il baghèt di Casnigo, antica cornamusa bergamasca

Tutto sul baghèt, l’antica cornamusa bergamasca, di casa a Casnigo in Val Seriana

Se vi accingete a percorrere la Val Seriana verso le località più a nord, vi capiterà ad un certo punto di incontrare a Casnigo un cartello di quelli marroni turistici che segnala: Casnigo città del Baghèt. Se come me siete curiosi, cercherete subito di capire di cosa si tratta e probabilmente approderete su wikipedia o su uno dei tanti articoli dedicati a questo strumento musicale antico della famiglia delle cornamuse con una storia legata a doppio filo con questo territorio.

Con il termine “baghèt” viene indicata una cornamusa diffusa nella provincia di Bergamo, Brescia e nelle valli alpine tra queste due città ed il Trentino. Questo antico strumento, appartenente alla famiglia delle Cornamuse, è arrivato in Italia probabilmente con i mercanti irlandesi intorno al 1300 ed  è rimasto in uso fino agli Anni Quaranta unicamente nella media Valle Seriana e in corrispondenza della confluente Val Gandino.  Questo strumento ha assunto nel corso dei secoli connotazioni, forme e caratteristiche particolari che lo differenziano dal resto delle cornamuse, ma che continuano a ricordarle

In Val Seriana permane una tradizione senza tempo che diventa allegria contagiosa:  sono le note del baghèt, l’antica cornamusa bergamasca che in questa valle ha segnato la propria patria indiscussa. Casnigo infatti è la patria dello strumento, al punto che il consiglio comunale nel 2009 ha emanato una specifica delibera che conferisce al paese il titolo di “patria del Baghèt”. Esso campeggia sui cartelli di ingresso al paese e passandoci è impossibile non lasciarsi incuriosire e farsi venire la voglia di saperne di più.

Una tradizione musicale legata ai tempi del lavoro nei campi

Il Baghèt è uno strumento appartenente alla famiglia delle cornamuse (quindi delle “ance”) diffuse in tutta l’Europa occidentale, sia pure con realizzazioni anche molto diverse tra di loro, come ad esempio, la “bagpipe” scozzese, la “gaita” asturiana, la “piva”, ecc.

I suonatori (Baghetér) erano quasi unicamente contadini (quindi non pastori come è nella tradizione della zampogna) e lo strumento nel suo uso quotidiano seguiva i ritmi e le consuetudini di questa classe sociale. Veniva suonato quasi solamente d’ inverno con l’inizio del primo freddo, quando il lavoro dei campi diminuiva e lasciava il tempo per fare altre cose. E’ infatti in questa stagione che i suonatori si prendevano il tempo necessario per aggiustare e preparare il baghèt, riparando o sostituendo il sacco in caso fosse danneggiato, e rifacendo le ance.

Del repertorio facevano parte i canti tradizionali, i brani ballabili, le “pastorelle” natalizie. Solitamente il “baghèt” veniva poi riposto dopo il Carnevale, per essere poi ripreso l’ autunno successivo.

D’estate lo strumento era poco utilizzato sia perché la giornata era dedicata interamente al lavoro nei campi o nei boschi, sia per il problema della tenuta della cera d’api necessaria alla intonazione dello strumento. 

Quali sono le prime testimonianze del Baghèt in Terra Orobica

Le prime testimonianze sull’uso di un cornamusa in terra orobica le troviamo in Santa Maria Maggiore a Bergamo, nell’affresco “Albero della vita” datato 1347, e nel castello di Bianzano, dove sono raffigurati due putti suonatori di cornamusa, collocabili nell’ultimo quarto del 1300. Ma la raffigurazione di suonatori di baghèt li troviamo anche a Piario e nella chiesa di Sant’Agostino, nelle Danze Macabre del Baschenis.

Per approfondire, leggete: Ammirare per l’ultima volta (intero) l’Albero della Vita in Santa Maria MaggioreCastello di Bianzano: verità e leggende sul castello più misterioso della Val Cavallina

Casnigo, patria del Baghèt, dove se ne conservano alcune storiche

Casnigo

Tra la media Valle Seriana e la confluente Val Gandino, all’inizio del Novecento erano ancora certamente attivi una decina di musicisti. Ultimo erede di essi è stato Giacomo Ruggeri, detto “Fagòt” di Casnigo (1905-1990): la sua figura è stata lo snodo fondamentale nella conoscenza della cornamusa bergamasca che ha permesso di salvare questo patrimonio grazie anche a Valter Biella che lo ha incontrato e ne ha raccolto l’eredità musicale e culturale.

Casnigo, in Val Gandino, è la patria indiscussa dello strumento, al punto che il consiglio comunale nel 2009 ha emanato una specifica delibera che conferisce tutt’ora al paese il titolo di “patria del Baghèt”.

Nel palazzo comunale sono conservati due antichi strumenti, appartenuti il primo al casato degli Zilioli (conosciuti come “Fiaì”), e il secondo a Giacomo Ruggeri. Il primo appartenuto al vecchio suonatore Luigi Zilioli, nato a Casnigo nel 1858 e scomparso nel 1924, era poi passato al figlio Giacomo (Casnigo, 1906 – 1974). Per anni è rimasto patrimonio dei discendenti e ora si trova nel palazzo del Comune.

