E’ un titolo irrispettoso lo so e mentre lo scrivevo devo dire che mi tremavano i polsi. Il professore è Trento Longaretti, uno dei miei artisti bergamaschi preferiti, grande non solo per la sua storia, ma anche per la cultura e la sconfinata conoscenza che aveva per l’arte (se non fosse anche per il fatto che in 100 anni di vita ne deve aver conosciuti di artisti). Per questo quanto ho scoperto una “svirgola” presa su un’opera, il Tacchino di Elia Ajolfi confuso con il Pavone, citato su un articolo scritto a 4 mani con Luigi Pagnoni, nero su bianco nel 2001, sono letteralmente caduta dalla sedia e non ci volevo credere: Trento Longaretti, per dirla come avrebbe detto Mike Bongiorno, “era letteralmente caduto… sull’uccello”. Ma proprio per questa piccola svirgola lo amo ancora di più e spero che da dove si trova ora, mi guardi con benevolenza e sorrida per quello che sto per raccontarvi.
La “svirgola” di Trento Longaretti: il Pavone di Elia Ajolfi che non è un pavone
Qualche settimana fa stavo scrivendo l’articolo dedicato al Pavone e al Gallo di Elia Ajolfi e mi stavo confrontando con i miei amici Michela e Alessandro, le due guide che avevano organizzato la visita alle opere dello scultore bergamasco. Michela mi dice che in uno degli articoli dedicati allo scultore Elia Ajolfi, firmato da Trento Longaretti e Luigi Pagnoni, si citava un Pavone, probabilmente uguale a quello che c’è in piazza Dante, posizionato sul Lungo Lago di Lugano.
“Il Pavone” – un grande pavone in bronzo sul Lungo Lago di Lugano”, è stato un lavoro su commissione.
Cit. Longaretti – Luigi Pagnoni – Elia Ajolfi, scultore e disegnatore. L’uomo e l’opera d’artista.
In: Atti dell’Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti di Bergamo
Due pavoni, uno a Bergamo e l’altro a Lugano? Aneddoto interessante che meritava di essere raccontato alla mia maniera.
Alla ricerca del pavone
E per questo si rendeva necessario un approfondimento e, soprattutto, una foto per documentare la presenza a Lugano di un pavone gemello di quello di Città Bassa. Ma dopo qualche ora di ricerca sembrava proprio che di questo pavone non ce ne fosse traccia. L’unico Pavone che si trovava sul lungo lago era opera di Remo Rossi scultore ticinese e parte del gruppo di opere esposte nel Parco delle Sculture.
Giuro, ho cercato, mi sono informata, ho consultato tutti i libri possibili e immaginabili. Niente: non esisteva nessuna traccia di un Pavone in bronzo di Elia Ajolfi sul Lungo Lago di Lugano (nè pareva esserci mai stato).
La scoperta
Così ho chiesto a Michela di chiedere a Guja Ajolfi, figlia dello scultore e depositaria dell’archivio e degli scritti sul padre, dove si trovasse precisamente questo Pavone, facendo presente che l’unico trovato era quello di Rossi. E anche lei ha confermato che nessun Pavone in bronzo realizzato da Elia Ajolfi si fosse mai trovato a Lugano (nè fu mai realizzato un committente di quelle zone). Ma la vera notizia era un’altra…
Grazie alla figlia dello scultore ho scoperto che Trento Longaretti (o Luigi Pagnoni, essendo un articolo scritto a 4 mani non sapremo mai chi fu veramente responsabile della “svista”) non aveva sbagliato completamente opera e città, perché a Lugano c’era effettivamente una scultura di Elia Ajolfi e anche questa raffigurava un uccello di terra. Ma non un pavone, bensì… un tacchino. Si, proprio così, un tacchino!
Come lasciarsi scappare una notizia ancora più succulenta della precedente? Avrei scritto di questo Tacchino, ma correva l’obbligo di averne una foto!
