Copertina animali fantastici dove trovarli a Bergamo e provincia

Famolo strano (allo zoo) | Animali fantastici (e anche no) dove trovarli a Bergamo e provincia

Animali fantastici dove trovarli a Bergamo e provincia. Un titolo acchiappa potteriani, lo so. Ma anche acchiappa bambini e acchiappa curiosi. Sì perché se girate per le vie del centro di Bergamo e di Città Alta, se entrate nei musei e vi spostate anche in provincia, potete scoprire uno zoo di animali fantastici davvero sorprendente. Non ci credete?
Be’, forse è il caso di ricordare che l’animale simbolo di Bergamo, ereditato dalla dominazione veneziana, è un leone alato. E se non vi sembra fantastico questo, allora vale tutto!

Ma andiamo con ordine e vediamo l’elenco che ho individuato per questo viaggio nello zoo di animali fantastici e dove trovarli a Bergamo e provincia. Ci sono Leoni con le ali, mammut con la bocca spalancata che piacciono ai bambini, rettili che volano impressi nella pietra, delfini che mi ricordano delle carpe, passerotti imbalsamati, coccodrilli che fanno l’ecografia, serpenti che partoriscono bambini e draghi. Sì, anche i draghi che forse sono balene. E se ci piacciono le balene infiliamoci maschera e pinne e proviamo a nuotare nel mare bergamasco che non c’è più, o nel lago che non si sa se sia mai esistito veramente.  Se poi la sera siamo stanchi possiamo accoccolarci sul divano con la gatta che non è una gatta ma un cavallo. Sperando che il serpente che mangia, ehm, partorisce bambini non sia dalle nostre parti.

Curiosi? Seguitemi!

LEONI ALATI e LEONI MANSUETI

leone alato di San Marco su Porta S.Giacomo a Bergamo

Cominciamo col dire che Bergamo è piena di leoni. Li trovate un po’ ovunque scolpiti sulle facciate dei palazzi, nei battiporta sui portoni, sulla Fontana Contarini, nelle sculture che decorano le vie e gli angolini più caratteristici di Città Alta.

Il primo che vi segnalo, quello che tutti notano all’ingresso della Città Alta, sulle porte di accesso a Città Alta e sul palazzo della Ragione è il Leone Alato di San Marco. Il Leone Alato è un ricordo della dominazione veneziana che a Bergamo durò dal 1428 al 1797.

Il secondo leone invece che vi segnalo è il Leone Mansueto che si trova scolpito su uno dei pilastri che sorreggono il Palazzo della Ragione in Piazza Vecchia. E’ difficile da riconoscere perché ci vuole molta fantasia (proprio per questo l’ho inserito tra gli animali fantastici) ma sono certa che con questa descrizione riuscirete ad individuarlo.

Si trovano sul capitello di una delle colonne rivolte verso Piazza del Duomo e sono rappresentati con la bocca chiusa, gli occhi grandi e sopracciglia marcate, quasi con fattezze umane.
I leoni raffigurati sono due: il leone più grande è tozzo e ha la criniera riccioluta come quella di un uomo. La zampa è appoggiata sulla spalla di un leone più piccolo, forse il cucciolo, che è appoggiato sulla schiena con le zampe rivolte verso l’alto in segno di completa fiducia verso il grande. Dietro di lui un uomo si tiene la mano sul petto. Questa immagine simboleggia un governo forte e vigile, ma allo stesso tempo  pacifico e giusto.

E se non ci riuscite, cliccate sul link qui sotto e leggete l’articolo: troverete la foto e riuscirete in un batti baleno ad individuare la posizione.

Famolo strano (cacciando) | A caccia di Leoni in Città Alta, armati solo di macchina fotografica

Il MAMMUT bergamasco che piace ai bambini

Mammut al Museo Caffi di Bergamo

La piana di Petosino, nei pressi di Bergamo, circa 20.000 anni fa era popolata da una comunità di mammut, animali simili ai moderni elefanti ma coperti da un folto mantello lanoso in grado di proteggerli dal rigido clima che caratterizzava l’era glaciale. Tra il 1905 ed il 1914, durante gli scavi effettuati in una cava di argilla presso Petosino, vennero alla luce dei resti di questo grande mammifero. Oggi questi resti sono conservati nelle collezioni paleontologiche del Museo di Scienze Naturali di Bergamo, quello che si trova nella piazza della Cittadella in Città Alta, e accolgono i bambini con una spettacolare ricostruzione che piace tanto ai bambini. Sì, perché tranquilli, nonostante l’immagine terribile, le zanne e le fauci spalancate, questo mammut non spaventa nessuno. Anzi, i bambini lo adorano e ne sono affascinati.

