“Vuoi fare qualcosa di diverso? Ti dico io cosa fare: vai all’Antica Locanda Roncaglia che ci sono i canti in osteria!” E’ stato il suggerimento di un amico che di solito non aggiunge molto, se non “Vai e fidati!” E io mi sono fidata. Ho cercato su internet il sito della Roncaglia in Valle Imagna e ho chiamato per prenotare. Risponde Sara Gandolfi, la signora che da alcuni anni gestisce con un socio, Roberto Facchinetti, l’Antica Locanda. Mi ha spiegato che venerdì saremmo stati una quarantina per la serata dei canti in osteria, che la cena sarebbe stata semplice e guidata, che sarebbe iniziata alle 19.30 e che i canti sarebbero cominciati alle 21.00 circa. Non ho osato fare domande anche se ne avrei fatte un milione: cosa sono i canti d’osteria? quanto durano? devo cantare anch’io? e se non conosco neanche una canzone?
Va be’… meglio non farsi troppe domande, ma andare e godersi la serata. In fondo il mio amico mi ha detto “Vai e fidati”.
Ecco quello che troverete in questo articolo
Come arrivare all’Antica Locanda Roncaglia
Partiamo da casa intorno alle 18.30 e ci dirigiamo verso la Valle Imagna: superiamo
Almenno San Bartolomeo, Sant’Omobono Terme; la strada sale sempre più su, fino nel cuore della valle; deviamo verso Corna Imagna e superiamo anche quella. Seguiamo le indicazioni per l’Antica Locanda Roncaglia. Google Map ci guida perfettamente fino a destinazione. Raggiungiamo uno spiazzo con alcune macchine parcheggiate. Sulla destra un piccolo borgo in pietra che ci riporta indietro nel tempo fino al Medio Evo. Ci guardiamo intorno: è quasi buio (quando sono andata non era ancora scattata l’ora legale). Scendiamo dall’auto e ci dirigiamo verso le case e dopo pochi metri, appare uno spiazzo tra le case. Uno spiazzo verde così, a sorpresa, tra le vie strette dove un tempo si poteva passare solo a piedi e coi carretti. Si sentono delle voci e si sente profumo di cibo. Non abbiamo dubbi: siamo arrivati all’Antica Locanda Roncaglia.

Un’osteria e una locanda con una storia antica
Sara, la padrona di casa, accoglie gli ospiti all’ingresso e li fa accomodare tutti ai grandi tavoli in legno già assegnati. Le compagnie sono unite tra loro, i piccoli gruppi vengono riuniti in un unico tavolo grande. Cominciano a girare le caraffe di vino per scaldare l’atmosfera. Sul retro, nella cucina, il cuoco Roberto prepara la cena per tutti. La sensazione è quella di entrare in un luogo familiare.
Inizio a gironzolare curiosa e a fare un po’ di foto. L’atmosfera antica e viva avvolge tutto: è come ritrovarsi in un’osteria ottocentesca con gli arredi tipici di allora; al piano superiore ci sono alcune camere da letto arredate anch’esse con mobili ottocenteschi.
Sembra di essere stati catapultati in un’altra epoca, di essere in attesa di qualcosa, di un evento o di qualcosa che ci cambi e che ci porti verso il passato. Sono curiosa: continuo a pensare ai canti in osteria e cerco di immaginarmi il proseguo della serata. Non che sia difficile immaginare, ma quello che non so è cosa succederà, quali sensazioni mi avvolgeranno.
L’ingresso è discreto e si affaccia su un angolo della corte. Da una parte la dispensa, dall’altra la sala da pranzo con lo splendido pavimento in cotto antico, le nicchie in pietra e il soffitto in legno di castagno. L’odore è proprio quello delle case di montagna: tutto ha una dimensione domestica, gli stessi tavoli, le sedie e i mobili sono stati ricavanti da arredi originali e contribuiscono, con le loro linee, a creare l’atmosfera di un tempo che non è mai passato.
Scoprirò più tardi di essere all’interno di un progetto molto più grande – di cui la locanda è solo una parte – fortemente voluto dal Centro Studi Valle Imagna per contrastare la disgregazione dell’identità culturale territoriale.
Dalla terra e dalla storia: una cena del passato
La cucina è per scelta territoriale: dialoga con gli abitanti, con i contadini e i produttori a seconda dei ritmi della stagioni e della natura. La polenta è immancabile, ma non chiedete cose che non siano legate alle stagioni e alla produzione di questa terra.
