L'ombra del Muto di Fabio Paravisi copertina

L’Ombra del Muto di Fabio Paravisi, il giallo storico ambientato in Val Taleggio alla fine dell’Ottocento

Dopo Le impronte del Male, Uno di troppo e Sotto gli occhi di tutti, ecco un nuovo capitolo delle avventure di Nino e Fendo, due improbabili investigatori che nella Bergamo di fine Ottocento si trovano questa volta alle prese con due bande di briganti che si contendono il territorio nel cuore della Val Taleggio. L’Ombra del Muto di Fabio Paravisi è infatti il nuovo romanzo del giornalista scrittore, edito da Bolis Edizioni, pubblicato a maggio 2021: un giallo storico come sempre pieno di azione, di umorismo e… di morti ammazzati!

Fabio Paravisi e i suoi primi 4 gialli storici ambientati a Bergamo

La prima volta che ho parlato dei romanzi di Fabio Paravisi, avevo appena finito di leggere i primi due: i gialli storici Le Impronte del Male e Uno di Troppo. Dopo qualche settimana mi scrisse per ringraziarmi e ne approfittai per chiedergli un’intervista. Volevo scoprire come nascono le storie, conoscere meglio i suoi personaggi, sapere quanti intrecci con la vita reale puntellano le vicende che si trovano nei suoi libri. La mia speranza era quella di farmi raccontare tutte quelle piccole chicche di cui si parla poco e a mia volta di raccontarle a voi.

Paravisi si è subito reso disponibile per fare due chiacchiere anche se ci abbiamo messo un po’ in realtà prima di riuscire ad organizzare. Ci siamo visti via zoom (adesso le interviste si fanno così) e gli ho fatto un po’ di domande. Nel frattempo ha pubblicato il terzo romanzo (Sotto gli Occhi di Tutti) e il quarto (L’Ombra del Muto) e io ho continuato questa intervista virtuale aggiungendo ogni volta un pezzettino.

Non capita tutti i giorni di scoprire la vita segreta di due personaggi creati da una penna bergamasca e che questa penna ci porti a spasso per Bergamo e in provincia con un salto temporale all’indietro di 150 anni.

Who’s who: Fabio Paravisi, giornalista e scrittore

Fabio Paravisi giornalista e scrittore

Classe 1964, Fabio Paravisi è originario di Ciserano. Ha frequentato il Liceo artistico, ma già da ragazzino aveva deciso di diventare giornalista. Professione che intraprende dopo l’Università. Negli anni scrive per il Nuovo Giornale di Bergamo Oggi, per l’Eco di Bergamo (solo un paio di anni prima che collaborassi anch’io e quindi non ci siamo mai incrociati), per Metro, e oggi è redattore della cronaca di Bergamo del Corriere della Sera.

La scrittura fa evidentemente parte della sua vita da sempre e così pure la ricerca e la cura che mette nella descrizione dei fatti e delle vicende che sono tipiche del giornalismo. Ma non è questo l’unico motivo che mi ha fatto apprezzare i suoi libri: i suoi libri, nonostante siano dei gialli con morti ammazzati (e nell’ultimo ce ne sono davvero tanti) e nonostante abbiano dei riferimenti storici molto precisi, hanno un taglio umoristico brillante che coinvolge molto.

Prima però di proseguire nella lettura, vi invito a rileggere questi due articoli sui primi tre romanzi usciti tra il 2018 e il 2020:
Le impronte del male e Uno di troppo i gialli di Fabio Paravisi, per chi vuole fare un tuffo nella Bergamo ottocentesca (e non solo)
Sotto gli occhi di tutti, di Fabio Paravisi: un tuffo nella storia e nei misteri della Bergamo di fine Ottocento

CDB – Com’è nata l’idea di scrivere una serie di gialli storici?

