Tre tappe: si taglia un albero, lo si porta a spalla sulla cima di una montagna, gli si dà fuoco. Tra il 15 aprile e il primo giugno. Tutto questo per propiziarsi la buona sorte e la fertilità. E’ questo in poche righe il racconto di un rito arboreo che si ripete ogni anno tra aprile e giugno a Ponte Nossa: la Festa del Màs.
Il “Mas” altro non è che un grande abete tagliato nei boschi di Ardesio, in virtù di accordi certificati addirittura negli Statuti del 1507, che diventa il protagonista di un rito che si tramanda ormai da secoli, di generazione in generazione a Ponte Nossa.
La storia del rito del Màs di Ponte Nossa
Quella del Màs di Ponte Nossa è una storia unica e affascinante, che affonda le proprie radici nei riti del calendimaggio, allegoria pagana del ritorno alla vita e della rinascita della natura a primavera. Il rito del Màs (cioè l’albero) è sopravvissuto nel tempo proprio per la sovrapposizione (avvenuta anche altrove) fra la tradizione pagana e quella religiosa avviata dall’evento miracoloso del 2 giugno 1511. La leggenda narra che in quella data un affresco raffigurante la Madonna in contrada Campolongo (proprio dove ora sorge il Santuario che è anche chiesa parrocchiale) pianse sangue. Una giovane del posto deterse l’effige mariana e del suo racconto fu redatto addirittura (primo caso in Italia) un atto notarile.
Il rito del Màs inizia ad aprile e si conclude proprio la sera prima della festività del 2 giorno in cui si celebra l’anniversario miracolo delle lacrime. Un bellissimo intreccio – in piena armonia – di motivi di culto agrario neolitico e di religione cattolica che fa del rito di Ponte Nossa un unicum, sia pure innestato sulla largamente diffusa tradizione dell’Albero di maggio. Albero che in molti luoghi diventa quello della Cuccagna. Ma qui, a Ponte Nossa, no.
Festa del Màs: le tre fasi del rito di Ponte Nossa
Il rito del Màs di Ponte Nossa, le cui origini si perdono nella notte dei tempi, si ripete ogni anno secondo uno schema perenne che viene tramandato letteralmente di generazione in generazione. Il tutto ha inizio ad aprile…
Aprile
Ad aprile, la comunità locale di Ardesio consegna un abete alto più di 12 metri ai Soci del Màs che lo vanno a scegliere in un bosco della Val Canale. L’albero viene trasportato a Ponte Nossa, accolto da un corteo festante con cui attraversa il centro storico sino alla chiesa parrocchiale, accompagnato dalla Banda. Dopo la benedizione impartita dal parroco viene trasferito ai piedi del Pés, al di là del Serio, dove, come tradizione impone, viene sramato e ripulito dalla corteccia per farlo seccare meglio. L’unica cosa che rimane intonsa è sommità, una sorta di pennacchio verde che segnala la rinascita primaverile.
Maggio
Il momento culminate, o comunque più faticoso, è senz’altro quello che avviene il primo maggio, quando alle sette del mattino i Soci (o Amici) del Màs si chiamano e organizzano un’articolata fila indiana che con l’ausilio di corde e l’incoraggiamento di intere famiglie per portare in quota l’albero, sulla sommità del Pés, il Pizzo Guazza, che da oltre Serio domina l’abitato di Ponte Nossa. Tutto questo con qualsiasi condizione atmosferica. E data la stazza dell’albero, immaginate la fatica a trasportarlo a braccia, sù per la montagna, fino alla cima del Pizzo Guazza, con un pendio non indifferente.
Giugno
Sulla sommità del monte (detto anche Corno Falò) dal 1971 si trova una statua della Madonna, a fianco della quale viene issato il Màs. Dal primo maggio è ormai passato un mese. Siamo alla sera dell’1 giugno, quando il Màs viene tagliato e reso legna da ardere per il rogo. Alle fiamme, seguiranno i fuochi di artificio che illumineranno tutto l’abitato di Ponte Nossa.
Qual è il significato della Festa del Màs?
Bella domanda: tanto bella, quanto difficile darle una risposta. E’ quasi impossibile spiegare infatti il significato del rito del Màs e capire perché sia ancora vivo: in effetti gli stessi nossesi non sanno dargli un significato unico, credibile e chiaro.
Gli etnologi parlano di antichissimi riti propiziatori primaverili che celebravano il risveglio della vita. Quasi tutte le culture infatti conservano il ricordo di riti praticati nei campi, capaci di propiziarsi la benevolenza delle divinità e garantirsi così l’abbondanza del raccolto. I riti propiziatori primaverili, o feste di maggio, sono ancora diffusi molte parti d’Europa. Sono oggi delle vere e proprie feste e vengono celebrati da tutta la comunità: tutti sono invitati a far festa, a gioire del rinascere delle energie primaverili.