In realtà i fossili originali sono conservati in apposite stanze: si tratta di due zanne, un molare, parte di una mandibola, una scapola, due vertebre e alcune ossa appartenenti agli arti anteriori e posteriori. La loro fragilità, derivata dal fatto che i reperti sono stati per migliaia di anni sepolti nel terreno, consente solo in parte l’esposizione al pubblico.

Il SERPENTE che partorisce bambini (o che forse se li mangia)

Animali fantastici dove trovarli a Bergamo e provincia Il Biscione visconteo

Animali fantastici dove trovarli a Bergamo e provincia. Gironzolando per Bergamo Alta è possibile notare qua e là uno strano serpente con un omino che gli esce dalla bocca. I milanesi lo riconosceranno al volo, per tutti gli altri, sappiate che si tratta del Biscione dei Visconti: lo stemma araldico della famiglia che dominò Bergamo col pugno di ferro prima della Serenissima. Non fu un bel periodo per Bergamo, quello. Ma sono rimasti alcuni segni di quel passaggio e lo stemma dei Visconti è uno di quelli.

Se lo guardate bene è un serpente arrotolato a nove spire con un bambino che esce dalla sua bocca. Uso il termine uscire perché non è ancora molto chiaro se quel bambino stia entrando (e quindi il serpente se lo sta mangiando) o se stia uscendo (e in questo caso sarebbe un parto). Infatti l’araldica riporta entrambe le versioni:

L’iconografia che appare più comunemente, ovvero quella con un bambino fra le sue fauci, si ritrova come stemma dei Visconti a partire dall’XI secolo. Essi diventarono poi signori di Milano dal 1277, trasmettendo così il simbolo all’intera città, e quindi al Ducato. Da notare come il “Biscione” visconteo abbia sempre le spire attorcigliate in 9 curve. Siccome negli stemmi spesso non riuscivano a rappresentarlo, fu invalso l’uso di disegnare un attorcigliamento completo (che vale 3 giri: due visibili e uno celato).

Alcune leggende affermano che il capostipite dei Visconti assunse questo stemma o strappandolo ad un infedele che aveva ucciso durante le Crociate, oppure dopo aver ucciso il drago Tarantasio.

Comunque sia l’uomo in bocca al biscione, sebbene sia araldicamente definito come “ingollato”, potrebbe essere anche interpretato come una figura nascente dall’animale, richiamando simboli più antichi di fertilità terrestre che il serpente, essere ctonio, bene interpreta.

Dove lo potete trovare? In linea d’aria molto vicino al Mammut: sulla torre della Campanella, in piazza Mascheroni ne trovate uno. Decidete voi se raccontare al vostro bambino che questo serpente se lo mangia in un boccone, se vuole!

Il DELFINO che (mi) ricorda la carpa tatuata di un mio amico

Fontana del Delfino a Bergamo

Che belli i delfini: io li adoro. Quando li ho visti per la prima volta in mare da piccola me ne sono innamorata. Da allora ogni volta che c’è un documentario, un film o un telefilm che li mostra mi fermo a guardarlo. Sono degli animali fantastici: intelligenti, eleganti. Molti diversi dal delfino che c’è sulla Fontana del Delfino in una piazzetta di Bergamo che prende il nome proprio da questa fontana.

La cosa sorprende abbastanza, visto che Bergamo non è certo una città di mare, ma visto che non erano molti quelli che a quel tempo potevano andare al mare a vedere i delfini. Il fascino di questo animale deve essere arrivato a Bergamo anche attraverso i racconti di chi lo aveva visto  veramente. Forse quello fu un modo per rappresentare un mondo lontano e fantastico.

Vi chiedete il perchè di questo titolo? Forse la rappresentazione della statua che abbellisce la fontana è semplicemente frutto di una scelta di stile dello scultore che non coincide con la mia, ma ogni volta che la guardo mi fa sempre molto sorridere e mi chiedo se l’anonimo scultore avesse mai visto un delfino. A me personalmente questo delfino sembra una carpa coi labbroni, ma tant’è. Ho esagerato? Forse si, forse no.