L’idea del giallo storico è nata per caso. Avevo appena finito di scrivere un articolo sulle Mura di Bergamo e un collega mi disse che secondo lui avrei potuto scrivere un libro. La cosa finì lì, ma un giorno tornando dalla scena di un crimine e passando da via Borgo Palazzo, ho notato un cippo che faceva riferimento ad un omicidio avvenuto nel 1869 e mi è venuta voglia di saperne di più. Ho fatto qualche ricerca e ne è nato un articolo per il Corriere della Sera. Da lì ad aver voglia di scrivere un giallo il passo è stato breve. Ho scritto le prime 10 pagine tratteggiando la storia, i personaggi. Ho contattato l’editore e l’idea gli è piaciuta al punto che è nato il mio primo romanzo, Le Impronte del Male. Poi ne sono seguiti altri tre ambientati sempre nella Bergamo di fine Ottocento. L’ultimo è L’Ombra del Muto, appunto, ed è anche quello che si allontana di più dal centro cittadino e arriva fino in Val Taleggio. Tutti fanno parte della collana Crime Story Inside di Bolis Edizioni.

CDB – Come nascono i personaggi Fainella e Pagnoncelli, la coppia di investigatori che ritroviamo in tutti e quattro i romanzi?

Avevo bisogno di una coppia atipica. Una di quelle coppie che non esistono in natura, come può esserlo una coppia formata da un poliziotto e un carabiniere che di solito lavorano separati. Due personaggi diversi, ma complementari. Entrambi sono le ultime ruote del carro delle rispettive caserme, ma insieme riescono a risolvere omicidi che quelli più alti in grado di loro non riescono a risolvere.

Pagnoncelli è il tipico bergamasco, ex seminarista timorato di Dio, in perenne crisi esistenziale, che lascia il seminario per arruolarsi in quella che oggi chiamiamo Polizia. Mentre Fainella, molisano, è una figura del Sud non scontata (scontato sarebbe se fosse stato napoletano o siciliano, invece era di una terra sconosciuta ai più, ma sempre del Sud): figlio di commercianti, lascia la terra d’origine per arruolarsi nei Carabinieri e tentare così la carriera militare. Non gli andrà così bene, perché viaggiando per l’Italia sarà costretto a lasciare a casa la sua amata, relazione a distanza che come spesso accade che si esaurirà con la lontananza.

Una curiosità? Pagnoncelli è il cognome di mia nonna; Fainella invece è uno dei cognomi più usati in un paese del Molise dove nacque Aldo Biscardi.

CDB – I dialoghi tra i suoi personaggi sono spesso surreali…

Si, è vero. Mi piace far dialogare personaggi molto diversi tra loro e giocare con le differenze di linguaggio. In questo mi sono ispirato a Fruttero e Lucentini. I loro dialoghi erano assolutamente realistici: uno del nord avrebbe parlato come uno del nord. Uno del Sud, come uno del Sud. Un contadino analfabeta, avrebbe parlato come un contadino analfabeta, un medico come un medico, un giudice come un giudice e una guardia di polizia come una guardia di polizia. Se pensiamo che a quel tempo si pensava in dialetto e di traduceva in Italiano con tutti gli errori del caso, l’incontro tra i vari personaggi mi ha permesso di ricreare dialoghi sempre sul filo dell’umorismo, spesso involontario e per questo surreale.

CDB – Quanto c’è di vero e quanto di inventato nei quattro gialli storici?

Quando si scrive un romanzo storico bisogna attenersi ai fatti, ai documenti e alla cronologia. Nei miei libri c’è molto di vero e quello che è inventato è verosimile. Nel primo romanzo (Le Impronte del Male, 2018 ndr.) avevo fatto molte ricerche: avevo letto libri di storia sulla città di Bergamo, scaricato i quotidiani dell’epoca per rendere la vicenda il più realistica possibile, avevo persino contattato gli archivi delle Camere di Commercio per sapere ad esempio quando costava il bestiame nel 1860 visto che nella storia ad un certo punto si parlava di compravendita di bestiame. Ho guardato foto, studiato le mappe del 1800 per avere un’idea della toponomastica cittadina. Poi però ho capito che l’80 per cento delle informazioni che avevo raccolto non mi sarebbero servite e nel secondo e terzo (Uno di troppo e Sotto gli occhi di tutti, ndr.) le mie ricerche sono state decisamente di meno e più mirate.