Sul tavolo cominciano ad arrivare le frittate di verdure. Sono soffici e spugnose e bagnate come piacciono a me. Sul tavolo non mancano le caraffe di acqua e di vino rosso. Subito dopo arriva una scodella di minestra di legumi e farro all’antica. Ha il sapore di quelle di una volta e viene servita con il mestolo direttamente dalla pentola nella scodella. Come se fosse una caccia al tesoro, al mio tavolo si cominciano ad elencare gli ingredienti della minestra: qualche verdura c’è, qualcuna è inventata, lo so.
“Qui si mangia benissimo” dice uno dei commensali habitué delle serate dei canti in osteria “ma stasera siamo qui con i nostri amici per cantare“. Ci venite spesso? domando. “Ogni volta che possiamo. Almeno due o tre volte a stagione“.
Cominciano a servire il secondo: polenta e scaloppina alle erbe di montagna. Chiediamo a Sara quali siano queste erbe di montagna e lei ci elenca: “Salvia, rosmarino, cembro…”
Cembro? non sapevo neanche si potesse usare per cucinare. Ma in effetti il profumo è strepitoso.
Passiamo alle torte: stasera ci sono un po’ di compleanni da festeggiare. Caffè e ammazza caffè: passa un liquore alla liquirizia fatto in casa e un distillato di erbe.
Il liquore alla liquirizia so già che mi piace, quindi decido di assaggiare l’arquebuse, anche conosciuto come alpestre, il distillato fatto con le erbe. “Si chiama così perché si dice che curava le ferite degli archibugi“. Navigando su internet, scopro che il significato del nome ha più spiegazioni: dall’uso curativo sulle ferite da archibugio (anche se il liquore fu creato sicuramente assai prima dell’invenzione delle armi da fuoco) alla sensazione che si ha nello stomaco dopo averlo bevuto, a causa dell’alta gradazione alcolica. È possibile datare le fonti storiche che parlano dell’arquebuse intorno alla fine del secolo XVII. Sicuramente prodotto originariamente in Francia, nella zona di Lione e del Rhone-Alpes, nacque nei monasteri.
E’ tutto un’esperienza. E’ passata poco più di un’ora da quando ci siamo seduti a tavola e già ho imparato un sacco di cose sulle tradizioni della Valle Imagna e del passato.
Canti d’osteria all’Antica Locanda della Roncaglia
Alle 21.00, o giù di lì, la cena è ufficialmente terminata. Vengono portati via i piatti e rimangono sui tavoli le brocche d’acqua e i caffè. L’arquibuse gira timidamente e la bevono quelli che non devono guidare al ritorno. Io quindi faccio il bis. Sono tutti pronti per iniziare. Si sposta qualche tavolo, il gruppo di musicisti si gira verso il resto della sala e passano dei raccoglitori con i testi delle canzone. Si comincia con un canto ben augurale e… via con le richieste!
Vengono intonati cori che parlano d’amore e di amicizia, di semplici felicità quotidiane, di terre lontane e vicine, canti che si fanno strumento di sfottò ironici, o che sanno rivelare a sorpresa, tra le pieghe, una vena sottile di goliardia.
Mi guardo intorno e sono tutti felici. Non scherzo: cantare insieme fa star bene e i canti popolari, di montagna e degli Alpini, ma anche quelli più recenti di Guccini e De Andrè fanno riaffiorare antiche passioni e suscitano tante emozioni… Il canto da osteria è una forma di cultura tutt’altro che trascurabile ma che purtroppo, come spesso accade, si sta lentamente perdendo.
Sono a tavola, davanti a me cantano e ridono. Mi rendo conto di vivere un’esperienza unica, fatta di ritorno al passato, a quel passato genuino dove le canzoni erano un momento intimo, ma allo stesso tempo conviviale. Una volta si cantava nelle osterie la domenica. Ma non solo. Si cantava nei campi, durante la fienagione e anche in autunno, quando era giunto il momento di raccogliere nei boschi il fogliame per la lettiera delle mucche e le voci rimbalzavano da un versante all’altro della valle. Cantava la gente del popolo quando si ritrovava nelle stalle l’inverno, sull’aia o la festa, ai pranzi di nozze. Canti di montagna e degli Alpini, canti religiosi e celebrativi della fatica del vivere quotidiano. Cantavano i soldati in licenza e le ragazze al ritorno dal filatoio, dopo una giornata di duro lavoro…
Oggi è sempre più raro cantare. Si ascolta la radio, si guarda la tv, si controlla il cellulare, si acolta il lettore mp3, si smanetta sugli smartphone tra youtube e socialnetwork. Più si cresce e meno si canta. E’ una cosa da giovani e lasciata ai giovani e alla loro modernità. E invece i canti da osteria sono un patrimonio prezioso che va salvaguardato e tramandato, consentendo di riscoprire nella sua ricchezza questa peculiare modalità espressiva della civiltà del passato. E sfogliando l’elenco dei canti mi rendo conto che il passato non è poi così lontano se alcune canzoni sono quelle di Guccini, De Andrè, Morandi, Vecchioni…
La contrada Roncaglia
Alla fine dei canti, decido di fare un giro fuori per fare qualche foto e mi fermo a chiacchierare con Sara, la locandiera (uso questo termine antico non a caso). Le chiedo da quanto tempo fa questo lavoro e come è arrivata fin quassù: “Era quello che desideravo fare e sono felicissima di esserci riuscita. Un tempo facevo l’educatrice e ho lavorato con i ragazzi. Oggi questo è il mio mondo.”
