Pochi giorni fa è stata inaugurata una straordinaria opera di Land Art nel parco dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, il Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto. Avrei potuto limitarmi a dirvi quanto quest’opera sia importante e perché dovete assolutamente andare a vederla, ma ho deciso che vi racconterò qualcosa di più: vi racconterò la mia esperienza con quest’opera il giorno dell’inaugurazione, perché mai come in questo caso, si tratta di un’opera d’arte da vivere con tutti i sensi.
Sono arrivata al Papa Giovanni pochi minuti prima dell’evento di inaugurazione. C’era già un discreto numero di ospiti e ho salutato quelli che conoscevo. Ci siamo trovati tutti nella piazza di fronte al corridoio dove si trova la mostra permanente The Tube One (di cui ho già parlato in un post). Ci hanno detto di percorrerlo e di andare verso il parco. Sinceramente non sapevo nemmeno che fosse un parco a disposizione di tutti, ma mi sono accodata diligentemente agli altri ospiti e siamo usciti.
Ci siamo diretti verso l’opera, nella porzione nord dell’area verde compresa tra i locali dell’elisoccorso (che ci ha donato anche un inaspettato siparietto durante il discorso di Pistoletto con l’atterraggio di un elicottero giallo decisamente rumoroso) e lo spazio antistante il Pronto soccorso detta Parco Ovest. A prima vista si tratta di un immenso giardino molto ben curato, con siepi e collinette di diverse misure e forme. Lo sguardo raggiunge i Colli di Bergamo senza grosse difficoltà e il verde lo fa sembrare un tutt’uno con il paesaggio di sfondo. Già questo è il Paradiso.
Abbiamo percorso una passerella di cemento bianco e ci siamo fermati all’ingresso di quello che ho immaginato fosse il primo cerchio del Terzo Paradiso, il simbolo-opera di Pistoletto (e non sbagliavo). Eravamo tutti ammassati e chiacchieravamo in attesa che succedesse qualcosa. Ad un certo punto mi sono accorta che tutti hanno smesso di parlare e quelli che erano sulla passerella sono scesi e si sono posizionati sul prato. Dal fondo, lentamente, un uomo con la barba bianca, vestito di nero e con un cappello bianco in testa, stava camminando sulla passerella e ci stava raggiungendo.
Era lui, Michelangelo Pistoletto.
Ha camminato tra due ali di folla, lentamente, mentre tutti lo guardavano. Solo quando è arrivato vicino al direttore generale dell’ospedale, io e le persone che erano accanto a me ci siamo accorte di non aver scattato nemmeno una foto. Era stato un momento davvero così intenso vederlo camminare che mi sono dimenticata di tutto.
Ovviamente mi sono rifatta. Mentre parlava ero proprio di fronte a lui e gli avrò scattato millemila foto. E ho girato anche una decina di micro-video quando raccontava ai presenti la sua idea di Terzo Paradiso, la filosofia che sta dietro quest’opera. Ma nonostante fossi impegnata a riprendere la scena ero come ipnotizzata dal suo sguardo e dalle sue movenze. Non è molto alto, ma sembra immenso. Ad un certo punto ho anche pensato che assomigliasse a Sean Connery. Davvero!
Michelangelo Pistoletto ha 83 anni ed è considerato uno dei più importanti artisti italiani viventi. Ha mosso i suoi primi passi nel mondo dell’arte nel 1947, lavorando con il padre, restauratore di quadri. In seguito ha frequentato la scuola pubblicitaria di Armando Testa (agenzia che conosco molto bene e che ho sempre apprezzato per qualità e creatività). Queste due esperienze formative ha costituito senz’altro il fondamento della sua arte: da un lato l’attenzione e la cura al dettaglio, dall’altro la capacità di trasmettere con una sola immagine e in modo immediato un pensiero profondo.
Ascoltandolo, ho finalmente compreso cosa sia il carisma e il motivo per cui certe persone riescono a trasmettere le proprie idee e a diffondere il proprio pensiero a tutti. Ho capito cosa significa essere illuminati dalla famosa aura, quella che circonda le persone speciali e che le rende uniche. Ho capito cosa significa “arrivare a tutti” con parole e gesti e segni, in modo semplice e diretto. Cosa significa prendere un prato e trasformarlo in un’opera d’arte, in un messaggio complesso ma diretto. E mi è piaciuto. Perché è questo quello che per me rende un artista una rock star. Qualcuno che ti arriva e che ti fa sentire migliore perché lo hai ascoltato e hai partecipato al rito collettivo del suo pensiero e dell’arte.
Pistoletto è oggi uno dei maggiori interpreti dell’arte povera, un movimento artistico nato in Italia nella seconda metà degli anni Sessanta, i cui esponenti sono accomunati da un linguaggio che li caratterizza: l’utilizzo di materiali “poveri” come terra, legno, ferro, stracci, plastica e scarti industriali per la realizzazione delle loro opere.
