Il 27 gennaio 2021 è il giorno in cui è stata posata la prima Pietra d’Inciampo di Bergamo. E’ stata dedicata ad Alessandro Zappata, guardia dell’ex carcere di Sant’Agata che, colpevole di aver aiutato i detenuti durante il periodo del nazifascismo è stato deportato al campo di Flossembürg, dove poi è morto. Di fatto si tratta della seconda Pietra d’Inciampo della bergamasca: la prima si trova a Premolo ed è dedicata a Don Antonio Seghezzi. Sia Zappata che Seghezzi vengono così ricordati come vittime del Fascismo e del Nazismo e delle persecuzioni che hanno visto morire milioni di ebrei e di resistenti nei campi di sterminio.
La prima Pietra d’Inciampo di Bergamo: dove si trova
La pietra d’inciampo si trova di fronte all’ingresso dell’ex carcere di Sant’Agata. Il carcere è un crocevia dove nel Ventennio fascista si incontrano perseguitati politici, ostaggi, militari tedeschi disertori, cittadini dichiarati per legge di razza ebrea. Per questi corridoi sono passati ebrei o persone contrarie al regime dell’epoca che venivano consegnate ai fascisti e partivano diretti alla volta dei campi di concentramento. C’è ancora un corridoio dell’ex carcere di Sant’Agata rimasto fino ad oggi tale e quale a come era allora.
Se volete saperne di più vi invito a guardare questo video. Alcuni ragazzi e ragazze della comunità di San Fermo e della Consulta degli Studenti di Bergamo, hanno letto dei testi scelti tra le pagine che i testimoni della Shoah hanno lasciato. In occasione della Giornata della Memoria 2021, le riprese sono state realizzate presso luoghi significativi della città di Bergamo, che ricordano la presenza nazifascista a Bergamo e la tragedia della Shoah in Europa.
Se, invece, volete saperne di più sulla prima Pietra d’inciampo bergamasca, ossia quella di Premolo dedicata a don Antonio Seghezzi, leggete: A Premolo, la prima pietra d’inciampo bergamasca che ti obbliga a ricordare
Chi era Alessandro Zappata
Grazie agli studi d’Isrec, e a una esemplare collaborazione storica e scientifica con ANED Bergamo e con il Comitato per le Pietre d’Inciampo di Milano, tra le storie di donne e uomini che passarono dalle prigioni di Città Alta ricordate nel libro “Se questi muri potessero parlare”, è affiorata la figura di Alessandro Zappata, solo in parte conosciuta. Il racconto della sua vita è adesso finalmente riannodato, collegando Bergamo con Milano fino al campo di Flossenbürg, dove è morto da deportato per aver aiutato i detenuti di Sant’Agata.

Alessandro Zappata, nel febbraio del 1944 era stato sospeso dal servizio di custodia e a luglio veniva trasferito nel carcere di Monza. Le accuse nei suoi confronti erano: “Negligenza nella sorveglianza dei detenuti, favoreggiamento di corrispondenza clandestina dei detenuti a disposizione delle SS germaniche, nonchè di quella dei detenuti imputati alle dipendenze dell’autorità giudiziaria italiana”. Quest’uomo non si era voluto piegare alla disumanità e aveva scelto di essere un uomo e di aiutare gli uomini. Si racconta che ogni tanto facesse arrivare del cibo caldo in carcere, per dare un po’ di sollievo e umanità a quei disperati in attesa di essere trasferiti altrove. Un “altrove” da cui pochi sarebbero tornati vivi.
Nell’agosto del 1944 Zappata viene incarcerato a San Vittore e da lì trasferito nel Lager di Bolzano e, successivamente, a Flossenburg. Muore nel gennaio del 1945 per colpa dello scoppio ritardato di una bomba sganciata dagli Alleati. Con gli altri deportati era stato costretto a fare da artificiere. Una morte orribile che dimostra la crudeltà cui erano sottoposti tutti i detenuti nei campi di concentramento.
Oggi lo ricordiamo qui, davanti all’ingresso del Carcere di Sant’Agata a Bergamo.
Cosa sono le Pietre d’Inciampo
La pietra d’inciampo è infatti un tassello dell’opera monumentale di un artista tedesco Gunter Demnig che sta posizionando delle formelle quadrate di 10 centimetri (in tedesco Stolpersteine) in giro per il mondo in ricordo di tutte le vittime dell’Olocausto morte “assassinate” nei Campi di Concentramento nazisti. Ad oggi sono state posate più di 75.000 pietre d’inciampo in tutta Europa. Obiettivo è mantenere viva la memoria delle vittime di tutte le Deportazioni nel luogo simbolo della vita quotidiana – la casa – invitando, allo stesso tempo, chi passa a riflettere su quanto accaduto in quel luogo e in quella data, per non dimenticare.
Le pietre d’inciampo sono delle formelle della dimensione di un sapietrino, posizionate davanti ai portoni o davanti agli edifici residenziali, che ricordano le persone vittime della Shoa deportate nei campi di concentramento e mai più ritornate. La Pietra d’inciampo ne riporta il nome, il cognome, la data di nascita e di morte e il luogo in cui queste persone hanno trovato la morte per mano dei nazisti.
Le pietre d’inciampo, sparse in tutta Europa, compongono una straordinaria mappa della memoria in cui si ricordano le follie naziste contro ebrei, dissidenti, omosessuali, rom e sinti. E costringono i passanti, qualunque giorno dell’anno e in qualunque luogo capiti, a non dimenticare.
Origine dell’idea delle Pietre d’Inciampo
L’episodio decisivo avviene a Colonia nel 1990, quando un cittadino contesta la veridicità della deportazione nel 1940 di 1000 sinti della città renana, in occasione dell’installazione di un’opera scultorea per ricordarne la persecuzione.
Da quel momento Demnig si dedica a costruire il più grande monumento diffuso d’Europa, attraverso l’installazione di “Pietre d’Inciampo”, sui marciapiedi davanti alle abitazioni delle vittime delle persecuzioni naziste, qualunque ne fosse la ragione.
Una iniziativa senza precedenti, che ha superato presto i confini della Germania in virtù della sua originale funzione di stimolo alla coscienza collettiva in molti Paesi europei.
Note: Le foto sono in parte mie (gentilmente donate da Barbara e Stefano) e in parte recuperate in rete sui siti di informazione e sul sito delle Pietre d’Inciampo di Milano.
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