Caccia al Tacchino di Elia Ajolfi
Non è stato facile: ho dovuto sguinzagliare tutti i miei contatti su Lugano, o contatti di contatti, e leggermi tutto il materiale che si trovava in rete e negli archivi storici di alcuni musei come un piccolo detective per risalire all’opera e alla fine ce l’ho fatta.
Ecco lo splendido Tacchino in tutta la sua meravigliosa “uccellosità”. E’ il cugino anziano (se così si può definire un tacchino) del Pavone che si trova in Piazza Dante a Bergamo. Stesso autore, stesse caratteristiche, stessa ruota, più o meno stesse dimensioni. Cambia la specie, ma “questo è un dettaglio ornitologico“, potrebbe dire qualcuno.
Volete sapere come ho fatto a trovarlo?
Tutti i tentativi per trovare il Tacchino di Elia Ajolfi (senza muovermi di casa)
Trovarlo non è stato facile. Le indicazioni che avevo erano davvero poche, ma la fortuna spesso arride agli audaci e questa volta devo proprio dire che mi ha aiutato. Sapevo che l’opera si trovava in un palazzo sul Lungolago di Lugano la cui “facciata era caratterizzata da tre archi”. Sapevo di poter contare solo sulle mie forze e che non potevo chiedere di più alla figlia dello scultore che aveva già detto molto, oltre al fatto
che sapeva che chi che aveva commissionato l’opera non era più in vita.
La prima cosa che ho fatto è stato farmi una passeggiata avanti e indietro con streetview di Google, costeggiando tutti i palazzi affacciati sul Lungo Lago. Si, avete capito bene: una cosa da folli. Tanto più che in alcuni tratti di strada le riprese della macchina di Google erano interrotte e non c’erano immagini.
Poi, ho cominciato a mandare email e qualcuno dei contatti interpellati mi ha detto che un Tacchino in effetti si trovava all’interno di un palazzo. Che era stato esposto alla vista dei passanti solo in occasione di un evento culturale, ma che poi era stato riportato dentro.
Ed è proprio da questo indizio che sono partita, cercando in rete tutti gli eventi culturali che potevano aver coinvolto la cultura italiana (Elia Ajolfi è un artista italiano), il mecenatismo moderno e i rapporti tra Bergamo e la Confederazione Elvetica. Il cerchio si è ristretto e sono arrivata ad individuare un possibile evento e possibili rapporti tra alcune delle famiglie di origine elvetica più in vista di Bergamo e lo scultore autore del Tacchino. Nel 2001 infatti era stato realizzato un libro proprio sui rapporti tra Bergamaschi ed Elvetici.
E siccome mi ero davvero incapponita (mai termine inventato fu più azzeccato, credo), con la mia solita faccia di bronzo (anche questo è indicato, concedetemelo), ho fatto un altro tentativo. Ho scritto all’unico componente di quella famiglia presente on line con un indirizzo email, sperando che fosse il figlio o uno degli eredi del committente e che abitasse proprio in quel palazzo. Ma niente: nessuna risposta.
Ho scritto a due guide turistiche che operano su Lugano. Nulla di nulla. Neanche loro avevano mai visto il Tacchino in bronzo
Ho coinvolto tutti i miei contatti Social che vivono a Lugano. Ancora niente. Nemmeno loro avevano idea di dove potesse essere il famigerato Tacchino.
Stavo per darmi per vinta quando ho deciso di rivolgermi ad un ufficio informazioni: Lugano Region – Ente Turistico del Luganese. E, dopo poche ore, ecco la riposta:
Gentile Signora,
la ringraziamo per averci contattato. Il tacchino di bronzo di Elia Ajolfi si trova all’entrata, sotto il terzo “arco”, di una palazzina di appartamenti e uffici sita in Riva Caccia 2. È stata realizzata nel 1971 e misura cm 145 x 140 x 100. A questo link trova un’immagine dell’edificio e in lontananza il tacchino.
