Lo scorso anno l’UNESCO ha insignito l’Italia di un nuovo prestigioso riconoscimento che apre interessanti opportunità di promozione e di sviluppo anche per la nostra provincia: si tratta dell’arte di costruire i muretti a secco, patrimonio immateriale dell’Umanità. In molti luoghi, i muretti a secco sono una interessante testimonianza del lavoro dell’uomo e di come abbia saputo adattare da tempi immemori l’ambiente alle proprie esigenze senza stravolgere il paesaggio.
In montagna e in collina (esempio sono i muretti sui colli di Bergamo e quelli che delimitano le scalette) questi antichi manufatti sono opere da proteggere e tramandare, l’occasione per riscoprire la bellezza di assaporare le atmosfere e i luoghi rurali del passato.
In Valle Imagna da qualche anno si organizza un corso per imparare a costruire i muretti a secco. Un’esperienza da fare almeno una volta nella vita, per imparare a conoscere e apprezzare quest’arte antica i cui manufatti sono così presenti in terra bergamasca: pensate ai colli di Bergamo e alle scalette dove i muri divisori sono tutti realizzati con questa tecnica; pensate ai terrazzamenti coltivati nelle valli, sui terreni più ripidi e scoscesi. E non ridete se vi dicono che i bergamaschi costruiscono muretti. I bergamaschi non sono gli unici.
L’arte di costruire i muretti a secco viene dal passato
Tra le tecniche costruttive del passato ancora oggi assai diffuse e facili da ritrovare in giro per le nostre campagne, colline e montagne c’è la realizzazione di muretti a secco (di confine, di divisione, di sostegno). Una tecnica rintracciabile in quasi tutte le tradizioni culturali del passato e che inizialmente si connota come il primo tentativo di modificare l’ambiente per la realizzazione di un semplice riparo o delimitare una qualsiasi superficie e poi come una delle tecniche per adattare l’ambiente alle necessità agricole in tutte quelle situazioni che altrimenti avrebbero reso impossibile la coltivazione di sostentamento. Tutte le grandi culture del passato hanno fatto ricorso ai muri a secco, dai Greci ai Romani alle altre popolazioni del bacino mediterraneo fino alle culture del’Europa continentale, dell’America Latina (soprattutto in Perù), della Cina.
“I muretti a secco, distribuiti sui versanti dai 400 sino ai 1000 metri di altitudine – spiega Antonio Carminati, presidente del Centro Studi Valle Imagna, autore del libro Prida e Piöda. Mulattiere, muri a secco, fontane, stalle e case e altri manufatti dell’edilizia tradizionale della Valle Imagna e Val Taleggio – rappresentano uno dei linguaggi più eloquenti utilizzati dai nostri antenati per costruire una proficua relazione con un ambiente non sempre facile da conquistare: attraverso queste formidabili infrastrutture agrarie di monte, essi ci indicano ancora oggi la strada da seguire per praticare l’agricoltura in montagna, le produzioni da opzionare e i comportamenti da mettere in atto per ottenere buoni raccolti; e, ancora, come superare i dislivelli, gestire le acque e un’infinità di altre informazioni, che molte volte non siamo più nemmeno in grado di interpretare”.
“Il linguaggio dei terrazzamenti, però, va ben oltre – continua Carminati – e ci racconta la storia della colonizzazione delle nostre montagne, ai fini zoo-caseari e agricoli, di gruppi sociali stanziali: di quella più recente, tra la metà del 1700 e la fine del 1800, connessa al sensibile incremento demografico (che ha accelerato l’eroica conquista di nuove aree agricole, mediante la costruzione di nuovi terrazzamenti) e di quella più antica, sino a risalire ai primi gruppi di Orobi che, dalle regioni dell’Europa Centrale, nel IV secolo a.C. valicarono le Alpi e si stanziarono sulle montagne tra Bergamo, Lecco e Como, praticando l’agricoltura e l’allevamento bovino (erano anche abili casari), dando così vita a una tradizione insediativa che continua tutt’oggi”.
