Ci sono libri che sono diventati una pietra miliare nella letteratura di formazione e che sono entrati nella lista dei 100 libri che hanno fatto la storia di un secolo. E’ il caso del Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupery. Questo libro è stato tradotto in oltre 200 lingue e ha venduto oltre 134 milioni di copie in tutto il mondo. Ma forse non tutti sanno (o non ricordano) che questo romanzo è stato tradotto anche in bergamasco da Umberto Zanetti, poeta vernacolare bergamasco recentemente scomparso. E proprio per l’amore che ho per questo libro e per le Cose di Bergamo, che consiglio a tutti di leggere Ol Principì e di lasciarsi travolgere dalle emozioni fino a commuoversi.
Le traduzioni in bergamasco in realtà sono più d’una: quella nel vernacolo di Treviglio e quella nel vernacolo bergamasco di Umberto Zanetti.
Non so quanti di voi avranno in casa questa versione, ma se dovesse capitarvi tra le mani, vi prego, non lasciatevela sfuggire e leggetela. E’ commovente, tanto quanto quella in francese o in italiano.
Ol Principì è assolutamente fedele all’originale. Umberto Zanetti, raffinato poeta vernacolare, aveva preso l’originale francese e l’aveva tradotto nel lingua bergamasca grazie alla casa editrice tedesca Edition Tintenfaß di Neckarsteinach.
L’editore, Walter Sauer, docente di linguistica e di filologia romanza a Heidelberg, con esperienze di insegnamento negli Stati Uniti, e con una passione da sempre per il suo dialetto – il tedesco del Palatinato-, aveva contattato Umberto Zanetti come massimo esperto del dialetto bergamasco e gli aveva commissionato la traduzione del «Piccolo Principe». Il racconto tradotto in bergamasco arrivò in libreria nel 2016.
Ecco quello che troverete in questo articolo
La traduzione in bergamasco
Tradurre in bergamasco un libro che è stato compagno di infanzia di intere generazioni non deve essere stata un’operazione semplice e mi immagino che abbia fatto un po’ tremare i polsi ai traduttori che negli anni hanno ripreso in mano Il Piccolo Principe. Ma adattare una lingua di origini rustiche come il bergamasco a un libro che parla di sentimenti e amicizia, deve essere stata una sfida non da poco. Facciamo un esempio: se il protagonista del racconto a un certo punto ammette di sentirsi “solo come un naufrago su una zattera in mezzo all’oceano”, riuscire a traslitterare lo stesso senso nella lingua di un popolo che non ha conosciuto l’oceano e tanto meno le zattere, richiede una notevole capacità di immaginazione per pescare dalle immagini più vicine per suono e per immagine. Lo stesso vale per animali e personaggi quando dialogano tra loro in modo così diretto e speciale.
Per le parole inesistenti in dialetto, perché non in un uso fino al secolo scorso, si è certamente fatto ricorso alle normali prassi che usano i traduttori di lingue, ossia l’evoluzione linguistica: “bergamaschizzando” i termini italiani, riadattando i vocaboli affini per significato, o ancora consultando gli anziani, i depositari del sapere originale.
Ma non è solo una questione di lingua parlata. Anche i suoni rivestono un loro ruolo e se l’italiano si legge come si scrive (anche se non è sempre vero) il bergamasco necessita di un sistema di accenti e apostrofi presi in prestito dalla fonetica per esprimere la quantità delle vocali o la loro ampiezza. E non sempre questi suoni sono immediatamente riconoscibili. Per questo troviamo un glossario con le regole di pronuncia per la lettura.
Tutto ciò renderebbe “ol Principì” un testo di non semplice lettura soprattutto per chi non conosce la lingua bergamasca, ma si tratta comunque di una sfida degna di essere intrapresa per qualunque lettore amante del Piccolo Principe e della ricchezza della terra bergamasca. Perché, fra tutte queste difficoltà, alla fine anche i bergamaschi possono vantare una traduzione ben fatta del celebre racconto, tra la fiaba e il sogno. Così il delicato e malinconico piccolo principe dopo esser caduto dal cielo chiederà gentilmente: “Per piassér, disègnem ü bessutì…“. E tutti noi potremo chiederci stupiti insieme all’aviatore “Comè? Sèt borlàt zò del cèl?“.