Speriamo di averla aiutata nella sua ricerca. Restiamo a sua disposizione per ulteriori richieste future. Distinti saluti.
Che dire… non mi stupirebbe se ricevendo la mia email avessero pensato di essere davanti alle richieste di una matta. Le indicazioni sugli “archi” potevano essere fuorvianti e invece no. Hanno capito di cosa stavo parlando e con estrema precisione hanno trovato quello che cercavo. E, vista la risposta così accurata, devo dire che la precisione svizzera non è una leggenda.
Eppure, lasciatemelo dire, mi sono sentita una piccola detective! Non che sia tutto farina del mio sacco, no, ma mi sento come quando ho scoperto che il logo che si trova da anni sulle tazzone di Starbucks è fortemente “ispirato” allo Stemma dei Carrara.
Il Tacchino nell’arte
Mentre facevo le mie ricerche on line pensavo scioccamente che avrei trovato una, al massimo due sculture raffiguranti un tacchino in bronzo, ma mi sbagliavo. Basta digitare su google le parole Tacchino e Scultura e Bronzo e vi si aprirà una galleria di immagini bella nutrita. Ve ne allego sotto qualcuna, per mostrarvele.
E se cercate Tacchino Lugano, vi si aprirà l’immagine della scultura di Remo Rossi (lo stesso del Pavone esposto sul Lungolago) raffigurante il suo Tacchino.
Il Tacchino simboleggia la fertilità femminile e la forza maschile
Confesso la mia ignoranza, ma non immaginavo che l’immagine del tacchino fosse così importante nella storia dell’arte e nella tradizione. In epoca pagana, il tacchino, era sacrificato nella somministrazione dei riti di fertilità. Per molte tribù degli indiani d’America questo uccello è simbolo di sacrificio e di altruismo. Il tacchino fu considerato un uccello sacro dagli antichi Maya, Toltechi e Aztechi.
Volete sapere qualcosa sulle abitudini di questo uccello terrestre? Non c’è molto da dire se non che la maggior parte del tempo lo trascorre a terra. Se pensate che sia un animale pacifico, niente di meno lontano dal vero. Attualmente, il tacchino selvatico si trova negli altopiani del Messico e nei boschi del nord del sud America. Spesso tra i tacchini durante la stagione degli accoppiamenti ci sono delle lotte feroci per il diritto al possesso di una femmina. All’inizio della primavere inizia la stagione degli accoppiamenti e il tacchino apre la sua ruota come fosse… un pavone!
Fin dal XVII secolo è stato il piatto principale della tavola festiva degli americani nel Giorno del Ringraziamento, nel ricordo di un pasto di quattro tacchini selvatici. Il tacchino fu successivamente esportato dall’America in Inghilterra, dove è diventato una parte importante del tradizionale pranzo di Natale.
Come il pavone, il tacchino viene associato anche al cattivo tempo, poiché come lui si eccita e apre la sua coda prima della tempesta.
Be’, che dire, per me questo articolo è stato un vero tornado!!! . 🙂
Note
Le foto le ho recuperate in parte in rete e in parte me le hanno inviate da Lugano. Le informazioni sono frutto di elaborazioni di materiali storici pubblicati e della mia esperienza personale. L’idea di questo articolo mi è venuta così come ve l’ho raccontata.
Ringrazio tutti quelli che hanno collaborato a questa avventura:
Michela Del Rosso, guida turistica di Bergamo, per lo stimolo e per aver contattato Guja Ajolfi per soddisfare la mia curiosità.
Carmen Gerardi per il supporto da Lugano e per essere andata sul posto a vedere e toccare con le proprie mani il tacchino (sono sicura che una tastatina gliel’ha dato, io l’avrei fatto) e per avermi inviato le foto.
Uno speciale ringraziamento a Stefano Tomaso (con una emme) Benassi che si è fatto
convincere da Carmen ad accompagnarla un venerdì all’ora di pranzo, sotto la canicola agostana, a fare le foto con il suo cellulare da mandare a una tizia che neanche conosce (ossia a me).
