsamazione allo stesso medico che aveva mummificato Lenin.

L’imbalsamazione della Senõra

Il dottor Pedro Ara fu contattato prima ancora della morte della Señora Peròn e si prese in carico l’impegno di rendere immortale quel corpo. Il primo trattamento fu quello d’immettere formalina nei vasi sanguigni un’ora soltanto dopo il decesso. Durante i funerali, cui partecipano milioni di argentini in preda alla disperazione collettiva, la salma viene conservata in una cassa con uno sportellino di vetro all’altezza del viso.

Evita Peron mummificata con il dottor Pedro AraQuindi il corpo viene collocato in un laboratorio appositamente allestito nella sede della CGT (Confederación General de Trabajo), il sindacato controllato dai Perónisti. Mentre si progetta un mausoleo,  Ara lavora ininterrottamente per un anno all’imbalsamazione, meritandosi i centomila dollari pattuiti.

Per dodici mesi solo Ara e Perón possono vedere Evita. E nel luglio del 1953 l’opera d’arte è pronta: il corpo, perfettamente conservato con tutti gli organi interni e lievemente ristretto dagli agenti chimici, ha la perfezione di una bambola di cera. Però l’imbalsamazione non andò perfettamente, tanto che presto qualcuno comincia a sospettare che quello che tutti credono il corpo di Evita potrebbe essere una statua.

Evita Perón da morta: una salma “scomoda”

Perón viene deposto nel 1955 dall’esercito mentre l’Argentina si trova in piena crisi  e alle prese con una grande inflazione provocata dallo stravolgimento economico voluto da Perón stesso.

A quel punto il corpo di Evita diventò per il nuovo regime uno scomodo simulacro, che conserva l’ardore per il perónismo. Lo consegna quindi ai servizi segreti per farlo sparire e per dargli sepoltura. Per non creare altri problemi intorno alla salma di quella che ormai è una leggenda in Argentina, i servizi segreti scelgono di farne sparire le spoglie, portandola in Italia con l’aiuto di ambienti ecclesiali.


Le quattro salme di Evita Peron: storia di un depistaggio

E se l’imbalsamazione era stata una decisione di Perón, Evita poco prima di morire lo aveva pregato di fare in modo che non fosse “toccata da nessuno”.  Così, per prevenire furti e vandalismi antiperonisti, Perón aveva deciso di fare delle copie di Evita, tre per la precisione. Ecco perché pare che ad un certo punto ci fossero ben quattro versioni di Evita.

Perón aveva fatto progettare per lei un mausoleo con i marmi di Carrara ma si dimenticò presto di Evita. Prese l’abitudine di frequentare ragazze davvero troppo giovani. L’ultima, Nelli Rivas aveva appena 14 anni – d’altronde, Evita ne aveva 15 quando l’aveva incontrato –, a cui per premio regalava cimeli di Evita.

Peròn venne scomunicato dalla Chiesa. I militari si fecero avanti e ci fu un golpe. Deposto dalle forze armate golpiste, Perón fuggì dall’Argentina lasciando la salma della moglie al suo destino.

Nascondere la salma di Evita per evitare che diventasse oggetto di culto

Il tenente colonnello Carlos Eugenio Moori Koenig, nominato capo del Servizio Informazioni dell’esercito, aveva elaborato nella sua mente un progetto, “Operazione Evasione”, di cui parlò al generale Pedro Eugenio Aramburu, a capo della Giunta militare. Bisognava nascondere la salma di Evita per evitare che qualsiasi posto si trasformasse in un luogo di culto e, implicitamente, di protesta. Nella notte del 22 novembre fecero sparire il cadavere di Evita.

Moori Koenig lo nascose in casse e armadi, in un furgone, facendola girare di continuo per Buenos Aires, compreso nel retro di un cinema, fino a portarsela a casa nel suo studio, nascondendolo alla moglie, forse ossessionato. Moorri conservò il corpo di Evita nel seminterrato della sua casa, e fu accusato di essersi innamorato del cadavere, tanto che alcuni, notando che i suoi atteggiamenti si erano fatti effettivamente strani e bizzarri, dissero addirittura che avrebbe violato il corpo della donna.

Quando il presidente Aramburu fu informato degli eventi, trasferì la responsabilità della destinazione del corpo di Eva Perón al colonnello Héctor Cabanillas, che mobilitò la Chiesa, attraverso l’Arcivescovo di Buenos Aires e Nunzio Apostolico, per intercedere presso Papa Pio XII per inviare il corpo di Evita in Italia. Così avvenne, e la ex first lady fu sepolta in Italia sotto il falso nome di una presunta emigrata italiana morta in Argentina.

Le sepolture di Evita Peròn in Italia: un mistero nel mistero

Monumento Evita Peron al Cimitero Musocco di Milano

La leggenda vuole che allo scopo di depistare i peronisti, a 25 persone vennero affidate altrettante bare con la salma di Evita Perón con il compito di tumularle in segreto anche in Argentina, ulteriori quattro raggiunsero l’Europa, una in Belgio, una a Roma, una a Milano e una, pare, a Dalmine.

Il 1957 è l’anno in cui arrivano sia al cimitero Musocco di Milano che al piccolo cimitero napoleonico di Sforzatica il corpo imbalsamato di Evita Perón, con il nome inventato di sana pianta: Maria Maggi De Magistris. Per 14 anni, la vedova è stata sepolta nel campo 86 del Musocco, il Cimitero Maggiore di Milano, nel più assoluto anonimato. A portarle fiori e a curare la tomba solo una suora laica, Giuseppina Airoldi, che, quasi ogni giorno, faceva visita anche alla madre, sepolta nello stesso campo.