Per L’Ombra del Muto, invece, mi sono preso molte licenze storiche e lo segnalo nelle note alla fine: ho mescolato anni ed epoche storiche, personaggi realmente vissuti e altri inventati di sana pianta.

L’Ombra del Muto, un viaggio in Val Taleggio attraverso i secoli

CDB – Di cosa narra L’Ombra del Muto?

Siamo sempre a fine Ottocento, precisamente il 5 novembre 1872. Due paesi sono dominati con la violenza da due gruppi di banditi costituiti da soldati disertori e preti in fuga, ma dominati dal Muto, brigante misterioso che appare e scompare come un fantasma e di cui nessuno ha mai nemmeno sentito la voce. Dopo l’ennesima strage il caso finisce agli ultimi che dovrebbero occuparsene, il carabiniere Nino Fainella e la guardia Fendo Pagnoncelli.

La popolazione era esasperata: gli interventi delle forze dell’ordine erano stati insufficienti ed erano per giunta finiti male. Fino a che sul posto arrivano Nino e Fendo, le ultime ruote del carro delle rispettive caserme, con un piano per sconfiggere le due bande.

Nonostante un piano degno di un film di Kurosawa o del miglior spaghetti western di Sergio Leone, non sarà facile. Ci sono sparatorie, agguati e anche una carica della cavalleria. E alla fine i due protagonisti dovranno nascondersi in una cascina in mezzo alla neve mentre i briganti li cercano. La vicenda si dipana con umorismo surreale tra sparatorie imboscate, incendi e cariche di cavalleria fino al colpo di scena finale, che ovviamente non svelo. Ah, c’è anche una storia d’amore, per i più romantici.

L’Ombra del Muto, ambientato in Val Taleggio

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Nelle pagine de L’Ombra del Muto si respira storia, umorismo, adrenalina. E sembra di respirare anche la polvere delle strade di quegli anni, gli umori e gli amori dei protagonisti (Fainella innamorato di una giovane con cui intrattiene una relazione solo epistolare e Pagnoncelli che si innamora di una giovane valligiana concupita da uno dei briganti), gli odori delle botteghe, del piscio delle pecore…

“Ed è proprio dal piscio di pecora che parte tutta la vicenda, ambientata per la maggior parte in Val Brembana e in particolare in Val Taleggio. Nelle prime pagine i due protagonisti sono a Bergamo alle prese coi tezzoni del salnitro (che però all’epoca erano già stati smantellati, è una delle licenze storiche che mi sono preso). Poi si spostano e arrivano ad Almè, dove si trova un altro tezzone e una cascina. Quindi passano da Zogno e per gli Orridi della Val Taleggio” Fabio Paravisi ripercorre così idealmente i luoghi attraversati dai suoi personaggi.

“E poi inizia la zona inventata. Ci sono due paesi, Pogna e Valcalata noti nei dintorni come Rogna e Malcagata. Il primo è ispirato al paese di Nesso sul lago di Como, il secondo è un mix fra Averara e Brisighella, vicino a Ravenna. Brisighella ha una versione molto ampliata dalla strada porticata di Averara, che si chiama Via Degli asini. Ma chi vive in Val Taleggio può riconoscere tutti i luoghi tra quelli che si percorrono ogni giorno”.

Mentre lo scriveva Paravisi ha fatto un giro agli Orridi per rivivere le atmosfere di quelle zone.

Avvenimenti storici reali e licenze storiche all’interno de L’Ombra del Muto

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Per raccontare la vicenda che si svolge ne L’Ombra del Muto, Paravisi si è documentato con un libro: “Briganti e Banditi bergamaschi. Ma a differenza dei primi tre romanzi, con questo si è preso delle licenze storiche, raccontando avvenimenti accaduti anni prima, addirittura secoli prima.

