Storie di santi e di draghi, di reliquie e di oceani scomparsi, di peste e di morti, di facciate bicolori e pittori itineranti. Tutto questo ad Almenno San Salvatore racchiuso un un’unica e meravigliosa chiesa romanica. Un edificio in mezzo alla campagna dell’antica Lemine,ricco di affreschi e di curiosità tutte da scoprire. Anche se, diciamocelo, quello che colpisce veramente quando si entra nella chiesa di San Giorgio in Lemine è la presenza di una particolare ed antichissima reliquia appesa al soffitto (proprio davanti all’altare). Volete sapere cos’è? Si dice che sia la costola del drago sconfitto da San Giorgio! Ma forse non è proprio proprio così.
Le cose che non tutti sanno sulla Chiesa di San Giorgio in Lemine
La Chiesa di San Giorgio in Lemine è un concentrato di storia, di curiosità e di misteri, come ce ne sono pochi nella nostra provincia. Quello che sappiamo per certo che è una delle più suggestive chiese romaniche della provincia ed è uno dei 5 gioielli del Museo Diffuso del Lemine. Per tutto il resto ci sono misteri e interpretazioni che non trovano mai una vera certezza neanche tra gli studiosi d’arte e di storia.
E’ la seconda chiesa romanica più grande di Bergamo, ma non si sa a quando risalga con precisione
Il prestigio e la fama della chiesa di San Giorgio sono legati, oltre che alla struttura architettonica che sappiamo essere seconda solo alla Basilica di Santa Maria Maggiore in Città Alta per dimensione, anche all’imponenza e alla qualità del ciclo di affreschi che ornavano quasi tutte le pareti interne.
Tuttavia, non esiste una documentazione certa sulla nascita di questa chiesa. Ciò che è certo è che nel 1171 risultava già fondata dal vescovo di Bergamo. Costruita in due momenti differenti della storia, San Giorgio vide il suo massimo splendore dalla seconda metà del XIV secolo alla prima metà del XV, quando i conflitti sempre più accesi fra guelfi e ghibellini spinsero i cittadini a privilegiarla per via della sua posizione facendola diventare fulcro dell’attività religiosa e comunitaria dell’epoca.
La strana tessitura muraria bicolore (forse) è colpa di un ponte caduto
La prima cosa che salta agli occhi da fuori è la tessitura muraria della facciata. Nella parte bassa troviamo l’arenaria verdastra di Sombreno (così come nei pilastri e negli archi interni). Mentre, salendo verso il tetto, troviamo conci quadrati rosati delle cave del Tornago e borlanti di fiume. Ne risulta una facciata bicolore decisamente bizzarra.
Gli studiosi si sono accapigliati sui motivi di tanta discontinuità: per alcuni era dovuto al fatto che la chiesa fu innalzata in momenti diversi con possibilità economiche diverse, per altri era normale che fosse così visto che altre chiese romaniche furono costruite con materiali diversi. Ma per qualcuno (don Angelo Rota) la spiegazione è data dal fatto che il ponte sul Brembo che collegava il Lemine con Sombreno era crollato e che questo aveva reso oltremodo oneroso recuperare le pietre utilizzate per costruire la parte bassa dell’edificio, così si era ripiegato su altro.
Va detto inoltre che ciò non doveva aver sconvolto particolarmente i costruttori, in quanto quello che noi oggi vediamo “nudo”, in realtà sarebbe stato completamente affrescato e quindi la differente tessitura muraria non avrebbe tolto nulla alla bellezza e maestosità dell’edificio.
Doveva essere una Parrocchia ma divenne Chiesa dei Morti durante la peste manzoniana
Va detto che gli interrogativi sulle vicende che hanno contraddistinto la lunga storia di questa chiesa sono moltissimi. LA chiesa di San Giorgio viene costruita per essere una Parrocchia, ma le sue alterne fortune la portano nel giro di qualche secolo a diventare un Lazzaretto. Nel 1630, durante il periodo della peste “manzoniana”, grazie alla sua posizione isolata San Giorgio fu trasformata in una vera e propria “Chiesa dei Morti”, ovvero il luogo in cui furono seppelliti i defunti a causa della pestilenza.