E ovviamente all’Ente del Turismo di Lugano che mi ha mandato le coordinate e le informazioni per trovare il Tacchino. La collaborazione Bergamo-Lugano è funzionata alla grande!
A me, il tacchino, è sempre stato antipatico!! Attaccabrighe e presuntuoso. Ma stimo la tua caparbietà nel cercarne uno in lungo e in largo! Mai avrei perso tempo dietro a una statua di questo pennuto! Comunque davvero bellissimo articolo, che ho letto con piacere facendomi anche due risate.
Simpaticissimo questo articolo! Sono stata più volte a Lugano ma non pensavo che ci fosse un tacchino in bronzo nascosto da qualche parte! Complimenti alla tua determinazione nello scovarlo!
Bell’articolo: un misto tra ironico e serio. In effetti non avevo mai approfondito la questione del “tacchino nell’arte” e non mi veniva da associarlo alla fertilità femminile (diciamo che il primo pensiero che mi viene è sempre quello “Del Ringrazimento Americano”).
Tanta stima , non avrei fatto tutta questa fatica per un tacchino e pavone. È una storia davvero buffa. Questo autore non lo conoscevo
Ma dai quante cose che non sapevo in questo articolo ! E sono pure stata a Lugano ahah ! Però vedi alla fine chi cerca trova 🙂
Da una svista è scaturita un’accurata e completa ricerca. Ottimo lavoro! 😀
Grazie!
Caspita che ricerca articolata per trovare un tacchino 🙂 Articolo super interessante, non conoscevo questo artista, tra i due, preferisco il pavone 🙂
La “caccia al tacchino ” è bellissima!!!!hahah! Non so come ti sia venuto in mente ma ammiro la tua determinazione nell’averlo cercato e trovato!
Sono caparbia e tenace. E mi piacciono le Missioni Impossibili 😂😂😂😂
Tanta fatica per un tacchino! Però leggendo il tuo post ne valeva la pena, è stato davvero divertente leggere le tue avventure da detective 😉
ah ah sei un mito Raffi! Devo dire che come detective te la sei cavata egregiamente. per rimanere in tema potresti “fare la ruota” per l’orgoglio di essere riuscita nella tua impresa. A parte gli scherzi è sempre un piacere leggerti!
Certo che hai avuto un tenacia impressionante nel cercare questo tacchino! Però è stato divertente leggere le tue avventure da detective e vedere che alla fine hai risolto il mistero!
Mi sono messa a ridere solo leggendo il titolo dell’articolo.. sei stata molto brava ad ideare un titolo così simpatico.
Comunque complimenti per la tua determinazione a voler davvero trovare il tacchino, per fortuna l’Ufficio del turismo ti ha risposto. E’ stata davvero una bellissima avventura la tua.
Questo post si è annunciato super ironico e originale già dal titolo. Mentre leggevo pensavo a quanto ti sia impegnata nelle ricerche… animalesche. 😀 (passami il termine)
In realtà è stato tutto un lavoro da tastiera. Mail e ricerche on line: la mia passione. 🙂
Molto divertente e interessante questa ricerca del tacchino! Del resto un titolo così irriverente non poteva che promettere bene sull’articolo 😀
Sono rimasta davvero sorpresa sulla sacralità di questo bellicoso animale da pollaio. Fosse stato per me, non lo avrei onorato con un centesimo!
Che ricerca approfondita! È stato un piacere leggere una ricerca tanto attenta ed altrettanto simpatica! Complimenti per la scrittura!
HAHAHAH! Mi hai fatto morire da ridere, complimenti per la caccia al tacchino! Non sei caduta sull’uccello, come la Signora Longari XD
Hahahaha! Davvero!
Che storia particolare!! Tanto di cappello per essere riuscita a venire a capo di tutto; io proprio non avrei saputo come muovermi.
Un passo alla volta: è il segreto per arrivare a capo di tutto quello che si sta cercando di scoprire. 😉