Si va ad affiancare a quello già depositato nel Municipio, facendo così di Casnigo un centro di documentazione unico nel Nord Italia riguardo questo antico strumento. Della famiglia delle cornamuse, nate in epoca Medioevale, rimangono infatti in un’area che va dall’Appennino Emiliano fino alle Alpi, non più di trenta antichi esemplari.

Negli ultimi anni si sono avvicendati  gruppi che hanno riproposto la tradizione popolare del Baghèt nelle feste e nelle sagre della bergamasca. Si ricorda ad esempio la Baghèt Band, la Baghèt Baniatica Ensemble e la Berghem Baghèt, alcuni di questi ancora attivi nelle feste di paese e nelle rievocazioni storiche.

 

Quali sono le musiche suonate col Baghèt arrivate fino a noi

baghèter che suonano il baghèt

Il numero delle arie popolari per baghét recuperate ad oggi è abbastanza limitato ed è per lo più composta da trascrizioni di brani appartenenti alla tradizione popolare in genere non originali per questo strumento.

L’utilizzo sempre più raro dello strumento, messo all’indice nei secoli scorsi dalla Chiesa che lo definiva la “sacca del diavolo” in quanto utilizzato in feste popolari spesso smodate, ha fatto sì che gran parte del repertorio dei brani ballabili andasse perso.

Allo stesso modo la difficoltà di utilizzo, i problemi di continua manutenzione per il mantenimento di una intonazione decente e la sua potente voce che tende a sovrastare ogni altro strumento, l’ hanno relegato in ruoli sempre più marginali e questo ha contribuito alla sua quasi totale scomparsa.

Come si suona il Baghét

Lo strumento è costituito da un sacco detto “baga” (pancia, da cui il nome dello strumento), in pelle di pecora o di capra, sigillato, tagliato e ripiegato a metà con il pelo rivolto all’ interno ricucito sul bordo inferiore. Oggi come oggi, anche per motivi igienici la baga è realizzata in gomma vulcanizzata o goretex.

Dalla “baga” escono: la canna del canto, conosciuta come “diana” o “pìa”, quella che nelle cornamuse scozzesi si chiama “chanter”; il bordone minore, detto “prim òrghen”; il bordone maggiore, detto “second òrghen”. Il suono vero e proprio è generato dalle ance contenute nei tre canneggi, detta “pi-ì”. Le ance del chanter sono doppie e sono legate tra di loro da un sottile filo ed una graffetta di ottone.

La maggiore o minore legatura tra le ance, rende le stesse di utilizzo più morbido, ma con un volume sonoro inferiore in quanto entrano in risonanza con una minor pressione dell’aria, o più duro, ottenendo una pressione sonora maggiore.

Un tempo le ance erano realizzate in canna, ora per lo più sono realizzate con materiale plastico per una maggiore stabilità e tenuta all’ umidità, anche se molti baghetèr preferiscono utilizzare ancora le ance in canna, per via del loro suono decisamente migliore, a fronte di una manutenzione molto maggiore, soprattutto nella stagione invernale quando l’umidità e la condensa creano continui problemi di stabilità.

La differenza tra il baghèt e la cornamusa scozzese

Attenzione a confondere il baghèt con le cornamuse d’Oltre Manica o con le cornamuse del Sud Italia. Sebbene il Baghèt appartenga alla stessa famiglia, il suono che produce è decisamente diverso.

Nella cornamusa bergamasca (baghèt)  i bordoni sono due, mentre in quella scozzese, great highland bagpipe, i bordoni sono tre, per il resto sono simili. La great highland bagpipe produce un suono più squillante in quanto nasce come strumento che accompagnava gli eserciti in battaglia.

La zampogna, invece, che è più diffusa in Italia centro-meridionale, è un aerofono a sacco ad aria calda come la cornamusa, ma che si differenzia in quanto è dotata di 4-5 canne. Due di queste sono strumento di canto con estensione limitata, mentre le altre fanno da bordone (suonano una nota fissa). La zampogna è quasi sempre accompagnata da una “ciaramella” che esegue la melodia, mentre la zampogna esegue l’accompagnamento.

 I video presenti sul web in cui si suona il baghèt

Per un approfondimento sulle ricerche effettuate in zona, le pubblicazioni, gli strumenti originali, troverete tantissimo materiale su http://www.baghet.it che è gestito da Valter Biella, storico indiscusso di questo antico strumento. Sempre lui ha fatto dei video dove potete sentire il suono di due “diane”antiche, quella del Parècia: https://www.youtube.com/watch?v=nM_hh…

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Ciao, io sono Raffaella e sono l’autrice di cosedibergamo.com, blog indipendente attivo dal 2017 che vi suggerisce le 1001 cose da fare a Bergamo e in provincia almeno una volta nella vita.

Appassionata da sempre di scrittura e comunicazione ho deciso di aprire Cose di Bergamo per condividere le mie esperienze e la mia conoscenza del territorio, nell’ottica di ispirare e aiutare voi, che mi leggete, a viaggiare e scoprire Bergamo e la sua provincia con occhi nuovi.

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Note: le foto sono in parte mie e in parte recuperate in rete.

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