I banditi che spadroneggiavano nelle valli risalivano a oltre cento anni prima dei fatti narrati nel giallo. “Vero è l’avviso della taglia per uno dei banditi, che però era quella di Pacì Paciana. E vere sono anche le lettere con la richiesta d’aiuto della popolazione soggiogata. Sono esistiti davvero il disertore Tarfù, la Brigata Cattolica, i sacerdoti assassini della Valtellina e la Lissona. Ma sono stati tutti fusi e mescolati” precisa Paravisi.

I tezzoni del Salnitro, ad esempio, erano obsoleti già nel Settecento e ai primi dell’Ottocento vennero demoliti o riconvertiti. Ma come si fa a rinunciare a una cosa come l’urina di pecora usata per l’esplosivo?” chiede Paravisi. In effetti no, non si poteva rinunciare. Ma vediamo insieme di cosa si trattava.

Cosa sono i tezzoni di Salnitro

L’unico esplosivo disponibile fino alla metà dell’Ottocento era infatti la polvere da sparo, per fabbricare la quale occorrevano tre ingredienti: lo zolfo, il carbone e il salnitro. Ma, mentre i primi due erano facili da reperire, la produzione del salnitro – principale ingrediente della miscela esplosiva – richiedeva un processo lungo e laborioso.

I Sali di nitro per alcuni secoli vennero estratti dal terreno imbevuto di orina e feci mediante una lavatura con acqua; il liquido così ottenuto conteneva il salnitro disciolto che veniva recuperato mediante evaporazione. La parte maggiore della produzione del salnitro avveniva perciò attraverso i cosiddetti tezzoni, ampi recinti con il fondo costituito da terra opportunamente scelta e riparati da tettoie, sotto le quali venivano fatte ricoverare le pecore (per ogni tezzone era previsto un gregge di duecento pecore che orinavano).

A Bergamo si incominciò la costruzione del tezzone del salnitro nel 1573 ma i lavori vennero terminati solo nel 1588. L’edificio si trovava nel Prato di Sant’Alessandro, a non molta distanza dall’Ospedale Maggiore o di San Marco. L’area occupata era quella oggi compresa tra la banca Popolare di Bergamo e l’incrocio fra viale Vittorio Emanuele e via Tasca. Il tezzone al Prato di S.Alessandro in uso fino all’Ottocento. L’ingresso era dominato dal leone di San Marco e dagli stemmi del doge, del provveditore alle artiglierie, dei rettori.

Le citazioni di film e libri che puntellano i libri di Paravisi

Se è vero che “Siamo il 95 per cento dei film che abbiamo visto”, intervistando Fabio Paravisi, si scopre che ai film vanno sicuramente aggiunti anche i libri. Chiacchierando con lui ho scoperto infatti che film e libri hanno influenzato molto la sua scrittura, tanto che i suoi gialli sono puntellati di citazioni che, se riconosciute, diventano un viaggio nel viaggio che spazia dalla letteratura al fumetto, dal cinema d’autore ai cartoon.

Alessandro Manzoni, Fruttero e Lucentini, la commedia all’italiana, il coro greco, Walt Disney, Stephen King li potete tutti ritrovare nello stile, nelle atmosfere, negli accorgimenti scenici, nel ritmo dei dialoghi o delle azioni dei 4 romanzi di Fabio Paravisi. Molti li riconoscerete immediatamente, mentre altri dovrete scoprirli leggendoli più volte.

Si va dall’immediata citazione dei Promessi Sposi, ai fratelli Cohen, a Kurosawa, a Fruttero e Lucentini, a Umberto Eco, a Walt Disney. Sono citazioni che mi divertono, una sorta di tributo a quello che ho visto e letto negli anni e che mi ha ispirato“.

Ne avete individuata qualcuna? Se si, inseritela nei commenti al termine di questo articolo. Chiederemo a Paravisi se è vero oppure no.

Note: Le foto sono in parte mie e in parte recuperate sul web

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