Il ritrovamento della tomba di Evita dopo tanto tempo

Tutto tacque fino al 1971 quando i guerriglieri peronisti, i Montoneros, decisero che il corpo di Evita doveva essere ritrovato. Il loro slogan era: “Se Evita fosse viva, sarebbe montonera”. Per questo sequestrarono e uccisero Aramburu, non prima però di farsi rivelare in qualche modo il luogo dove era sepolta Evita. Nel settembre di quell’anno il colonnello Cabanillas dei servizi segreti argentini arriva a Milano con una missione: scoprire dove è stato sepolto il corpo di una donna morta a Buenos Aires nel 1952 e trasportata in Italia nel 1957.

A condurlo fino al capoluogo lombardo sono state le informazioni contenute in una busta consegnata da un notaio alla Casa Rosada, il palazzo presidenziale di Buenos Aires. La busta sigillata è stata conservata dal notaio per quindici anni ed è stata finalmente aperta dal presidente in carica, il generale Alejandro Lanusse. Tuttavia le indicazioni sono piuttosto scarse: la tomba è al Musocco, il Cimitero Maggiore di Milano, ma il nome sulla lapide era noto a un sacerdote italiano, che sarebbe morto senza rivelare il suo segreto.

A Cabanillas non resta che prendere in esame i registri del cimitero, per scoprire chi vi sia stato sepolto nel periodo che gli interessa. Trova un nome: Maria Maggi, vedova De Magistris, deceduta a Buenos Aires nel 1952 e sepolta a Milano nel 1957. Non può essere che lei. Il corpo venne riconsegnato al settantaseienne Perón, allora in esilio a Madrid, da fedeli peronisti. Rieletto nel 1973, Perón morì l’anno successivo di infarto. La salma di Evita lo raggiunse a Buenos Aires pochi mesi dopo.

La salma di Evita Perón sepolta a Milano forse non era quella della vera Evita

«La figura di Evita Perón era ambitissima, soprattutto da chi desiderava prendere il potere in Argentina. Cercavano il cadavere senza sapere dove fosse, poi la presunta salma originale viene fatta rientrare dall’Italia in Argentina nel ’75, dopo la morte di Perón. Il medico che fa l’autopsia si fa scattare alcune foto durante il procedimento, ma lo stesso medico affermerà diversi anni dopo che quella era solo una copia».

Fu quest’ultima salma ad essere restituita a Perón mentre era in esilio a Madrid nel 1971. All’apertura della cassa Perón pare abbia esclamato: “Mascalzoni!”, non riconoscendo il corpo che vi era contenuto. E fu così che incaricò i servizi segreti di ritrovare la salma seppellita in Italia che arrivarono fino a Sforzatica.

A Sforzatica una tomba accudita per anni da un agente segreto

Le false verità libroSull’intricato mistero che riallaccia il terreno dalminese all’interesse del mondo, lo scrittore di origine dalminese, Aldo Villagrossi, ha scritto un libro che potete leggere in formato kindke, Le false verità, dove la matassa viene sciolta con dovizia di particolari partendo dai suoi ricordi familiari.

Jorge, argentino assunto dalle acciaierie di Dalmine, un giorno chiese nel 1973 al padre di Villagrossi, anch’esso impegnato nel grande stabilimento siderurgico, di essere aiutato a trovare la tomba di una certa Maria Maggi. Insieme ne individuarono la lapide e ogni giorno per un anno il sudamericano portò un fiore su quel sepolcro, salvo poi ripartire improvvisamente quando Perón assurse di nuovo al potere nel 1974.

Jorge non rivelò mai la sua vera identità, ma Aldo Villagrossi scoprì in seguito essere un agente segreto peronista, poi docente universitario a Buenos Aires.

Era la salma di Evita quella sepolta a Sforzatica?

Agostino Rocca, il famoso industriale fondatore della Dalmine (attuale Tenaris), s’incaricò di organizzare il trasporto dei corpi di Milano e Dalmine (BG). La vera Evita Perón viene trasferita a Dalmine, l’altra mummia finì invece a Milano, al Musocco. Entrambe sotto il falso nome di Maria Maggi ved. Demagistris.

Nel 1956, dopo una telefonata dall’Argentina da parte di un industriale italiano ivi residente, la salma arrivò a Dalmine presa in carico dal capo della Ragioneria delle Acciaierie di Dalmine e dal parroco di allora, don Sandro. Fu fatta passare come una paesana emigrata in sud America che voleva essere sepolta in patria. Ai funerali  non c’era però nessun parente a parte una donna elegante che poi firmò il registro dei presenti come suor Giuseppina Airoldi. Vi dice niente questo nome?

E’ la stessa persona presente a un’altra tumulazione sempre di una bara a nome di Maria Maggi, vedova De Magistris, nel cimitero di Musocco nel 1957, che guarda caso si presa cura di quella tomba per diversi anni.

Coincidenze? Chi lo sa. Ai posteri l’ardua sentenza!

Ma scavando negli archivi qualcuno potrebbe aver scoperto molto altro…

 

 

Note: le foto sono state recuperate in Rete. Le informazioni sul mistero di Evita a Sforzatica sono tratte in parte dalla biografia ufficiale di Evita Peron e in parte dal libro di Aldo Villagrossi che ha raccontato la sua esperienza diretta e i contatti familiari avuti quando viveva a Dalmine con Jeorge, l’argentino che poi divenne un professore universitario. 

6 comments

Grazie di aver letto il post. Se desideri lasciare un commento sarò felice di leggerlo

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.