Bergamo o Berghem

Imparare a usare Pòta come un vero bergamasco (de Bèrghem)

Siete di passaggio a Bergamo o vi siete trasferiti da poco? Sappiate che i bergamaschi sono molto fieri del loro dialetto e dei loro modi di dire. E sappiate che Pota è la parola più strana, ma anche quella più usata da tutti. La sentirete utilizzare così spesso e in contesti diversi che comincerete a chiedervi: cosa significa veramente la parola pota, in intercalare che diventerà un vero tormentone. Qualcuno vi dirà che è una parolaccia, altri che viene utilizzata solo dal popolino. Non credetegli. L’origine della parola pota vi sorprenderà. E vi sorprenderanno anche tutti i modi in cui verrà utilizzata all’interno dei discorsi: dall’esclamazione alla retorica, alle situazioni lamentose… Insomma: se volete sopravvivere a Bergamo dovete proprio imparare ad usare questa parola come un vero bergamasco. Ecco i miei consigli.

L’origine della parola pota

La parola “pota” viene utilizzata con una serie interminabile di possibili significati (alcuni li troverete qui sotto) ma la sua origine deriva dal verbo latino “potior” ossia bere. Nel significato c’è una sorta di invito a berci sopra, a dimenticare, a lasciare perdere.

Il “pota” è quindi una parolaccia? No. Qualcuno afferma che sia un termine volgare ma quest’intercalare è una parola che tutti abitualmente usano. Quindi non preoccupatevi troppo di utilizzarla quando sarete a Bergamo. L’importante è inserirla nel contesto giusto.

Come usare pota nel parlato di tutti i giorni

Ora, ad uso dei forestieri, se volete sapere cosa significhi davvero pota e come utilizzarlo non dovete far altro che leggere la spiegazione che trovate sotto. Per cominciare potete sempre piazzarlo come intercalare qua e là, tanto non si sbaglia mai!

Come vi accorgerete la parola pota è uno degli intercalari più comuni e può essere usato in molteplici situazioni.

USARE POTA COME ESCLAMATIVO

Sottolinea stupore o enfatizza una reazione a un oggetto o una situazione fuori dal comune o che non ci aspettavamo. Spesso preceduto da “eh” o seguito da “ma“:
“Lo sai che hai rotto un piatto?” “Pòta!” ossia “Lo so e non posso farci niente!”;
“Lo sai che hai rotto un piatto?” “Eh, pòta!”
 ossia ‘”Ormai è successo!”‘;
(guardando un oggetto o una situazione che non ci aspettavamo) “Pòta, ma è tutto rotto!”.

USARE POTA PER ESPRIMERE UNA SITUAZIONE FATALISTA 

Risposta a frase o domanda per cui non ci sono soluzioni oppure riferito a qualcosa sul quale non si ha potere:
“È vero che domani devi andare a lavorare a piedi?”
Pòta…”
 ossia “Cosa ci posso fare?“.

USARE POTA NELLE RISPOSTE RETORICHE O SARCASTICHE

Risposta affermativa a domanda retorica a volte seguito da per forsa (per forza di cose)
“Sei andato a lavorare oggi?”
Pòta, per forsa!!”
 ovvero “Certo, per forza!”, “È ovvio, cosa me lo chiedi a fare?“.

USARE POTA NELLE FRASI CON TONO LAMENTOSO 

Sottolinea disapprovazione riguardo a una richiesta che non si può o non si vuole soddisfare:
“Hai comprato il pane ma non hai comprato l’acqua!”
“Eh, pòta!”
 cioè “Non avevo molta voglia… e non ce l’ho nemmeno adesso!“.

USARE POTA CON FARE APOLOGETICO 

Risposta a osservazione su qualcuno che ha realizzato qualcosa di impossibile per chi parla:
“Hai visto che bella barca che si è comprato il Piero?”
Pòta, beato lui…”
 cioè “Almeno lui che può permetterselo…“.

USARE POTA IN MODO SOSPENSIVO

Raramente introduce una pausa, per preparare la frase successiva o riprendere fiato:
Pòta cioè: Ehm…” o “Dunque….