La trama de Ol Principì (o de Il Piccolo Principe)
Un aviatore in volo sopra il deserto del Sahara è costretto da un’avaria ad atterrare nel mezzo del nulla. Pensa di essere solo sotto il cielo trapunto di stelle, lontano mille miglia dalla civiltà. Quando all’improvviso, una voce gli chiede: “Disegnami una pecora!”.
A parlare è un bambino biondo, il piccolo principe del lontano asteroide B612, su cui viveva in compagnia di tre vulcani e una rosa, piccola e vanitosa. Era partito dal suo asteroide per un lungo viaggio attraverso il cosmo, durante il quale si era imbattuto in tanti bizzarri personaggi – un re solitario, un vanitoso capace solo di lodare solo sé stesso, un arido uomo d’affari, un ubriacone che beveva per dimenticare di bere, uno zelante lampionaio che non aveva tempo per nient’altro che il lavoro, e un geografo – imparando da ciascuno le piccole grandi verità che compongono il mosaico della saggezza umana.
Approdato infine sulla terra viene avvicinato da una volpe che gli chiede di essere addomesticata e gli rivela il segreto più prezioso: quello dell’amicizia. Perché l’essenziale è invisibile agli occhi.
Ma al termine del racconto è tempo per l’uomo e per il bambino di separarsi: il piccolo principe deve far ritorno alla sua rosa di cui sente una struggente nostalgia. Non prima di aver fatto dono al pilota del suo sorriso e di un confortante messaggio: ogni volta che alzerà lo sguardo verso le stelle saprà che lassù c’è un piccolo principe che veglia la sua rosa.
Alcuni passaggi indimenticabili
Se non fosse ancora chiaro l’autrice di Cose di Bergamo ha amato molto il Piccolo Principe. Ecco quindi alcuni passaggi indimenticabili che vale la pena di leggere sia in italiano che in bergamasco. Come vale la pena soffermarsi sugli acquerelli dell’autore del racconto, che oggi sono un’icona tanto quanto il libro e il personaggio.
Gli adulti non capiscono molte cose anche se sono convinti del contrario
Il racconto inizia con il narratore che racconta i motivi per cui era diventato un pilota: da bambino avrebbe voluto fare il pittore ma i commenti dei grandi, che non avevano mai compreso il senso dei suoi disegni, lo avevano convinto a lasciare perdere.
Nelle prime pagine, si vedono i due disegni più famosi de Il Piccolo Principe: uno sembra un cappello marroncino e malconcio, mentre l’altro mostra come la figura precedente non sia altro che un boa che ha mangiato un elefante (e la stessa sagoma passata ai raggi X). Si tratta del disegno che ha convinto l’aviatore, ancora bambino, di due cose fondamentali: che non avrebbe mai potuto essere un artista poiché tutti gli adulti insistevano a vedere nel suo disegno semplicemente un cappello e che “Per so cönt i grancc i capéss mai negot e per i s-cècc a l’è dura a spiegàga sèmper i laur”
Quando si vuole davvero bene, ciò che conta sono i fatti
Il Piccolo Principe racconta che sul suo asteroide si era sentito molto solo e di essere diventato ancora più triste per via del comportamento spesso scorbutico della sua rosa, l’unico fiore del suo pianeta su cui crescevano solo terribili e giganteschi baobab che andavano estirpati ogni giorno affinché non occupassero tutto lo spazio.
Il bambino aveva allora deciso di partire, approfittando della migrazione di uccelli selvatici, alla ricerca di una pecora che divorasse i baobab. Ora che è lontano, ha scoperto di voler bene al suo fiore e ha capito che in fondo anche lei gliene voleva perché dietro alle sue parole scortesi in realtà c’erano sempre stati atti gentili e ciò che conta davvero sono i fatti.
“Mé alura so mia stàcc bu de capì negót. Avrèss düsìt giüdicàl söi assiù e mia soi paròle. Lù l’ me profomàa e l’ me ris-ciaràa. Avress düsit indüinà la sò teneressa drè di sò pìcole astossie”.
