Lo scorso anno sono stata al concerto per celebrare i 50 anni dell’Università di Bergamo nella ex chiesa di Sant’Agostino, in Città Alta, insieme agli Igers di Bergamo.
Durante il discorso di presentazione della serata, il Magnifico Rettore per celebrare questo importante anniversario, parlando della struttura eccezionale che ci stava ospitando, disse qualcosa che non sapevo e che mi ha colpito molto, ossia che “la facciata di questo edificio è una facciata parlante, anzi, una facciata che si legge come uno spartito musicale“.
L’ha detto come se fosse una leggenda alla quale non sapeva se dare credito o meno ma, come sapete ormai, queste sono le notizie che mi piacciono tanto e che solleticano la mia curiosità. Così tornata a casa ho cominciato a documentarmi per saperne di più ed eccomi qui con un nuovo articolo.
Ecco quello che troverete in questo articolo
Monastero di Sant’Agostino: un complesso monastico dedicato alla cultura
Cominciamo col dire che il monastero e l’annessa ex Chiesa sono dei “sopravvissuti”, perché sopravvissero alla distruzione voluta dalla Repubblica di Venezia di tutto quello che stava sul tracciato delle Mura di difesa. I veneziani stavano facendo costruire le Mura di difesa: avevano un progetto e tutto quello che ostacolava il progetto (o che banalmente si trovava sul tracciato) veniva eliminato. E se dico eliminato intendo proprio raso al suolo, così com’era successo con la Basilica di Sant’Alessandro. La popolazione era così arrabbiata che i suoi monumenti stessero sparendo per colpa della costruzione delle Mura che il Potestà decise di evitare una sommossa popolare graziando il Monastero e la sua chiesa e spostando più in là la costruzione delle mura.
Come seconda cosa diciamo che questo complesso diventato sede dell’Università di Bergamo, pur avendo cambiato destinazione d’uso diverse volte, oggi è tornato ad essere quello che in passato gli diede maggior lustro e fortuna: ossia essere un luogo consacrato alla cultura. Il monastero infatti, fondato intorno al 1290 dai padri Eremitani e passato nel 1407 agli Osservanti Regolari (entrambi appartenenti all’ordine monastico di S. Agostino), divenne presto la sede di un importante centro di studi, religiosi e culturali.
Nel 1647 iniziò a ospitare l’Accademia degli Eccitati e nel 1670 vi si aprirono scuole di filosofia e teologia. Il monastero, soppresso nel 1797, devastato e saccheggiato, fu trasformato in caserma fino al 1966 quando fu acquisito dal Comune e adibito, dopo alcuni interventi di restauro alla chiesa, a sede di mostre e manifestazioni culturali.
E oggi? La tradizione culturale continua, il monastero è una delle sedi dell’Università di Bergamo e la ex Chiesa è diventata una splendida Aula Magna. Guardate la foto qui sotto e ditemi se non ho ragione.
L’ex Chiesa di Sant’Agostino
L’ex chiesa di Sant’Agostino è una vera meraviglia che si affaccia sulla Fara, la piazza verde dove un tempo c’era un foppone chiamato Vallone di Sant’Agostino che venne riempito nel 1876 diventando il piano che oggi ospita un bel prato con porte di calcio.
La facciata della chiesa, in stile gotico, a capanna, in arenaria, è caratterizzata dalla presenza di elementi architettonici disposti in modo simmetrico: due lesene laterali sormontate da pinnacoli, due finestroni laterali con doppio loggiato ad esili colonne, il piccolo rosone centrale, la sovrastante nicchia del fastigio con la statua di S. Agostino del ‘300 e il portale d’ingresso a tutto sesto in stile nordico.
L’interno della chiesa, ad aula unica con presbiterio trecentesco triabsidato, 15 cappelle laterali e soffitto, rifatto alla fine del ‘400, presenta dipinti basso- medievali.
Un soffitto pieno di messaggi
Suddiviso in otto campate da sette archi a sesto acuto a sua volta ripartite in 4 ordini da travi longitudinali, il soffitto è decorato da 1632 formelle dipinte a tempera nella 2° metà del ‘400. Non è la prima volta che mi trovo ad ammirare soffitti finemente decorati da formelle (ricordate l’articolo sulla chiesa di San Nicola ad Almenno?), ma, credetemi, queste sono davvero straordinarie.
Le decorazioni di questo soffitto sono senza dubbio uno dei massimi documenti di pittura artigiana del quindicesimo secolo e offrono un repertorio ricchissimo di elementi iconografici e culturali della più diversa estrazione: religiosa e profana, antica, medievale e moderna.