Ecco quello che troverete in questo articolo
Muretti a secco, muri vivi
La cosa più affascinate, per me che sono una profana, è l’aspetto della biodiversità. A differenza dei muri in cemento, infatti, nei muri a secco si sviluppa la vita. Basta saperla cercare e osservare. Non ci credete? Avvicinatevi e guardateli attentamente: tra uno spazio e un pieno si trovano dei piccoli animaletti che, insieme alla vegetazione, formano un vero ecosistema.
Eppure ancora oggi l’importanza dei muri a secco viene spesso sottovalutata dimenticando che i vuoti (lo spazio tra una pietra e l’altra) rappresentano uno spazio vitale per molte specie animali (ragni, lumache, rettili, anfibi ecc…) e vegetali grazie alla presenza e all’alternanza di spazi caldi, freddi, umidi, aridi, soleggiati, ombreggiati. Non a caso si tratta di un argomento oggetto di dibattito tra chi come il FAI si occupa di tutela e conservazione dell’ambiente e del paesaggio e chi invece si fa sostenitore di tecniche di costruzione “moderne” la cui durata e capacità di inserimento nel paesaggio sono di gran lunga minori a quelle dei muri a secco.
In Valle Imagna una scuola per costruire i muretti a secco
Per non perdere e disperdere questo patrimonio culturale, in Valle Imagna, a luglio, si svolge da qualche anno un corso teorico e pratico sull’antica tecnica di costruzione dei muri a secco organizzato dal Comune di Corna Imagna, in collaborazione con la Casa dei semi e la cooperativa Giovani Orme.
Fare muri a secco è un’arte che non deve andare persa e questo corso si propone di aiutare le generazioni più giovani a saperla utilizzare, rispettare e tramandare a quelli che verranno: “Perché i paesaggi gradevoli e coerenti come quelli caratterizzati dai muretti a secco, come ad esempio troviamo a Corna Imagna e Locatello, non si improvvisano da un secolo all’altro, ma rappresentano il frutto del lavoro millenario di un popolo, giunto quasi miracolosamente sino ai nostri giorni. Un paesaggio durato secoli, di contrade e versanti come fortificati“.
Cosa si impara al corso di muretti a secco? Ovviamente si impara a costruire i muretti, scegliere dove posizionarli, fare in modo che non crollino rovinando a terra, trovare le pietre giuste, adattarne la misura se necessario. Durante le lezioni si impara a colpire la pietra con il martelli e ascoltarla suonare, imparare a conoscerla e a riconoscerne le caratteristiche di tenuta o adattabilità. Non vorrei essere banale, ma se ci pensate “ascoltare il suono delle pietre” è qualcosa di estremamente romantico. Qualcosa che pochi di noi sono ancora capaci di fare.
“L’aspetto più bello di questa esperienza – ha raccontato chi l’ha fatto l’anno scorso – è la fatica” e non stento a crederlo. Un’esperienza unica nel suo genere, in cui “ci si deve sporcare le mani, ma dove la soddisfazione non può che essere tanta“.
Il muro a secco è una tecnica antica, ma ancora molto attuale. Nella bergamasca ci sono tantissimi muretti a secco fatti in calcare, come quelli di Corna Imagna. Fatica, mani sporche, soddisfazione sono le parole che mi risuonano nella mente e ogni volta che vedo un muretto a secco delle nostre valli bergamasche o anche in Città Alta mi immagino uomini e donne mentre li costruivano. E’ un lavoro lungo: per costruire qualche metro di muro ci si mette un giorno e si spostano un metro cubo di pietre. Immaginate quindi il lavoro che c’è dietro ogni terrazzamento sulle colline!
Come si costruisce un muretto a secco
Un muretto a secco è teoricamente più difficile da realizzare rispetto ad un muro che fa uso di cemento. ll motivo è semplice: la malta consente di legare le pietre tra loro e conferire stabilità al muro anche quando le pietre sono di diversa misura o mal disposte. Oltre a questo è necessario molto tempo e pazienza perché in un giorno difficilmente si potrà posare più di un metro cubo di pietre considerando che le pietre devono essere scelte ed eventualmente lavorate ad una ad una per poterle inserire nella muratura.
Per un muretto a secco bisogna invece lavorare con pazienza cercando di mettere la pietra giusta nel posto giusto. La solidità del muro è in gran parte dovuta all’abilità di far combaciare le pietre il più possibile, come in una sorta di puzzle in cui ogni pezzo deve trovare la sua giusta collocazione.