Se volete saperne di più, leggete: Girare intorno alla Fontana del Delfino di via Pignolo in cerca di una pigna.

Il RETTILE VOLANTE impresso nella pietra

Eudi al Museo di scienze naturali di Bergamo

Lo chiamano Eudi, ma il suo nome scientifico è Eudimorphodon Ranzii ed è stato ritrovato sotto forma di fossile nel 1973 a Cene. Questo esemplare è il più antico fossile di rettile volante mai ritrovato. Capite l’importanza? Questo fossile è talmente importante che se ne trova una copia anche al Museo di Storia Naturale di New York. Noi invece conserviamo l’originale al Museo di Scienze Naturali in Piazza della Cittadella a Bergamo Alta.

Eudi misura circa 70 cm (metà costituiti dalla coda), con un’apertura alare di circa 80 cm: le grandi ali erano sostenute dal quarto dito della mano. Il suo nome rimanda alla dentatura : dal greco eu (bene, molto), di (due), morfo (forma) e odonto (dente), che significa quindi “dai denti di forma ben diversa”. Questo perché i denti anteriori erano lunghi e appuntiti, mentre quelli posteriori a cuspidi (come i nostri molari). Grazie allo studio della dentatura si è potuto ipotizzare che con ogni probabilità Eudi (ma sì, chiamiamolo anche noi così), era probabilmente pescivoro e, dallo studio della conformazione delle ossa, anche un ottimo volatore.

Un rettile volante, dunque. Come me lo immagino? Io un piccolo drago volante. Anche perché di draghi, la Bergamasca, è piena, uno più uno meno… Non ci credete? Scoprite i prossimi animali fantastici a Bergamo e provincia.

La BALENA che nuotava nel mare che non c’è più

Se andate nella chiesa di San Giorgio in Lemine ad Almenno San Salvatore, proprio sopra l’altare, noterete un osso appeso al soffitto. Di che animale si tratta? Ma di un drago, ovviamente. Siamo infatti nella chiesa dedicata al santo che sconfisse il drago e l’osso è ciò che resta del drago. Un drago che troviamo dipinto anche sulle pareti della chiesa per raccontare come andò.

La leggenda vuole che un enorme drago vivesse in quelle zone, tanto da avere la propria tana vicino al fiume Brembo. La creatura provava gusto nel terrorizzare i contadini che vi abitavano, facendo strage di tutto ciò che incontrava sul suo cammino e ammorbando chiunque con il suo tanfo asfissiante. La storia andò avanti fino all’arrivo del prode cavaliere San Giorgio, che sconfisse il drago riportando pace e serenità in quelle terre. Per celebrare l’impresa, una costola della bestia alata venne conservata ed esposta nella chiesa, per essere mostrata a tutti i fedeli come segno di ringraziamento.

In realtà, l’osso non è di drago, bensì di balena: secondo gli studi condotti sulla reliquia, pare che abbia addirittura 5 milioni di anni. Ma come ci è finita ad Almenno San Salvatore? La causa è da ricercare nell’antica struttura della Terra. Un tempo, infatti, la maggior parte dell’Italia era completamente sommersa da un caldo mare tropicale, in cui nuotavano squali, delfini, pesci di ogni tipo e, neanche a dirlo, balene.

Scopri tutte le curiosità sulla Chiesa di San Giorgio in Lemine e sulla costola di drago che… non è di drago!

Il COCCODRILLO che ogni tanto va in ospedale a fare controlli

Coccodrillo di Ponte Nossa durante la TAC

A Ponte Nozza, in una chiesa della Val Seriana, c’è un grosso coccodrillo imbalsamato appeso al soffitto, che penzola con le fauci spalancate sui fedeli. Cosa ci fa lì? Le risposte non sono certe e  infatti questo fatto è abbastanza curioso. Si sa che si trova lì sin dalla fine del 1500, perché alcuni documenti vi fanno riferimento, e, secondo la tradizione orale, sarebbe il dono di un commerciante di Rimini che lo uccise invocando l’intercessione della Madonna di Ponte Nossa.

Ma la cosa che mi fa sorridere in questo periodo è sapere che questo coccodrillo, recentemente, è stato oggetto di studio per valutarne lo stato di conservazione ed è stato portato in ospedale a fare una TAC!