I soggetti raffigurati sono di ogni sorta: Beati dell’Ordine, ornati, simboli vegetali, Santi, Profeti, animali, figure allegoriche, ecc. Tutti hanno un significato, ma qualcuno di loro più che un messaggio sembra essere un indizio. Nella 4° campata ad iniziare dall’ingresso, sono raffigurati diversi strumenti musicali: arpa, ribecca, liuto, organo portativo, cornamusa, bombarda , tromba, tamburello e triangolo.
Che ci vogliano dire qualcosa?
Il mistero della facciata che suona… la ninna nanna!
E dallo spunto degli strumenti che si trovano nella quarta campata a partire dall’ingresso ci portiamo di fronte alla facciata principale dell’ex chiesa di San’Agostino e affrontiamo insieme il mistero della “facciata parlante” come l’ha definita il Rettore durante il suo discorso o “facciata che suona”.
Pare infatti che questa bellissima facciata risponda alle leggi universali di armonia per via di particolari rapporti numerici che si possono calcolare e che, grazie a questi rapporti, si possa leggere come uno spartito. Un’invenzione medievale? A quanto pare no. Il primo a intuire il legame tra le proporzioni matematiche e le note musicali era stato addirittura Pitagora, 2.500 anni prima. A lui la tradizione attribuisce l’invenzione del «kanon», in italiano monocordo, una specie di chitarra con una corda sola. Sul monocordo si vede che il Fa è a 3/4 della lunghezza totale, il Sol a 2/3, il Re è a 8/9 e via dicendo.

Mettendo a confronto tra di loro le diverse misure della ex Chiesa di Sant’Agostino, sia quelle della pianta, sia quelle della facciata, si è scoperto che i costruttori avevano osservato con la massima attenzione il rapporto di perfetta proporzionalità numerica che lega, l’una con l’altra, ogni dimensione architettonica, con un errore talmente ridotto e minimo, da togliere ogni dubbio al fatto che questo non fosse dovuto semplicemente al caso. Le stesse proporzioni governano, per dirne un paio, la cattedrale di Notre Dame a Parigi e la cupola di Brunelleschi a Firenze, su cui ci sono diversi saggi.
La cosa curiosa è che proprio per questi rapporti di proporzionalità la facciata di Sant’Agostino si può quindi leggere come uno spartito musicale. Infatti utilizzando ogni proporzione individuata come nota si può suonare una canzone per bambini, “Din don delelon”».
Se a qualcuno viene in mente che il costruttore abbia pensato proprio a questa ninna nanna della tradizione per progettare la facciata della chiesa, se lo tolga dalla testa. La verità è che le note di questa canzone appartengono a una scala detta pentatonica, una delle più antiche, la stessa usata per comporre centinaia di ninna nanne del passato.
Din don delelòn
Si tratta di una delle melodie più diffuse, sia in provincia di Bergamo che in buona parte dell’Italia settentrionale, ma per me ha un significato particolare: la cantava sempre mio suocero (il nonno Mino) a mio figlio quando era piccolo per farlo giocare e per fargli imparare una canzone bergamasca. Alla fine sia lui che il piccolo passavano diversi minuti cantando la stessa strofa, in tutte le tonalità possibili. Me la ricordo ancora e sorrido con tenerezza ogni volta che ci penso.
“Din don delelòn l’è mort ol frà de Šogn
co la bòca èrta piena dé maschèrpa
coi orege tise piéne de fürmighe
coi öi serà pié de raspà (anche: pié de pa’ gratà)
La galina bianca la pórta l’acqua santa
la galina nigra la pórta la candila
ól gal pelùs el porta la crus”
(Traduzione: Din don delelon è morto il frate di Zogno / con la bocca aperta piena di ricotta / con le orecchie gonfie piene di formiche / con gli occhi chiusi pieni di “raspà”/ La gallina bianca porta l’acqua santa / la gallina nera porta la candela / il gallo peloso porta la croce)
Note
Questo articolo è il frutto della rielaborazione di uno studio di Valter Biella, esperto e appassionato di strumenti musicali, che ha raccontato le sue intuizioni in un’intervista.
Negli “Atti dell’Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti di Bergamo” Volume LXXIX, Anno Accademico 2015 – 2016, alla pagina 417 e seguenti, è pubblicato lo studio di Valter Biella sulla chiesa gotica di Sant Agostino in Città Alta a Bergamo, dove le dimensioni e le forme architettoniche della chiesa sono messe in relazione con la musica.
Dalla ricerca effettuata sui rilievi architettonici risulta infatti che i costruttori, nel XIII-XIV, si sono attenuti a regole musicali nel determinare la forma della chiesa. La facciata infatti è stata costruita seguendo gli intervalli musicali che troviamo anche nella scala pitagorica: il risultato è una sequenza di note di una antica scala pentatonica.
Se vi interessa saperne di più potete scaricare a questo link lo studio pubblicato.
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