Tipi di muretti a secco
- Muretto a secco di confine
- Muretto a secco di controterra
- Muretto a secco di sostegno
L’arte dei Muretti a secco riconosciuti Patrimonio dell’Umanità UNESCO.
L’arte dei muretti a secco alla fine del 2018 sono entrati nella lista dei patrimoni immateriali dell’Umanità. Un riconoscimento “all’insieme delle conoscenze relativo alla realizzazione di costruzioni in pietra – spiegano nella motivazione – accatastandone una sull’altra senza l’utilizzo di altri materiali, tranne che a volte terreni asciutti“. Una tecnica antica utilizzata – come vi anticipavo – in molte nazioni: Italia, Croazia, Cipro, Francia, Grecia, Slovenia, Spagna e Svizzera, sono i Paesi che avevano presentato la candidatura all’Unesco e che si vedono riconosciuti nel patrimonio immateriale.
In Italia risultano censiti 170mila chilometri di muri a secco, quelli stimati sono oltre 300mila. Gli ettari di campi terrazzati sono altrettanti. Per darvi un’idea di quanto sia imponente quest’opera complessiva nel nostro paese, la Grande Muraglia cinese, quasi totalmente ricostruita, è lunga 8mila chilometri.
Cosa sono i Patrimoni Immateriali dell’Umanità
L‘UNESCO ha tra i suoi obiettivi prioritari l’attuazione di misure atte a favorire la trasmissione del patrimonio culturale immateriale fra le generazioni, per questo nel 2003 ha adottato la Convenzione per la Salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, ratificata dall’Italia nel 2007, nella quale è prevista una serie di procedure per l’identificazione, la documentazione, la preservazione, la protezione, la promozione e la valorizzazione del bene culturale immateriale.
Il patrimonio culturale non è solo monumenti e collezioni di oggetti ma anche tutte le tradizioni vive trasmesse dai nostri antenati: espressioni orali, incluso il linguaggio, arti dello spettacolo, pratiche sociali, riti e feste, conoscenza e pratiche concernenti la natura e l’universo artigianato tradizionale.
La sua importanza non risiede nella manifestazione culturale in sé, bensì nella ricchezza di conoscenza e competenze che vengono trasmesse da una generazione all’altra.
Quanti sono i patrimoni immateriali in Italia e quelli che troviamo anche in provincia di Bergamo
– 2008 Opera dei Pupi siciliani;
– 2008 Canto a tenore sardo;
– 2012 Saper fare liutaio di Cremona;
– 2013 Dieta mediterranea, elemento “transnazionale” (comprendente oltre all’Italia anche Cipro, Croazia, Grecia, Marocco, Spagna e Portogallo);
– 2013 Feste delle Grandi Macchine a Spalla (La Festa dei Gigli di Nola, la Varia di Palmi, la Faradda dei Candelieri di Sassari, il trasporto della Macchina di Santa Rosa a Viterbo);
– 2014 Vite ad alberello di Pantelleria
– 2016 Falconeria elemento transnazionale (comprendente oltre all’Italia anche Emirati Arabi, Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Ungheria, Kazakhistan, Repubblica di Corea, Mongolia, Marocco, Pakistan, Portogallo, Qatar Arabia saudita, Spagna, Repubblica Araba Siriana).
– 2017 L’Arte dei pizzaiuoli napoletani
– 2018 L’Arte dei muretti a secco, elemento transnazionale (comprendente, oltre all’Italia, Croazia, Cipro, Francia, Slovenia, Spagna e Svizzera)
Note
Le informazioni contenute in questo articolo sono frutto di ricerche fatte in Rete e di chiacchierate con esperti di cultura bergamasca. Ringrazio Antonio Carminati, presidente del Centro Studi Valle Imagna per il materiale che mi ha fornito e da cui ho potuto attingere su sua autorizzazione.
Questo post è stato scritto in collaborazione con Eco Turismo Valle Imagna e con la partnership di Turismo e Innovazione. Iniziativa realizzata nell’ambito del bando Wonderfood & Wine di Regione Lombardia e Unioncamere Lombardia per la promozione di Sapore inLOMBARDIA.