Tutti possono insegnarti qualcosa, basta aprire il cuore
Ora dopo ora il Piccolo Principe racconta all’aviatore di aver incontrato, sui vari pianeti, personaggi strani da cui ha imparato tante cose. Sono delle metafore dei vari archetipi umani, ognuno con le sue peculiarità. Nell’ordine:
– Un vecchio re autoritario (ol ré) a cui piace dare ordini ai sudditi, peccato che sia l’unico abitante del suo pianeta. Crede di essere in grado di dominare l’universo, quando in realtà si limita ad ordinare quello che sa già con l’illusione che l’universo stia lì ad obbedirgli.
– Un uomo vanitoso (ü vanitus) che vuole essere lodato anche se non fa nulla con l’inevitabile conseguenza di essere noioso e basta
– Un ubriacone (ü ciochetù) che beve per dimenticare la vergogna di aver bevuto.
– Un uomo d’affari (ün òm de afare) che conta le stelle pensando che in questo modo gli appartengano.
– Un lampionaio (ü lampionér) che accende e spegne il suo lampione una volta al giorno perché questi sono gli ordini e che vorrebbe riposarsi ma non ne ha il tempo perché il suo pianeta è troppo piccolo e il giorno e la notte si alternano di continuo.
– Un geografo (ü geografo) che sta continuamente seduto alla sua scrivania e quindi non sa come è fatto il suo pianeta.
– un serpente velenoso (ol serpent), che è il simbolo della morte, e che gli offre il suo aiuto in caso decidesse di partire per un viaggio che lo porterà lontano.
– dopo aver incontrato un piccolo fiore (ü fiur de negot) , si ritrova in un roseto e rimane un po’ deluso perché la sua rosa lo aveva convinto di essere l’unica nell’universo. Ma questo non impedisce di provare una struggente nostalgia per la sua rosa.
L’ultimo incontro è però il più importante: una volpe che gli chiede di essere addomesticata.
Il significato dell’amicizia
Acconsentendo alla richiesta della volpe che gli chiede di addomesticarla, il Piccolo Principe capisce il significato dell’amicizia: è l’affetto che proviamo che rende unica ogni cosa, per questo la sua rosa non sarà mai come quelle del roseto e ogni addio porta con sé, insieme alla tristezza, anche la consapevolezza di essere fortunati a vedere qualcosa che nessun’altro può vedere o comprendere. Per questo solo per la volpe il grano sarà come i capelli del Piccolo Principe, e per questo ogni volta che vedrà il grano la mancanza la farà piangere.
L’addio (se non l’avete letto e non sapete come finisce saltate questo paragrafo).
Il pilota non riesce a riparare l’aereo e si accorge di aver esaurito le scorte d’acqua. I due vanno allora alla ricerca di un pozzo. Dopo aver camminato per tutto il giorno, di notte si fermano ad ammirare il deserto, e all’alba scoprono un pozzo e, dopo aver bevuto, decidono di separarsi: il pilota torna sistemare il suo aereo e il bimbo dice di voler provare a tornare a casa. Si danno quindi appuntamento per la sera successiva.
Quando l’aviatore torna trova il Piccolo Principe su un muretto vicino al pozzo mentre parla con il serpente che aveva incontrato al suo arrivo sulla Terra.
Il bambino chiede al serpente, il quale ha la capacità di portare chiunque in qualsiasi posto lontano, di riportarlo sul suo asteroide.
Il Piccolo Principe sa però che questo arrecherà dispiacere al pilota, a cui dice di guardare le stelle quando avrà voglia di pensare a lui: una di quelle stelle è senz’altro il pianeta del Principe e, non sapendo qual è di preciso, l’intero cielo gli sorriderà.
Se té te olet bè a ü fiur che l’se tróa so öna stela, de nòcc a l’è bel a ardàga al cél. Tote i stèle i è fiuride
Dopo queste parole, il bambino viene morso alla caviglia dal serpente e cade sulla sabbia. Il giorno dopo il pilota non trova più il corpo del Principe, e immagina che il bambino sia riuscito a tornare sul suo asteroide e dalla sua amata rosa. Da quel momento per lui il cielo è “il più bello e il più triste paesaggio del mondo”: è stato addomesticato.
5 frasi in bergamasco de Ol Principì (e la traduzione in italiano)
Ci sono frasi che tutti quanti ricordiamo di questo libro straordinario: sono le più lette, le più citate nei siti di aforismi, le più ricordate da tutti (anche da quelli che non hanno mai letto il libro). Ma Cose di Bergamo vi suggerisce un passaggio in più: 5 frasi in bergamasco de Ol Principì con la traduzione in italiano. Così, se un giorno vi dovesse capitare, potete sempre sfoderarle all’occorrenza:
Töcc i grancc öna ólta i è stàcc di s-cetì, ma tra de lur ai è in póch a regarodàssen
Tutti i grandi sono stati piccoli, ma pochi di essi se ne ricordano.