Ai raggi X il «paziente» ha evidenziato una struttura interna composta per lo più da pezzi di legno, stucco, maglie e gomitoli di ferro e una serie infinita di chiodi che fanno pensare a una sorta di scheletro-manichino attorno al quale è stato poi avvolta la pelle dell’animale. La testa del rettile ha invece intatte le ossa di cranio, mandibola, mascella, oltre a quasi tutti i denti. La parte ricostruita riguarda solamente il tratto terminale della coda e due denti frontali.

 

Il DRAGO TARANTASIO con le crisi di identità

L'osso di balena del Santuario di Sombreno

Drago o mammuth? Balena o drago? Pensate come debbano essere stati difficili questi ultimi trecento anni per l’animale fantastico la cui costola si trova nel santuario di Sombreno in provincia di Bergamo aver creduto di essere per tanti anni il terribile Drago  Tarantasio e poi scoprire di essere una semplice… balena!

Si narra infatti che proprio dove ora sorge Paladina, un tempo ci fosse un enorme lago chiamato Gerundo. Uno specchio d’acqua che le fonti storiche non citano, ma la tradizione orale racconta da secoli. In questo bacino d’acqua dolce viveva un drago, di nome Tarantasio, che terrorizzava gli abitanti mietendo vittime specialmente tra i bambini. Le esalazioni del suo pestilenziale alito avvelenavano l’aria (in effetti, il sottosuolo dell’area era ricco di metano e zolfo). Ma un giorno, il capostipite dei Visconti di Milano, uccise il drago – come stemma la famiglia nobiliare non a caso porta un biscione.

Negli anni il lago fu prosciugato (a questo punto la leggenda prende diverse pieghe), ma del mostro mitologico si conserva ancora la costola nel Santuario di Sombreno. A monito per tutti i mostri.

Da Mammut a Balena: tutti i dubbi del Drago Tarantasio

Per più di mezzo secolo, nel Novecento, il Drago Tarantasio ha dovuto convivere con una solida fake news che lo “rimetteva al suo posto” (davvero pensava di essere un drago?) e lo spacciava per Mammut. La costola di 169 centimetri infatti secondo Enrico Caffi emerito primo direttore del Museo di Scienze Naturali di Bergamo, apparteneva ad un mammut preistorico. Forte della sua scienza, autoritario nel suo indiscusso prestigio di studioso e religioso, in assoluta buona fede, si era convinto che “la reliquia naturalistica” di Sombreno fosse tutto ciò che rimaneva dell’esistenza terrena di un grosso proboscidato estinto, strettamente imparentato con gli odierni elefanti.

La smentita al Caffi è giunta da Marco Valle, successore di Caffi al museo di Piazza della Cittadella. In una serata confezionata ad hoc sull’esatta natura dell’osso, proprio nel santuario della Beata Vergine Maria di Sombreno, ha svelato la verità. «La costola – ha raccontato Valle – non è di un mammut, ma di un grosso cetaceo. Si tratta, presumibilmente, di una balena, non antidiluviana bensì inserita nel pieno del Rinascimento». Insomma, neanche preistorica!

Immaginate il povero Drago: chissà quante volte si sarà chiesto “Chi sono davvero?”

Il CAVALLO chiamato Gatta che tutti vogliono

Il Gatel di Treviglio

Ecco un altro animale fantastico di Bergamo e provincia: un cavallo conteso  da trevigliesi e caravaggini che tutti chiamano Gatta! Perchè “Una rosa continuerebbe ad avere il suo profumo anche se non si chiamasse rosa”, scriveva Shakespeare. “E un cavallo continuerebbe ad avere la sua criniera anche se si chiamasse gatta”, direbbero i trevigliesi!

Tutto ebbe inizio nel 1392 quando venne rinvenuto in una zona di confine tra i due paesi un gatèl , cioè un bassorilievo di pietra che fungeva da cippo o termine di confine. Sul gatèl – termine dialettale italianizzato in “gatta” – è in realtà scolpito un cavallo. Pare che persino San Bernardino da Siena dovette intervenire per placare gli animi, predicando la pace. Ma nonostante l’intervento del Santo, la contesa si è protratta per secoli: nel 1861 avvenne il furto da parte dei caravaggini ai danni dei trevigliesi.

