Un gioco di vuoti e pieni, luci e ombre, lucido e opaco, intaglio e intarsio. E’ così che si presenta Polvere di Stelle di Andrea Mastrovito, l’opera dell’artista bergamasco nella terrazza del primo piano dell’Hotel Cappello d’Oro in Città Bassa a Bergamo.
Mastrovito, di cui vi ho già parlato diverse volte (sue l’opera pubblica al Villaggio degli Sposi, l’abside della Cappella del Papa Giovanni XXIII e il mosaico Ad urbe condita in Aeroporto a Orio) ha inciso le sagome dei signori Zambonelli, genitori dell’attuale proprietario dell’albergo, alla sua maniera: dall’intonaco «scrostato» emerge l’immagine di un uomo e una donna con il volto a forma di stella da cui partono centinaia di righelli. E lo trasforma in arte.
Polvere di Stelle di Andrea Mastrovito
Obiettivo del progetto artistico realizzato per Contemporary Locus, l’associazione culturale che realizza progetti d’arte in luoghi segreti della città di Bergamo, è rileggere la memoria del luogo attraverso il linguaggio contemporaneo: “Con quest’opera volevo indagare la memoria, la mia e quella della famiglia Zambonelli, proprietaria dell’Hotel, simbolo di tutte le famiglie bergamasche, dei loro sogni e della loro operosità. Scavare in profondità. Ho dei ricordi legati a questo hotel e sono sicuro che tutti i bergamaschi come me ne hanno. E questi ricordi si intrecciano sicuramente a quelli della famiglia proprietaria di questo hotel”.
“Polvere di stelle“, questo il titolo dell’opera di Andrea Mastrovito, evoca un viaggio lungo la linea del tempo, un percorso dove l’uomo guarda al passato con occhi rivolti al futuro.
L’idea parte quindi dal concetto di memoria e di tempo. Nei due mesi che hanno preceduto la realizzazione, c’è stata uno scambio continuo di immagini, ricordi, foto, tra il proprietario e Andrea Mastrovito. Finchè ad un certo punto l’occhio si è posato su una delle rare fotografie dei due proprietari in cui non erano al lavoro, ma “erano intenti a guardare lontano, in montagna“…
“Quelli che vedete nell’opera non sono dei ritratti veri e propri, ma individui che diventano simboli del maschile e del femminile. Dall’unione del maschile e del femminile nasce lo spazio cartesiano che avvolge i muri dell’albergo, come nastro del tempo e dello spazio” ha spiegato Mastrovito in un’intervista.
Disegnato, incastonato e scavato direttamente sulla superficie muraria della corte, la cui polvere è appunto la polvere di stelle, il ritratto della coppia perde la somiglianza fondamentale dei volti: mentre le teste si trasformano in poliedri a stella, la composizione intera si basa su un piano cartesiano costruito attraverso la somma di centinaia di righelli che risalgono e allungano la superficie verso l’alto della torretta principale della corte, “quasi a diventare una sorta di regalo, un nastro che impacchetta la struttura con un fiocco”.
L’opera prende vita mentre la si realizza
Come ha spiegato Andrea Mastrovito durante la presentazione “L’opera prende vita quando la realizzo. Io non parto mai da un progetto, ma mi lascio trasportare dall’opera che prende forma via via che ci lavoro. Ecco perchè questo progetto ha cambiato forma più volte durante la sua realizzazione .” Ed è avvenuto così per i due soggetti che sono stati decisi via via: un uomo e una donna ripresi da lontano mentre guardano l’orizzonte.
Il tema della misurazione del nostro tempo, che comprende oggi l’indice fondamentale della comunicazione digitale, la ritroviamo nelle opere più recenti di Mastrovito in una sorta di ossessione iconica e simbolica per i righelli. Oggetti che servono per misurare la realtà che dimostra l’impossibilità di distinguere il falso da vero e viceversa. Prova semplice e reale della necessità umana di cercare misura e verità delle cose.
Eccolo al lavoro con il suo team.
Quasi per paradosso e senza espressione di giudizio diretto, Mastrovito in questa ricerca restituisce la nostra condizione di uomini globalmente e virtualmente informati inserendo all’interno di assi cartesiani – i righelli – immagini, ricordi, scene di realtà o di apparente realtà. Notizie e informazioni che scorrono nel flusso e che l’artista riprende e restituisce lasciando in noi il beneficio del dubbio.
