Isola Bergamasca | Sotto il Monte: camminata nel foliage alle pendici del Monte Canto

Sotto il Monte camminata nel foliage. Camminare nel foliage alle pendici del Monte Canto è una di quelle esperienze da fare almeno una volta nella vita. Camminare nel foliage in compagnia di una guida ambientale escursionistica è una di quelle esperienze che cambieranno sicuramente il vostro modo di osservare la natura che vi circonda e lo spazio che occupate nella natura. Se non siete dei botanici o degli esperti di territorio le cose che scoprirete saranno tantissime e vi faranno vedere la natura con occhi diversi, forse come non l’avete mai vista. A me è successo e lo consiglio a tutti. S tratta di una bella escursione, da provare in ogni stagione poiché il Canto regala sempre aspetti diversi e piacevoli.

Fatto questo preambolo doveroso, ho deciso di raccontarvi tutto quello che ho imparato mentre camminavo nel foliage sul Monte Canto, detto anche Monte dei Frati perché punteggiato di monasteri e chiesuole eremitiche, alcune molto antiche come a Pontida, a Botta, al Canto Basso e in diversi paesi dei dintorni.  Ma questa volta non vi parlerò di chiese e cenobi come S. Egidio di Fontanella, tutt’ora uno dei più suggestivi dell’intera Lombardia. Vi racconterò un altro modo di vivere il Monte Canto: osservando la natura con occhio nuovo.

Osservare il territorio e il paesaggio con un occhio nuovo

Promuovere e diffondere la conoscenza dei multiformi e straordinari panorami bergamaschi, parte integrante dello straordinario patrimonio culturale della provincia di Bergamo è uno degli scopi di Cosedibergamo.com. Imparare a riconoscere i preziosi elementi identitari di territori e comunità è un viaggio avventuroso che è bello fare in compagnia di chi questi segni li sa vedere e raccontare. Ecco perché ho deciso di raccontarvi tutto quello che ho imparato durante il Giro ad Anello sul Monte Canto in compagnia di una guida ambientale escursionistica. I paesaggi rappresentano  un indissolubile intreccio tra natura e cultura, nonché un’opera collettiva e armonica lasciata in eredità dalle generazioni del passato a quelle future e come tali vanno protetti.

10 cose che ho imparato camminando sul Monte Canto con una guida ambientale

Chi mi conosce da tanto e frequenta la mia pagina personale su FB sa che da anni racconto le cose che ho imparato. Lo faccio in modo divertente e ironico, ma in realtà questa volta ho davvero imparato delle cose che, senza l’aiuto della guida ambientale Marco Dusatti che mi ha accompagnato in questo giro ad anello sul Monte Canto, non avrei mai scoperto o notato.

#1 Il foliage ha diverse chiavi di lettura

Quando si cammina in montagna, in autunno, è il bosco, nelle sue varie sfaccettature a catturare l’attenzione. È semplice considerare gli alberi come il punto d’interesse principale, ma anche i particolari, come foglie e cortecce, diventano soggetti interessanti che raccontano ogni volta qualcosa di diverso.

Il congedo della bella stagione mostra una esplosione di colori caldi e forti. Gli alberi offrono sorprendente chiave di lettura, giocando con i colori e la fantasia, ma anche con la scienza. Ecco quindi che il foliage può catturare l’attenzione con approcci differenti.

Per il fotografo l’autunno è una stagione particolare, non solo per i magnifici colori degli alberi, ma anche per la tipologia della luce: dura, bassa e radente. Un tipo di luce rende evidente la materia e la forma degli oggetti. Per il naturalista l’autunno è il momento in cui le temperature si abbassano e gli alberi che stanno per andare in letargo cominciano a disfarsi delle foglie, che cadono e diventano nutrimento per il bosco. Due modi di leggere l’autunno e i cambiamenti della natura che non si escludono necessariamente. Anzi.