Ripresa, non si sa quando e come, da quest’ultimi, quasi un secolo dopo fu nuovamente sottratta dai caravaggini, che avrebbero poi chiesto per la restituzione della gatta un riscatto con duecento fiorini d’oro. Poco più di due mesi dopo, per riprendersi la gatta i trevigliesi sferrarono un singolare bombardamento di Caravaggio con galline appese ai paracadute, rotoli di carta igienica e persino un grosso maiale (come riportano le cronache de L’Eco di Bergamo dell’11 maggio 1953). All’azione goliardica seguì una decina di giorni dopo l’incursione dei trevigliesi che, ripresasi la gatta, la murarono subito su un palazzo prospiciente la Basilica (dove oggi c’è la copia).

L’originale è ora al sicuro nel Museo Civico di Treviglio.

 

Le OCHE che passeggiavano sulle rotonde di Alzano Lombardo

Le oche di Alzano quando passeggiavano in strada

Animali fantastici dove trovarli a Bergamo e provincia? Se lo chiedete ad un alzanese, vi risponderà: sulla rotonda vicino al fiume! Fino a qualche anno fa, infatti, spesso si incontravano file di oche (sì, avete capito bene, oche) camminare sui marciapiedi o vicino alla rotonda nella zona delle piscine di Alzano Lombardo. Non che volessero andare in piscina, no. Le oche di Alzano se ne andavano in giro in fila indiana in cerca di cibo.

Le passeggiatrici erano le oche di una riserva naturale che si trova proprio lungo il fiume. Si erano abituate a camminare lungo la strada e per molto tempo questa cosa divertì chi si imbatteva nell’insolito gruppetto di camminatrici. Ma dopo un po’ si capì che potevano essere pericolose per loro e per gli automobilisti che se le vedevano attraversare davanti mentre erano alla guida e le più ardite, quelle che trascinavano tutto il gruppo, sono state spostate.

Adesso nella riserva continuano ad abitare le oche di Alzano meno avventurose. Se volete saperne di più, leggete: Esplorare l’Oasi delle Oche di Alzano Lombardo sul fiume Serio in attesa che anche queste entrino nella leggenda


Vi è piaciuto questo articolo? Vi regalo una chicca!

animali fantastici dove trovarli a Bergamo e provincia_uccellino di Medea

Se siete arrivati fino a qui, significa che questo articolo vi è piaciuto. Fa parte della rubrica Famolo Strano che racconta cose divertenti e curiosità su Bergamo e provincia. Per leggere altri articoli come questo, cliccate qui

Ma se siete curiosi di sapere che chicca voglio regalarvi ecco un “Animale fantastico bergamasco” perfetto per questo itinerario insolito di qualcuno preferirebbe non si sapesse troppo in giro: sto parlando dell’UCCELLINO DI MEDEA.

Di che cosa si tratta? Nel 1842, quando  il monumento funebre di Medea Colleoni fu traslato dal Santuario della Basella a Urgnano alla Cappella Colleoni a Bergamo, accanto alle spoglie della giovanetta fu trovato un passerotto (o forse un cardellino) imbalsamato. L’uccellino è tutt’ora custodito sotto una campana di vetro nella Cappella in Piazza Duomo a Bergamo e se volete vederlo dovete chiedere alla custode di mostrarvelo.

Ma non è questa la chicca, perché a dire la verità l’uccellino fa abbastanza impressione. La chicca è la leggenda romantica che svela il volto tenero di un uomo capace di incutere terrore a molti: Bartolomeo Colleoni, padre di Medea.

La leggenda dell’Uccellino di Medea

Il 6 marzo 1470 nel Castello di Malpaga, corte di Bartolomeo Colleoni, muore di polmonite, a soli 15 anni, la giovinetta Medea Colleoni.  Il padre, allora settancinquenne che, secondo la tradizione, la amava profondamente, ingaggia il giovane scultore Giovanni Antonio Amadeo per realizzare il monumento funebre di Medea, regalando a Bergamo quella che è stata definita come “la più bella delle effigi che riposano in terra lombarda”.

Ma non solo. Alla morte della figlia il condottiero versò le sue uniche lacrime e volle seppellire insieme a lei anche l’uccellino che era stato il suo compagno di giochi, per accompagnarla nell’ultimo viaggio.

L’uccellino che oggi è conservato sotto una campana di vetro, appunto.

 

Note: le informazioni contenute in questo articolo sono una rielaborazione di quanto scritto in altri articoli di questo blog e di altri recuperati in rete. E se proprio volete vedere degli animali veri, beh, c’è sempre il parco delle Cornelle!

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