Spesso la pronuncia viene abbreviata in “‘ta” o “‘òta“, più raramente cambia in “Potà“. Altre volte invece, per dar più enfasi si allunga la “ò” (“Poòta“).

Qualche suggerimento: dialetto bergamasco di sopravvivenza

Ecco quindi qualche pillola che può aiutarvi a sopravvivere.

Leggete:

Imparare a dire Negòt come un vero bergamasco

I 20 modi di dire bergamaschi più usati (a casa mia)

Il Piccolo Principe di Saint Exupery tradotto in bergamasco

e infine….

Bèrghem Mola Mia,  Bergamo #staystrong e la preghiera laica dedicata ai Bergamaschi

 

L’esperienza di una milanese alle prese col Pota

Ormai non è un segreto che sono nata a Milano e che sono arrivata a Berghèm solo da grande. Sono giunta in provincia, a pochi chilometri dalla città, e qui sono rimasta 25 anni fa. Non mi importava essere nel centro della città, e  nemmeno in città, visto che con pochi minuti di macchina potevo tranquillamente raggiungerla.

Quando però ho scoperto di aspettare un bambino, l’unica condizione che misi (oltre alla scelta del nome) fu che mio figlio nascesse a Bergamo città. E guai a contraddire una donna incinta! Volevo che sulla sua carta d’identità ci fosse la parola Bergamo e che fosse chiaro per tutti che venisse da qui. Mi piaceva pensare che fosse un po’ bergamasco (come suo padre) e un po’ milanese (come me). Nascere nel capoluogo di provincia accontentava un po’ le due anime, ma non mi ero resa conto di cosa significasse veramente avere un figlio bergamasco fino a quando non ha cominciato a parlare.

keep-calm-and-pota-potaUn giorno, mentre mi raccontava della sua giornata all’asilo, mi sono accorta che ogni tanto piazzava qua e là il classico pòta. Fu un colpo. In quel preciso istante, mi resi conto che nonostante tutti gli anni che avevo bazzicato Bergamo, a me non era mai, dico mai, successo di dire pota all’interno di una qualsiasi frase. Si, certo, mi era capitato di spiegare a qualche forestiero milanese cosa significasse, ma mai mi era capitato di usarlo.

Quando ho chiesto al pargolo da quando in qua si dicesse pota, lui mi rispose nel suo bergamasco da cinquenne “Pota ma’, me son de Berghem“!
Aveva ragione. Non occorre essere bergamaschi purosangue per immergersi nella cultura di questa terra. E il mio bambino me lo stava dimostrando.
Sorrisi e ricominciammo a parlare dell’asilo.

Non sono mai stata un’amante del dialetto, non l’ho mai parlato e non credo che lo parlerò (ormai sono troppo vecchia per perdere l’inflessione milanese e le vocali aperte). Ho sempre pensato che oggi i ragazzini debbano conoscere prima l’italiano e l’inglese, ma oggi penso che sia anche importante non assumere un assurdo atteggiamento di sufficienza nei confronti delle culture popolari, dalle quali provengono e nelle quali affondano saldamente le radici della nostra cultura. Per questo, se qualche volta scappa un pota, non è la fine del mondo. L’importante è sapere quando si deve usare e quando è meglio mantenere un contegno british!

 

Note
L’aneddoto su mio figlio è vero e ha il beneplacito dello stesso. Ma non abituatevi perché non ama che si parli di lui (giustamente) e io lo rispetto. Le immagini le ho recuperate in rete.  
La definizione di Pota l’ho trovata on line e l’ho rielaborata sull’uso che mi sembra più vicino al mio vissuto recente. Se desiderate maggiori dettagli e note, scrivete, cercherò di approfondire meglio il tema. 

20 comments

  1. Mi ha fatto sorridere questo articolo ed è anche molto istruttivo, non sapevo esattamente cosa significasse pota e come usarlo, ma ora posso dire di averlo imparato, o quasi. Io di Bergamo so solo Bergamo de hora e de hoto, scusa, avrò sbagliato a scriveli di sicuro. Comunque hai ragione, bisogna sapere l’italiano e l’inglese oggi, ma qualche parola di dialetto è corretto conoscerla, la cultura e la storia passano attraverso il linguaggio, e il dialetto non va bandito, anzi. Complimenti come sempre per il tuo blog.