La contrada era un mondo, con i suoi orti, i suoi campi, i suoi boschi. Ciascuna contrada tendeva ad avere una specializzazione. Ad esempio, la Roncaglia era agricola, la contrada Canito era invece di boscaioli, la contrada Regorda di tagliapietre (picaprede).
La contrada era un modo di vivere, non soltanto un gruppo di case. Le contrade precedono la formazione dei primi Comuni, che in Valle Imagna avviene attorno al 1250 quando Strozza, S. Omobono e S. Antonio di Berbenno si staccano dalla pieve di Lemine, cioè da Almenno. Questi nuclei di case in pietra probabilmente esistevano già nell’XI, forse nel X secolo.
Il progetto del Centro Studi Valle Imagna
L’Antica Locanda Roncaglia è il frutto di un progetto di valorizzazione del territorio voluto e portato avanti dal Centro Studi Valle Imagna. Fa parte di un progetto di promozione ben più ampio che vede coinvolti agricoltori, allevatori (Agrimagna, Tesoro della Bruna), i giovani del paese con la cooperativa le Giovani Orme — Ostello, Campeggio e servizi didattici e sociali per il territorio —, Ca’ Berizzi, la Bibliosteria, la Valle dei Cinque Campi, etc.
Il borgo è del Centro Studi Valle Imagna che l’ha acquistato quando era praticamene un insieme di case fatiscenti mezze diroccate e l’ha completamente ristrutturato e restaurato con la volontà di tramandare le tradizioni locali, mantenendo inalterate le strutture edilizie, la prida e le piöde. Qui è possibile assaporare le atmosfere, la cultura e la tradizione di questi luoghi, assaggiando piatti tipici dei tempi antichi e vivendo momenti della vita di una volta, come i canti in osteria. Ma non solo. Anche le camere della Locanda hanno quel sapore antico e l’atmosfera di una volta.
Vorrei fare delle foto con la luce. Sara mi invita a tornare di giorno, magari una domenica e fermarmi come fanno spesso i suoi ospiti, per godere del paesaggio fino al tramonto. Sono tentata: lo farò sicuramente. Ho voglia di assaggiare altri piatti della tradizione e di vedere il tramonto che infuoca la Valle Imagna.
Ma non solo. Nella corte è situato un locale, che funge da biblioteca, sala lettura, “scrittorio” e sala multimediale, dove gli ospiti possono consultare e richiedere pubblicazioni e filmati riguardanti la cultura del territorio prodotti dal Centro Studi Valle Imagna. Voglio proprio visitarlo.
Note
Per partecipare ad una delle serate coi Canti in osteria, contattare l’Antica Locanda Roncaglia con ial numero di telefono che trovate sul sito internet. Se non vi rispondono subito non preoccupatevi, verrete ricontattati nel giro di poche ore. La locanda è aperta da mercoledì a domenica su prenotazione.
Da Bergamo si raggiunge in circa 35/40 minuti. Se arrivate da Milano (dipende dal traffico in autostrada) si raggiunge in circa 60/80 minuti.
Questo post è stato scritto in collaborazione con Eco Turismo Valle Imagna e con la partnership di Turismo e Innovazione. Iniziativa realizzata nell’ambito del bando Wonderfood & Wine di Regione Lombardia e Unioncamere Lombardia per la promozione di Sapore inLOMBARDIA.
Grazie … non la conoscevo
Peccato per la distanza che ci separa perché questa voglia di storia, tradizioni e convivialità sono rarità che andrebbero preservate frequentandole.
Davvero un luogo incantevole, di quelli all’antica che piacciono a me. Adoro la cucina tradizionale, il vino locale, l’oste tra i commensali. Sa di buono. Sa di casa. Onore al centro studi che ha avuto sia i fondi che l’idea di rivalutare la struttura. Spero che altre regioni italiane seguano l’idea. A dir poco lodevole.