Molti studiosi sostengono che nelle feste del maggio sia essenziale la simbologia fallica: l’albero rappresenterebbe il potere germinativo e produttivo. Per i protagonisti della festa si tratterebbe dell’iniziazione alla vita attraverso una prova di virilità che richiede forza ed intelligenza. E fin qui, siamo tutti d’accordo. Ma c’è un ma.
Nel caso del Màs di Ponte Nossa, il significato propiziatorio non esisterebbe più, in quanto da molto tempo l’agricoltura ha un peso decisamente irrilevante nell’economia della zona. E non solo. Ha poca forza anche l’ipotesi del significato iniziatorio dei giovani, che troviamo in altre comunità, in quanto il gruppo degli Amici del Mas è sempre stato di composizione varia sia per età che per altre caratteristiche. C’è solo un elemento che può indirettamente porre un collegamento con il valore di iniziazione, ed è un’usanza associata a questo rito arboreo che riguarda il rapporto tra ragazzi e ragazze.
Alla Festa del Màs c’era anche l’usanza di fare gli zoccoli alle ragazze
Gli amici del Mas, la notte precedente al trasporto dello stesso sulla cima Guazza, si ritrovavano sul fienile (vuoto in quella stagione) di una cascina, e si divertivano mangiando, bevendo e cantando. Non andavano a dormire e prima dell’alba perchè “facevano gli zoccoli alle ragazze” nubili o che durante l’anno erano state lasciate dal fidanzato: prendevano due tamponi a forma di zoccolo, li imbevevano di acqua di calce e li stampigliavano sul muro della casa delle interessate. Operazione non priva di rischi, perché le stesse stavano in guardia col pitale in mano.
L’usanza del “tecà sö i spèi” (lett. “appendere gli zoccoli”) alle donne nubili è stata per decenni molto in voga in moltissimi paesi della provincia, anche sotto altre forme come le croci disegnate in terra ad Ardesio, ad esempio. La tradizione del “Maggio” nossese, diversamente che altrove, si è conservata probabilmente perché legata ad una ricorrenza di carattere religioso, la festa dell’apparizione della Madonna.
Leggete anche: Ardesio | Tradizione delle Croci di Mezza Quaresima, nel Gioedé dè la Mésa: di cosa si tratta.
Un cortometraggio per scoprire il Rito del Màs di Ponte Nossa
La storia del Màs di Ponte Nossa è documentata da un cortometraggio realizzato nel 2015 dal regista Giorgio Affanni. Nel film, intitolato Màs – Il sacrificio della montagna e prodotto dall’associazione NossAntica, ci sono il senso e l’essenza di una tradizione che meglio e più di tutti racconta la storia tenace e intensa di una comunità e della sua Valle.
Qui sotto potete vedere il trailer.
Ecco il programma della Festa del Màs di Ponte Nossa 2023
L’importanza di preservare e raccontare le tradizioni bergamasche
Da quando ho cominciato a scrivere questo blog, ho scoperto molte tradizioni bergamasche di cui non conoscevo l’esistenza che mi hanno colpito e affascinato. Le tradizioni danno vita ad una memoria tangibile che coinvolge la parte emozionale. Parlare delle tradizioni locali, e se possibile parteciparvi, è quasi un dovere quando si racconta un territorio, perché significa dare un valore particolare al patrimonio di ciascuno di noi, alla nostra storia, alla storia dei luoghi. Ma non solo.
La memoria trasmessa dalla tradizione è una memoria fisica, che diventa concreta e materiale e raggiunge tutti i sensi. La parte simbolica, come può esserlo un vero rituale che si ripete ogni anno, è forte sì, ma non manca una parte razionale che può essere spiegata. E’ questa la cosa magnifica: che tutto ha una ragione, anche la magia, un rito ancestrale o una burla che viene riproposta ogni anno.
Infine, le tradizioni sono importanti per il turismo, sia quello che porta in Paesi lontani, che per quello di prossimità. Perché chi viaggia vuole scoprire luoghi unici e le tradizioni servono a rendere unico e speciale i luoghi. Raccontare e valorizzare le tradizioni significa anche proteggere tutte le tradizioni e creare un mondo in cui domina la convivenza tra più culture. Ecco il motivo per cui sono felice di aver scritto questo articolo. E perchè continuerò a scrivere di tradizioni bergamasche su questo blog.
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