  2. Bellissimo articolo sul significato di Pota. Io essendo di Bergamo lo uso molto spesso, anche fin troppo e qualcuno non bergamasco non capisce…e io mi meraviglio come la gente non conosca il significato del termine pota. Adesso gli darò questo articolo come dizionario 🙂

  3. Che carino questo articolo! 😀 è importante preservare il dialetto, almeno conoscerlo o conoscerne qualche termine 🙂 è un patrimonio territoriale e culturale inestimabile!

  4. Molto carina questa parola e, come spesso accade nei dialetti, è molto versatile e può essere utilizzata in svariate occasioni! Mi piace!

  5. Ahah simpatico l’episodio, mi immagino già il piccolo cinquenne con il petto gonfo d’orgoglio “Mamma, sono di Bergamo!” 😀 carina anche la spiegazione, anche se per me “forestiera” il significato della parola rimane ancora un po’ sconosciuto.

  6. Mi ha divertito molto l’immagine di tuo figlio al suo primo e ignaro pota. Anche io da brava bresciana ogni tanto me lo lascio scappare ma devo dire che nessuno riesce a battere i bergamaschi in quanto a dialetto 😀

  7. Carino questo post… Secondo me é una cosa bella conservare il dialetto anche se é brutto da sentire se mescolato all’italiano… Va usato nel contesto giusto.👍🏻😊

    1. lo so, hai ragione. Ma diciamo che ora nell’uso è un intercalare abbastanza innocuo. Se usato con moderazione, ovviamente.

  8. Veramente bella riflessione! Sono bergamasca al 100% e ne vado fiera… il pota ci scappa e come.
    Grazie

  9. Molto divertente questo articolo, continuo ad immaginarmi l’espressione che potresti aver avuto al primo “Pota” di tuo figlio! 😀 Non so se sarei rimasta più incredula o se sarei scoppiata a ridere! 😀

  10. Ma che ridere! Qui in Piemonte non è consueto sentire un giovincello parlare in dialetto – e io mi ci metto in mezzo – però è davvero un peccato, dovremmo rispolverare le nostre lingue!

  11. Lo usiamo anche noi cremaschi e pure i bresciani. Del resto sono dialetti simili, quasi identici per via della comune appartenenza alla Serenissima.
    Manca il significato letterale: la… ehhmm, quella cosina femminile. Per altro la potrei chiamare in 100 modi ma pota non si usa più, se non nel detto “tira püsé an pil de pota etc”. Ormai è solo un intercalare ma per chi è forestiero è difficile capirlo, i tanti significati elencati variano anche in base al tono in cui la si pronuncia. Rimane però il modo più comune con cui ci prendono in giro al di fuori delle nostre zone, anche a milano, e cercano di scimmiottarci 🙂

  12. Sicuro sull’origine della parola ” pota ” ?
    Il Tiraboschi nel suo vocabolario Bergamasco – Italiano è di diverso parere!
    Questo sta a dimostrare che i giovani odierni, usi ad intercalare la stessa parte dell’ anatomia femminile ma in italiano, non hanno inventato niente.

    1. Il Tiraboschi avrà senz’altro una versione più ampia e corretta. In realtà l’articolo voleva essere un divertissement sull’utilizzo di questa parola che per chi non è nativa di Bergamo come me risulta oltremodo bizzarra. Spero l’abbia divertita lo stesso.

    2. Che caso! Sono ricapitato qua dopo mesi, casualmente, e ho rivisto il mio messaggio e la risposta.
      Sì, sono sicuro. Deriva da potta. La potta. In certe parti d’Italia si chiama ancora così.
      Tira di più un pelo di xxx che 100 cavalli al trotto, come la traduci in bergamasco/bresciano/cremasco?
      Ecco. 🙂
      Avrà anche altri significati letterali, esistono i sinonimi ma credo che l’etimologia sia quella, derivazione dialettale del termine potta, la vulva.

  13. comunque il bene è “placito”, non “placido”… e, secondo molti, l’etimo di pota è un tantino meno aulico 😀

Grazie di aver letto il post. Se desideri lasciare un commento sarò felice di leggerlo

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