Sono sicura che sarà stata una sera interessante ma i canti popolari non fanno per me 🙂
È comunque un articolo interessante e ben dettagliato 🙂 passerei di qui solo per il buon cibo ..guardando le tue foto mi è venuta fame 🙂
Michela
La Valle Imagna rappresenta le mie radici E infatti la mia nonna paterna era di Roncola Non conoscevo questa locanda ma di sicuro non mancherà una visita quando saliremo dai parenti.
Io e il liquore alle erbe siamo super amici! Lo fanno anche nell’entroterra ligure e lo amo!! Penso che abbiate passato una serata meravigliosa, un po’ fuori dagli schemi! I canti, poi… pazzeschi!!
Adoro questi posti locali e tradizionali, dove si respira l’aria della convivialità! Quanto dista da Bergamo città, circa? Grazie mille!!
Come ho scritto 40 minuti circa. Anche n questo caso dipende dal traffico
Ci sono molte parti della tua Bergamo (e dintorni) che assomigliano moltissimo ai posti dove sono nata e cresciuta io. Come questo, per esempio.
In effetti la tradizione del canto si sta perdendo, un vero peccato perché è un modo per stare assieme ad altre persone divertendosi. Il locale è carinissimo, adoro le nicchie.
Questo è uno di quei posti per cui prenderei l’aereo immediatamente… adoro questi posti dove anche i muri hanno qualcosa da raccontare. E guarda che non mi è sfuggito il particolare … hai fatto pure il bis?! 🙂
Che bella esperienza genuina, non sapevo che esistessero ancora questi posti ma sono così autentici e ricchi di tradizione che quasi mi commuovono.
Mi piacerebbe proprio! Un posto che dove mi piacerebbe andare, le cene particolari mi attirano molto ma andrei senza bimbi
Che meraviglia questa locanda, sembra veramente che lì il tempo si sia fermato, se fossi della zona anche io ci passerei volentieri qualche serata.
ogni volta che leggo un tuo post mi tornano in mente momenti di quando ero piccola… come con questo tuo racconto… che mi ha fatto ricordare i momenti passati con mio papà e i suoi amici in montagna, a cantare mentre si preparavano le caldarroste ahahah grazie
Non ti dico il senso di impotenza che mi viene a leggere da quaggiù… amo follemente queste realtà e mi vorrei teletrasportare. Da ragazzina sono stata spesso (relativamente) in posti del genere per quanto riguarda l’alloggio, una cosa stupenda tutto quel legno scuro e gli accessori antichi, ma i canti di osteria non ricordo di averli mai fatti. Che meraviglia, amerei partecipare (a pancia piena possibilmente, dato il ben di dio), anche cantando alla “kiwi e melone”! 😀
Mi piacciono molto queste locande di una volta dove mangiare cibo tipico e genuino (che buona la polentaaa). Se poi al termine della cena ci sono anche i canti popolari ancora meglio! Grazie per il consiglio
Che luogo meraviglioso! Anch’io abito nella provincia di Bergamo, quindi questo indirizzo me lo segno assolutamete! Sembra davvero essere un’esperienza autentica, tra canti popolari e cibo genuino e, immagino, squisito! Grazie per questo prezioso consiglio 🙂
Non posso continuare ad ignorare questo segnale che mi spinge a venire a visitare Bergamo, adesso parli anche di polenta con scaloppine alle erbe e canti popolari? Devo correre a Bergamo… ma quanto tempo mi ci vuole a vedere tutto ciò di cui parli nel tuo blog? Mi ci dovrei trasferire…. prima o poi giuro che vengo!
ahahahaha! Devi assolutamente!
Ammetto che “Devo cantare anche io?!” l’avrei senza dubbio chiesto! 😅
Ma che meraviglioso progetto di valorizzazione di una cultura popolare straordinaria! Mi piacerebbe tantissimo provare una di queste serate!
Che bella esperienza, è un modo diverso di godersi una cena. Le foto del cibo mi hanno fatto venire famissima!
Ma che meraviglia! Adoro questi posti che sanno di tradizioni popolari e qui sembra anche che si mangi molto bene 🙂
Lo ammetto: provare i sapori e le tradizioni di una volta mi fa impazzire!
Certo, i canti popolari un po’ meno ma è sicuramente un’esperienza diversa dal solito, no?
Ma che bella questa locanda! Dev’essere stato emozionante partecipare a questa serata tradizionale! Hai ragione, le persone una volta cantavano molto di più nonostante la vita dura che conducevano. Doveva essere bello sentirli! Proprio un bel post, complimenti! 😊