“Siamo arrivati in alto, fin dove ci ha portato l’opera. Non avevamo in mente di arrivare così in alto quando abbiamo iniziato l’opera. Ma è successo e ora è perfetta” ha spiegato durante la presentazione.
Il titolo si attacca all’opera e la sceglie
Polvere di stelle è un titolo decisamente evocativo che richiama molte cose: la polvere prodotta dall’artista mentre è all’opera, quella della memoria da far rivivere, il titolo del film con gli indimenticabili Monica Vitti e Alberto Sordi.
Rimanda alla classificazione degli alberghi che si distinguono per il numero (da 1 a 5 – e a volte persino a 7), ma anche alle «star» passate dal Cappello d’oro. Siamo a due passi dal teatro Donizetti e artisti del calibro di Giorgio Albertazzi, Mariangela Melato, Loretta Goggi, Michele Placido e Lucio Dalla hanno dormito qua al termine dei loro spettacoli o quand’erano di passaggio da Bergamo.
Ma ricorda soprattutto l’immaginario evocato dalle stelle quando le si guarda.
Il Cappello d’Oro si apre ai bergamaschi
La storia dell’albergo risale alla seconda metà dell’Ottocento, quando era locanda per i commercianti della Fiera di Porta Nuova, allestita oltre i Propilei, ingresso alla città. Luogo di dazio, «vi sostavano dei carretti per merci, guidati da uomini con un gran cappello giallo, da cui cappello d’oro. La famiglia Zambonelli lo acquistò dai Ruggeri nel 1979 per continuarne l’attività l’anno successivo.
L’opening di Polvere di Stelle
Sono stata all’inaugurazione per salutare Andrea e ringraziarlo del tempo che mi ha dedicato per l’intervista sul mosaico Ad Urbe Condita e devo dire che anche di persona è davvero molto gentile e disponibile. Il numero di persone che erano presenti e che si complimentavano con lui era davvero pazzesco. Io sono quella appoggiata alla ringhiera nell’angolo in alto, con una maglia nera e le braccia nude.
Una terrazza impreziosita dalla storia e dall’arte
Non essendo originaria di Bergamo, i miei ricordi su questo albergo sono molto recenti (lo frequento una volta alla settimana per delle riunioni sull’alimentazione consapevole), ma mi sono chiesta quanti oltre a me lo frequentino o l’abbiano frequentato in passato. Ho scoperto che moltissimi hanno ricordi personali legati a questo luogo: chi ci è venuto da piccolo quando vi si svolgevano gli incontri per vendere le enciclopedie (lo stesso Mastrovito ha raccontato questa cosa), chi ci ha fatto il banchetto della Cresima o del matrimonio, chi ci ha trascorso la prima notte di nozze, chi ci ha organizzato delle conferenze stampa, chi degli incontri di lavoro… Insomma, sono molti i bergamaschi che hanno dei ricordi legati a questo luogo e questo significa che è fortemente inserito nel tessuto cittadino.
Quest’intervento d’artista potrebbe essere il primo di una serie, ma soprattutto potrebbe essere l’occasione per frequentare questo albergo anche se non si è turisti, per un aperitivo in terrazza o solo per ammirare l’opera di Mastrovito. Ma se vi dovesse venire voglia di fare un giro in terrazza, forse è meglio telefonare prima e chiedere.
Note
Le foto dell’opera, ad eccezione di quelle diversamente segnalate, sono mie.
Bello il nome, polvere di stelle, associato alla polvere del maestro all’opera. Bella anche l’idea dei nastri a rappresentare lo spazio. Devo dire che è davvero un capolavoro artistico geniale. La famiglia Zambonelli deve esserne davvero orgogliosa.
Bergamo è il lista da molto, anche perchè in realtà non è cosi lontana da casa. Devo andarci. Il tuo blog mi sarà utilissimo.
Una tecnica che non conoscevo, una sorta di scultura nell’intonaco. Originale la tecnica e bello il titolo dell’opera. Le teste delle sagome dei signori Zambonelli sembrano delle comete e i righelli le loro scie
Quanto è grande questa bellissima opera?