Non è la prima volta che mi capita di incrociare il Terzo Paradiso. E stato durante una delle mie visite alla Galleria d’arte moderna di Bergamo (GAMEC) che ho scoperto il Terzo Paradiso e ne sono rimasta affascinata. E un’opera-simbolo che porta la data d’inizio 2003. In quell’anno Pistoletto ha scritto il manifesto del Terzo Paradiso e ha disegnato il simbolo, ormai noto in tutto il mondo, costituito dalla riconfigurazione del segno matematico d’infinito. Tra i due cerchi contigui, assunti a significato dei due poli opposti di natura e artificio, l’artista ha inserito un terzo cerchio centrale, a rappresentare il grembo generativo di una nuova umanità, l’ideale superamento del conflitto distruttivo in cui natura e artificio si ritrovano nell’attuale società.
“Il Terzo Paradiso è il grande mito che porta ognuno ad assumere una personale
responsabilità nella visione globale. Il termine paradiso deriva dall’antica lingua persiana e significa “giardino protetto”. Noi siamo i giardinieri che devono proteggere questo pianeta e curare la società umana che lo abita”, scriveva Michelangelo Pistoletto nel 2003.
Il Terzo Paradiso è oggi un’opera collettiva planetaria, un messaggio che viene trasmesso in diversi ambiti con modi e performance diverse. Ma devo dire che in questa versione di land art l’ho trovato davvero significativo e intenso, perché significa rappresentare il senso di rinascita che si associa ad un luogo di cura, offendo allo stesso tempo uno spazio verde dove incontrarsi, passeggiare e trovare conforto: Scienza e Natura sono le due parole che si antepongono e che diventano la perfetta sintesi nella parola Vita.
La forma che contraddistingue il «nuovo segno d’infinito» nel parco dell’ospedale è stata ottenuta attraverso particolari movimenti del terreno e dune rialzate. L’opera si compone dei tre classici cerchi realizzati con dune alte 1,80 metri sulle quali si è provveduto a impiantare essenze vegetali che grazie alla loro crescita avvolgeranno i pazienti ed i cittadini che passeggeranno all’interno dell’opera. Grazie alla collaborazione con Eugea, il simbolo è stato integrato e arricchito da un nucleo di piante ad alto contenuto di nettare capace di attirare farfalle autoctone in via d’estinzione, favorirne il ripopolamento e la costituzione di una porzione di corridoio ecologico per incrementare la biodiversità dell’area.
Ecco le parole di Pistoletto durante l’inaugurazione riprese con il mio iphone.
Ma c’è qualcosa che ha reso tutto ancora più emozionante. Sono state le parole del responsabile delle Risorse Umane dell’ospedale che ci ha ricordato che il Papa Giovanni XXIII è circondato da due vie che si incontrano a formare un cerchio grande, due vie dedicate a due persone simbolo della rinascita e della missione dell’ospedale e di tutte le persone che vi lavorano: una giovane prematuramente scomparsa e un uomo che ha potuto vivere grazie al trapianto degli organi donati da questa ragazza. Ecco perchè per me tutto questo ha reso il Terzo Paradiso, in quella posizione centrale, ancora più significativo.
Ho scattato tutte le foto che potevo e sono entrata nel Terzo Paradiso percorrendo la passerella bianca. Poi ho deciso di andare sulla collinetta che sovrasta l’opera per guardarla dall’alto e per farlo ho deciso di togliermi le scarpe e procedere a piedi scalzi. La terra e l’erba erano umide e ho sentito il fresco sotto i piedi. Ho sentito la vita sotto di me e questo mi ha fatto capire quanto possa essere viva e intensa un’opera di Land Art: quel prato e la terra emanavano una corrente energetica in grado di ricaricare e di riarmonizzarci con il nostro essere.
Ho immediatamente pensato all’abate Kneipp, uno dei padri storici delle cure naturali, che consigliava di camminare la mattina presto a piedi scalzi, sull’erba bagnata di rugiada per trovare l’energia per vivere una vita piena e positiva.
E si, ha proprio ragione Pistoletto: “Questo Terzo Paradiso va vissuto, toccato, annusato”.
E camminato.
Hanno partecipato al progetto:
– Ospedale Papa Giovanni XXIII
– FROM, fondazione per la ricerca dell’Ospedale Maggiore
– Fondazione Banca Popolare di Bergamo, principale sponsor dell’iniziativa
– Circolo Love Difference
– Studio architettura Traversi+Traversi
Per visitare l’opera:
HPG23 (Ospedale Papa Giovanni XXIII)
Piazza OMS, 1
Corridoio 1, Uscita per il Parco Ovest.
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