#2 Coi cambiamenti climatici cambiano le coltivazioni

Mentre si cammina ci si guarda intorno e si notano le coltivazioni che puntellano il Monte Canto. I documenti scritti, ma anche i segni lasciati sul paesaggio ci raccontano la storia delle coltivazioni che si sono succedute nei secoli. Le coltivazioni sul Monte Canto non sono sempre state le stesse. Complici le variazioni di temperatura che nel corso dei secoli sono cambiate, le nuove specie arboree o i semi che sono state importati dall’estero, i cambiamenti climatici dell’ultimo quarto di secolo che hanno fatto decidere ai contadini di introdurre nuove coltivazioni e rinunciare ad altre.

Qualche esempio? I cereali che un tempo venivano coltivati sui terrazzamenti del Monte Canto sono stati abbandonati. Anche la vite ha subìto fasi alterne: prima coltivata, poi abbandonata e ora reintrodotta sulle pendici del Monte. Così come sono stati reintrodotti nella zona pedecollinare dell’Isola Bergamasca gli ulivi.

# 3 I terrazzamenti voluti dai frati oggi sono pieni di alberi

Terrazzamenti abbandonati e restituiti al bosco

E proprio parlando del succedersi delle coltivazioni, la guida ambientale ci ha  fatto notare, entrando nel bosco, i terrazzamenti, segno che molti anni prima quelli erano tutti terreni coltivati.

Il terreno a gradoni ci racconta infatti un sacco di cose. Siamo in un territorio chiamato dei Frati la cui regola er Ora et Labora, e dove l’autosostentamento dell’Abbazia era garantito dalle coltivazioni che venivano portate avanti nei territori posseduti. Per questo i frati avevano modificato il terreno creando dei terrazzamenti coltivabili che, col modificarsi dell’economia della zona, sono stati abbandonati. 

Oggi questi terrazzamenti si possono scorgere osservando il terreno, ma sono tutti pieni di robinie o altri alberi che hanno preso possesso del territorio non più coltivato.

#4 Il caos del bosco è bello

Il caos del bosco è un ecosistema perfetto

Foglie di forma e colore diverso ricoprono il terreno del bosco. Nei punti radi crescono apparentemente disordinate delle piante. A volte vi si trova un albero morto, circondato da alberi giovani, vecchi, alti, piccoli, delle specie più diverse. Quello che appare come caos e che agli occhi di molti dovrebbe essere “messo in ordine”, in realtà fa bene alla natura ed è importante per l’equilibrio del bosco.

La natura ha bisogno di diversità. Se gli animali come i cervi preferiscono i germogli di alberi giovani, i picchi neri hanno bisogno di nodosi alberi vecchi o morenti (i cosiddetti alberi biotopo), mentre i cervi volanti vogliono legno già morto. L’enorme diversità delle specie vegetali, animali e fungine ha potuto venirsi a creare solo perché le singole specie si sono specializzate negli spazi e nelle condizioni vitali più disparate.

#5 I tronchi degli alberi tagliati ci raccontano una storia (la loro) che non finisce

Marco Dusatti, guida ambientale,spiega come “leggere” un tronco tagliato

Mentre ci addentravamo nel bosco notavamo alberi caduti, tagliati e lasciati lì. Non è incuria, anzi. Quei tronchi tagliati raccontavano una storia e diventavano essi storia. Tutti sanno perché è una delle cose che ti insegnano alle elementari che per dare l’età ad un albero basta contare gli anelli. Ogni anello corrisponde ad un anno. Gli anelli si formano perché il legno che la pianta produce in primavera è chiaro mentre quello che produce in inverno è scuro. I cerchi hanno anche diverse misure, se sono larghi vuol dire che la pianta era in buona salute, se sono stretti vuol dire che le mancava luce o acqua. Inoltre, anelli più distanziati sono segno di stagioni con temperature miti, mentre quelli serrati tra loro indicano inverni rigidi.

Negli ultimi 40 anni l’atteggiamento nei confronti del legno morto è notevolmente cambiato. Se prima veniva eliminato rapidamente dal bosco, oggi si lasciano intenzionalmente sul posto gli alberi o le parti di albero morenti. Il valore del legno morto per il ciclo naturale del bosco è ampiamente riconosciuto: esso costituisce la base vitale centrale per numerose specie animali e vegetali, che a loro volta sono nutrimento per altri. In particolare sono le tempeste, i funghi o gli insetti come i bostrici a portare gli alberi alla morte, ricostituendo così le riserve di legno morto.