C’è un luogo, in provincia di Trento, connotato dai muretti a secco. Non ha a che fare con Bergamo ma merita una visita. Si tratta della Val di Cembra, dove troverai 708km di muretti a secco, un’opera umana che ha disegnato il paesaggio.
Che descrizione accurata ed interessante! Sai che anche qui da noi in Liguria c’è pieno? Il nostro territorio è decisamente “difficile” e un po’ ovunque, appena si sale in collina ci sono muretti a secco e terrazzamenti!
Davvero interessante questa iniziativa non so se ne sarei capace ! Le città con i muretti mi affascinano sempre molto
Non ero a conoscenza di questa cosa è davvero molto interessante
Mi sono sempre piaciuti i muretti a secco; non conosco questa zona ma conosco bene quella ligure, ed è una tecnica usatissima anche lì. L’effetto è così curato e rustico al tempo stesso!
E’ una vera e propria arte, conoscevo quelli della Puglia, ma questi non li avevo mai visti, bellissimi! Altra cosa da andare a scoprire!
Mi piace un sacco l’idea della scuola e di valorizzare questi luoghi particolari. Complimenti per la descrizione accurata
Articolo diverso dai soliti e davvero interessante. Non sapevo che i muretti a secco fosse patrimonio dell’UNESCO.
Che bello, non sapevo fossero diventati patrimonio immateriale UNESCO. Ne sono contenta perché da piccola erano una delle cose che mio papà amava raccontarci quando si andava a fare le passeggiate 🙂
Ma sai che ho sempre adorato i muretti a secco? grazie per tutte le informazioni, molto accurate, ora ne so molto di piiù e li apprezzo ancora di più. Pensa che in Australia stanno iniziando ora ad utilizzaril, usando i limestone, ovvero grandi massi di pietra fatta con materiale ricavato dalla sabbia.
Io li adoro, mi mettono un’allegria pazzesca. Specialmente quelli che segnano i confini, non so spiegare bene il perché, ma ho la sensazione che dicano “Qui è mio, ma ti permetto di passare lo stesso, comportati bene!”
Che articolo interessante. Sai a cosa mi hai fatto pensare? alla Costiera Amalfitana e ai suoi muretti a secco che creano piccoli terrazzamenti per la coltivazione dei limoni . Grazie
Anche in Sardegna ce ne sono moltissimi e è giustissimo che l’Unesco ne abbia riconosciuto l’importanza 🙂 non sapevo della Valle Imagna e di questi corsi invece, molto interessante!
Ma che bel post, pieno d’amore e di rispetto per luoghi e tradizioni *_* Non sapevo si chiamassero muretti a secco ma li ho sempre trovati stupendi anch’io, sono davvero ancestrali. Ovviamente qua in Australia me li scordo. Sono tutti quei segni del paesaggio che dicono molto di un territorio ma a cui spesso non si fa caso… e non avevo mai riflettuto sugli ecosistemi interni, per cosi’ dire. Interessantissima la lista che hai messo in fondo, il concetto dei beni immateriali declinato in questo senso mi rismpie d’orgoglio (come se avessi fatto qualcosa io, ahah).
Pensa te, ho un patrimonio dell’Unesco in campagna! La nostra terra ne è piena. dividono ulivi dai vigneti. Non ho mai dato loro molta importanza, considerandoli dei semplici spartiterra. Il tuo articolo è stato illuminante.
Nel Salento ne ho visti molti di muretti a secco. Mi fa piacere che c’è una scuola che insegna tale tecnica ai giovani così da non perdere la tradizione
Bellissimo mantenere un’arte come quella dei muretti a secco e trasmetterla con questi corsi. Ci sono tradizioni che spero non muoiano mai perché ci parlano dei nostri avi e delle nostre origini più autentiche
Bellissimo articolo. Come molti dei tuoi articoli, è bello leggere la passione e la completezza di informazioni che metti. Non sapevo che potesse esserci una scuola per imparare a costruire muretti a secco, anzi non sapevo che questa potesse essere un arte. Fanno bene a trasmettere questa attività che è un vero patrimonio.