Se ergü l’ ghe öl be a ü fiùr e se de chèsto fiùr ghe n’è dóma ü tra tace igliù de stèle, chèsto l’è assé perchè l’ sìes contét quando l’ ghe arda.
Se qualcuno ama un fiore, di cui esiste un solo esemplare in milioni e milioni di stelle, questo basta a farlo felice quando lo guarda.
L’è ‘l tép che t’é perdìt per la tò rösa che l’à fàcc deentà issé importante la tò rösa
È il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha reso la tua rosa così importante.
I òmegn no i gh’à piö tep de conòss negot. I cómpra dai marcancc di ròbe che i è zà töte fàce. Ma sicóme marcancc che i procüre i amìs a ghe n’è mia, issé de amis i òmegn i ghe n’à piö. Se te ölet ûn amis, dömèsteghem!
Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comperano dai mercati le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno amici. Se tu vuoi un amico, addomesticami!.
“Adìo – l’à dicc la vólp. – Eco ‘l mé segréto. L’é pròpre elementàr: a s’ véd bé dóma col cör. Chél che cönta de piò i öcc i la èd mìa.
“Addio – disse la volpe. – Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”.
Note
Le foto sono mie e sono state scattate utilizzando il Piccolo Principe (ed. Bonpiani) e Ol Principì (ed. Zintenfass).
Le immagini delle copertine le ho recuperate sul web. Anche quella dell’edizione in bergamasco di Treviglio.
Le frasi sono state selezionate da Cose di Bergamo e la traduzione è tratta da Ol Principì di Umberto Zanetti.
Ol Principì è stato presentato al pubblico a Bergamo per la prima volta nel 2016. Umberto Zantetti è scomparso recentemente.
Entrambi i libri sono stati regolarmente acquistati e fanno parte della mia biblioteca personale.
Il piccolo Principe è uno dei miei libri preferiti… avevo visto una versione in veneto, e mi era piaciuta molto, mi piacerebbe vedere anche questa in bergamasco !
Con piacere ho letto il tuo bigino “il piccolo principe” e son tornato giovanissimo. Leggero’ anche la traduzione in bergamasc.
Amo il piccolo principe, non sapevo ne esistesse una versione in Bergamasco. Un’idea molto divertente. Al mio povero nonnino sarebbe piaciuto molto.
Che meraviglia!!!! Mi sarei sicuramente commossa anch’io 😍 a parte che adoro il piccolo principe, poterlo leggere poi nella propria lingua d’origine dev’essere un’emozione unica.
Ho letto diverse volte il Piccolo Principe quando ero ragazzina. Che bella l’idea di tradurlo in bergamasco, un modo per non perdere la tradizione dialettale.
Questo post ha tutto quello che un ottimo post deve avere, grazie!! Mi sono venuti gli occhi lucidi pur conoscendo già la storia, e hai spiegato così bene le criticità della traduzione che mi verrebbe voglia di imparare il bergamasco solo per poter leggere questa versione. 🙂
No dai, non sapevo dell’esistenza di una versione bergamasca del Piccolo Principe! Il libro l’ho letto una volta (l’originale intendo) e il film me lo guardo ogni natale (esce sempre e solo a natale!), ma in bergamasco me lo immagino e già mi fa ridere. In effetti capire o parlare questo dialetto non è affatto semplice
io l’ho letto con la traduzione a… fianco. Ossia coi due libretti in mano. 😉
In assoluto il mio libro preferito! Ne avevo visto una versione in perugino.. Pensavo fosse l’unica in dialetto, ma mi sbagliavo di grosso 😊
Uno dei miei libri preferiti. Non sapevo ne esistesse una versione in bergamasco e mi sono ritrovata emozionata nonostante la mia pronuncia di sicuro non sarà perfetta. A quanto pare ci sono versioni in vari dialetti di cui non sapevo proprio!
Ma dai! Ho un’amica che colleziona libri del Piccolo Principe, devo chiederle se conosce questa edizione!