#6 Tutto quello che si trova intorno ai caselli di caccia serve per attirare gli animali

Casello di caccia avvolto in un cespuglio – Monte Canto (BG)

Camminando nel bosco è possibile imbattersi in zone che sembrano piccole oasi assolate, con cespugli bassi e erba da fienagione. Ecco, si tratta di piccoli interventi dell’uomo, o meglio dei cacciatori che adattano il territorio all’attività venatoria, ripulendo la zona dalle robinie e dagli alberi morti e coltivando erba da fienagione per attirare animali e uccelli. In genere, se osservate bene, ad un certo punto troverete un cespuglio più alto degli altri che nasconde un casello di caccia. Dovete aguzzare la vista e riconoscere i segni dei cacciatori. Una volta che avrete capito come dovete guardare, sarà immediato individuarli.

#7 Camminare dentro un roccolo è come camminare dentro un monumento

Corridoio di ingresso di un roccolo – Monte Canto (BG)

roccoli collocati solitamente in posizione panoramica, spiccano per rarità e unicità di forme e vengono guardati con stupore. Sono delle strutture realizzate per l’uccellagione massiva. Prima dell’avvento delle armi, le tecniche di cattura delle bestie erano frutto di attenta conoscenza e osservazione della natura e quindi di abilità e inventiva. La selvaggina di grossa taglia era sempre stata prerogativa della nobiltà, mentre i volatili meglio si prestavano alla cattura per fini alimentari del popolo. Ecco quindi che i roccoli diventavano importanti per l’integrazione di proteine nella dieta della popolazione meno abbiente.

Sebbene da alcuni anni sia vietata la caccia nei roccoli, questi monumenti arborei sono sopravvissuti e sono stati convertiti alla cattura degli uccelli a scopo ornitologico. Con la Legge Regionale 26/93 sono stati introdotti dei contributi a tutela del recupero dei roccoli e nel 2000 la Convenzione del Paesaggio dell’Unione Europea ha nobilitato il patrimonio ambientale, dunque anche quello antropizzato, caricandolo di valore anche culturale e sociale.

Di solito i roccoli hanno un filare di carpini che costituisce il corridoio (sigalér) d’ingresso. Le piante, distanziate di circa 1,50 m e in altezza (circa 4 m), si uniscono creando una vera e propria volta. La struttura serve a camuffare le reti poste in verticale: le pareti creano infatti dei giochi di luce che attirano gli uccelli in fuga, i quali restano appunto impigliati alle reti (in gergo “si insaccano”). Vicino al corridoio si trova la buttata, a ferro di cavallo o circolare (tònd), costituita da alberi di 5/6 metri quali ciliegi, betulle, faggi o roveri su cui gli uccelli tendono a “buttarsi” attratti dai richiami vivi o dalle bacche del boschetto sottostante (come il sorbo degli uccellatori o il torminale, la fitolacca, il biancospino o il sambuco). Al centro della buttata sorge il casello (casèl), in muratura o legno, coperto da piante rampicanti per camuffarlo nella vegetazione.

#8 Muretti a secco, patrimonio dell’Umanità

Marco Dusatti racconta i muretti a secco, patrimonio Unesco

Se abbiamo definito i roccoli un monumento, ecco il vero monumento patrimonio dell’Umanità che si trova nei nostri boschi: il muretto a secco. Lo trovate lungo i sentieri e le mulattiere, un manufatto realizzato con una tecnica antica. Il muro a secco è stato il primo esempio di manufatto umano ed è presente in tutte le culture del pianeta. Rappresenta il primo tentativo di modificare l’ambiente per ricavarne un qualsiasi uso; sia per costruire un riparo che per delimitare un luogo.

I muretti a secco sono dei muretti in pietra realizzati sovrapponendo rocce di varie dimensioni senza tuttavia utilizzare materiali leganti come malta o cemento. Tutto si basa sull’abilità di trovare il perfetto incastro e l’equilibrio ottimale. Si tratta di un semplice muro di pietra che però è una delle più antiche manifestazioni architettoniche dell’uomo.

#9 Miele di acacia o… di robinia!

La robinia è detta anche pseudo acacia. E quindi non è raro che i mieli di acacia che si trovano nelle nostre zone in realtà siano mieli di robinia. La robinia è una pianta importante per l’apicoltura, grazie ai suoi fiori vistosi e profumati che rimangono a lungo sulla pianta. Il miele di robinia (spesso però chiamato con un po’ di confusione miele di acacia) è un miele uniflorale tra i più conosciuti e apprezzati: molto chiaro, debolmente profumato, ha un sapore delicato e non cristallizza quasi mai.

Robinia pseudoacacia, in italiano robinia o acacia, è un albero della famiglia delle Fabacee, dette anche Leguminose, originario dell’America del Nord e largamente naturalizzato in Europa e in altri continenti. È importante pianta mellifera: da essa si ottiene il miele di acacia.

Il miele di acacia è senza dubbio tra i più conosciuti ed apprezzati ed è il miele monoflora più diffuso nei punti vendita. I consumatori preferiscono il miele di acacia soprattutto per dolcificare le bevande, perché non ne altera l’aspetto, il gusto e l’aroma, oltre a sciogliersi molto facilmente. Ciò dipende dalle caratteristiche di questo miele: il colore chiaro, il fatto che rimane liquido indipendentemente dalla temperatura, la bassissima acidità, l’elevato potere dolcificante, l’odore leggero e il delicato sapore floreale. Nessun altro miele monoflora italiano possiede contemporaneamente tutte queste qualità.

È l’alto contenuto in fruttosio che dona al miele di acacia la proprietà di non cristallizzare e di dolcificare intensamente. Ha un basso contenuto di sali minerali e di enzimi, ma in compenso contiene grandi quantità di crisina, flavonoide antinfiammatorio e con potere antiossidante paragonabile a quello delle vitamine; tra i flavonoidi, la crisina ha la più efficace azione antitumorale, paragonabile a quella dei farmaci di sintesi, sui quali ha il vantaggio di ridotti effetti collaterali.

#10 La natura migliora la creatività

Una ricerca del 2012 condotta da Ruth Ann Atchley ha provato come la natura riesca ad influenzare la creatività, con incrementi cognitivi addirittura del 50%. Una delle principali ragioni di questa creatività amplificata risiederebbe nella maggiore concentrazione che si riesce a trovare in un bosco, in montagna o in qualsiasi ambiente incontaminato. Ma non solo.

Oggi smartphone, TV, radio, negozi e vetrine rappresentano fonti di distrazioni continue negli ambienti urbani, che sono li per attirare costantemente la nostra attenzione. “L’esposizione all’ambiente naturale sembra avere un impatto sulla corteccia cerebrale pre-frontale la cui attività è associata alla creatività e al multitasking. Distaccarsi dagli oggetti tecnologici di ogni giorno come i telefoni e i social media permette al cervello di riposare e rinstaurare i processi di pensiero creativi” queste le parole di un ricercatore che ha condotto un altro interessante studio sugli effetti della natura per la creatività.

 

Il Giro ad Anello sul Monte Canto

Abbazia di Sant’Egidio in Fontanella – Sotto il Monte. Credit: PromoIsola

Il Monte Canto offre molte possibilità per chi vuole praticare sport, passeggiare o cercare itinerari in luoghi rigeneranti immersi nella natura. Il percorso scelto dalla Guida Ambientale Escursionistica Marco Dusatto (Associato AIGAE LO759) per PromoIsola è stato un anello sul crinale del monte pieno di suggestioni, un itinerario di circa 5 km immerso nella natura rigogliosa adatto a tutti. Una camminata tra i boschi con un dislivello in salita e in discesa di circa 200 metri senza particolari difficoltà che mi ha regalato un pomeriggio immerso nel foliage autunnale, tra il rosso, il giallo e il verde degli alberi.

Dall’Abbazia di Sant’Egidio in Fontanella a Sotto il Monte

Si parte dall’Abbazia di Fontanella, un’abbazia romanica dove il tempo sembra essersi fermato. Arroccata sul fianco meridionale del Monte Canto, sembra in equilibrio sopra ai boschi; la sua collocazione ne fa una terrazza naturale da cui godere del meraviglioso panorama sulla pianura bergamasca.Tutto il complesso è realizzato in pietra e conserva ancora le caratteristiche tipiche medievali. Passandole accanto non si può non notare il campanile, eretto nel XII secolo, che svetta e sembra volerci ricordare che lui è lì da oltre mille anni e che sarà sempre qui ad accoglierci.

Camminiamo nel piccolo borgo sorto intorno all’abbazia dirigendoci verso il sentiero che ci porterà nel bosco. Le case sono tutte ristrutturate e molto curate, circondate da numerosissime ortensie che nel periodo estivo rendono i giardini un tripudio di rosa e azzurro.

Per approfondire, leggete: Abbazia di Fontanella, una storia lunga più di mille anni

Verso la chiesina di Santa Barbara in ascolto dei rumori del bosco

Camminare nel bosco offre l’occasione di ascoltare la natura e il nostro corpo in modo nuovo. Il bosco non è mai uguale a se stesso, anzi. E’ pieno di variazioni di pendenza e di terreno: a volte è terra, a volte sassi e pietre, a volte è fango e argilla. Ad ogni passo cambia il rumore che facciamo e il nostro respiro. Imparare ad ascoltarlo e ad ascoltarsi ci fa sentire vivi e fa sentire vivo il territorio che ci accoglie.

Arrivati alla chiesina di Santa Barbara ci fermiamo. L’edificio con il possente campanile in sasso che un tempo era certamente una torre di avvistamento, le panchine in pietra dove ritemprarsi e la sacralità del luogo si fondono perfettamente con la natura tanto da creare uno scenario suggestivo e magico, dove ogni elemento valorizza l’altro.

Dopo questa pausa contemplativa ci si rimette in cammino, sempre attraversando fitti boschi di faggi e castagni.

Passando accanto al paese fantasma sul Monte Canto

Lungo il percorso ci si imbatte nel paese fantasma, Borgo del Canto.  L’antico borgo, nonostante lo stato di abbandono, è ancora leggibile e anche da lontano si può notare il silenzio e la pace che regnano tra i pochi edifici che lo compongono. Intorno solo il verde dei prati, il foliage degli alberi e il canto degli uccelli.

Per approfondire, leggete: Paesi fantasmi | Borgo del Canto, il borgo fantasma sulla cima del Monte Canto tra Fontanella e Pontida

Si torna a Fontanella lungo un sentiero acciottolato

Siamo quasi al termine della nostra camminata nella natura del Monte Canto. Questo anello è un percorso adatto a tutti, suggestivo e particolare in ogni stagione. Gli ultimi km sono sempre all’ombra e su discese non particolarmente ripide.

Essendo quasi completamente dentro il bosco è praticabile anche in estate nonostante il caldo, la sua semplicità lo rende percorribile anche nella stagione invernale e per chi ama il foliage l’autunno lo rende uno scenario incantato dove il giallo, il rosso e le relative declinazioni la fanno da padrone regalano suggestioni cromatiche straordinarie. In autunno è pieno di ricci di castagne ed è bellissimo camminarci sopra. Nonostante le spine, sembra di passeggiare su un tappeto soffice e accogliente.

L’abbazia di Sant’Egidio in Fontanella sembra quasi riemergere dal passato in uno stato di perfetta conservazione, che la rende una perla ricca di magia e fascino, incastonata nella natura.

Avete mai camminato nel bosco con una guida naturalistica?

Ciao, io sono Raffaella Garofalo e sono l’autrice di cosedibergamo.com, blog indipendente attivo dal 2017 che vi suggerisce cose da fare a Bergamo e in provincia almeno una volta nella vita. 

Appassionata da sempre di scrittura e comunicazione ho deciso di aprire Cose di Bergamo per condividere le mie esperienze, la mia conoscenza del territorio e tutto quello che scopro sui libri o in rete, nell’ottica di ispirare e aiutare voi, che mi leggete, a viaggiare e scoprire Bergamo e la sua provincia con occhi nuovi.

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