La peste aveva colpito così duramente il territorio di Lemine, ora Almenno, che aveva causato la morte di quasi un terzo della popolazione. A questi si dovette dare sepoltura e San Giorgio con il suo piccolo cimitero risultò particolarmente idonea: isolata nei campi ma facilmente raggiungibile rappresentò la soluzione ideale. Da allora la chiesa mantenne questa funzione anche dopo la fine della peste e si creò, in maniera inconsapevole, l’usanza di seppellire i propri morti nel cimitero di San Giorgio, quasi una moda che crebbe al punto da farvi istituire, nel 1761, una cappella per i suffragi funebri.
Gli affreschi si salvarono dalla copertura in calce grazie alla peste
Durante la peste, con l’accesso interdetto alle persone sane, gli affreschi si evitarono la consueta opera di disinfezione attraverso la copertura in calce e inoltre si favorì una nuova devozione verso i defunti e San Giorgio, anche se il cimitero restò pressoché inutilizzato.
La svolta fu l’editto di Saint Cloud nell’Ottocento, che proibì la sepoltura nelle chiese per ragioni igieniche. Sbaragliata la concorrenza, anche il camposanto riaprì i battenti, ma l’idillio durò poco: dopo l’’dificazione di un nuovo cimitero, San Giorgio venne accantonato e un alone di mistero (alimentato da racconti popolari sinistri) cadde sull’edificio e i suoi sepolcri (ve ne parlerò presto).
Oggi il piccolo cimitero di San Giorgio in Lemine è uno dei più belli della Bergamasca insieme a quello di Bergamo e della Basilica di Santa Giulia a Bonate Sotto.
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All’antica Basilica di Santa Giulia a Bonate Sotto
Tra gli affreschi, un San Cristoforo uguale a quello in San Michele al Pozzo Bianco
Gli affreschi testimoniano le diverse sensibilità e capacità artistiche dei momenti i cui sono stati realizzati e nell’insieme costituiscono uno scenario policromo di grande impatto visivo.
I più antichi, XII-XIII secolo, sono espressione di un linguaggio romanico con riflessi bizantineggianti, opere di artisti di area bergamasca, come alcuni santi affrescati su dei pilastri, strappati per tutelarne la conservazione mentre gli affreschi della parete di destra, del secolo successivo, hanno una maggiore compiutezza e suggeriscono quasi un’anticipazione di canoni rinascimentali evidenti nello scenografico trittico di San Giorgio e la Principessa, la Madonna e il Bambino e Sant’Alessandro attribuito al Maestro del 1388.
Il dipinto di una Madonna con Bambino e san Cristoforo risalgono ai primi decenni del Duecento. La conformazione rigida dell’affresco acquista ricchezza grazie all’uso cromatico dei colori che spaziano dalle tinte scure a quelle chiare. Vengono attribuite al Maestro di Sant’Anna Metterza che aveva realizzato gli affreschi nella chiesa di San Michele al Pozzo Bianco in Città Alta.
San Giorgio e il drago: gli affreschi, la leggenda e la reliquia
La figura di San Giorgio era molto diffusa ai tempi: secondo la tradizione, il Santo sconfisse un drago – simbolo del maligno – per proteggere la principessa. Le sue gesta sono raccontate anche negli affreschi all’interno della chiesa di Almenno San Salvatore.
Ma ciò che più conquista l’occhio è la reliquia per cui è diventata famosa la chiesa almennese: una grossa costola, che secondo la leggenda apparterrebbe proprio al drago sconfitto dal Santo.
Gli affreschi: un racconto per immagini da castello visconteo
È un trittico asimmetrico, posto sull’angolo tra la parete sud e la parete destra, che raffigura San Giorgio nell’atto di uccidere il drago davanti alla Principessa, la Madonna che tiene per mano il Bambino, racchiusa fra sottili colonnine tortili, e alla sua sinistra Sant’Alessandro addobbato da cavaliere.
Particolarmente belle nelle loro composizioni le figure di San Giorgio armato in bianco su cavallo bianco e della Principessa, in drappeggio elegante e composto, richiamano un’atmosfera cortese più da castello visconteo che da luogo di culto. Grazioso il linguaggio degli occhi tra la Madonna e il Bambino, mentre appare sontuoso Sant’Alessandro anch’esso su cavallo bianco.
La leggenda del drago del fiume Brembo
La leggenda narra che questo enorme drago visse in quelle zone, tanto da avere la propria tana vicino al fiume Brembo. La creatura provava gusto nel terrorizzare i contadini che vi abitavano, facendo strage di tutto ciò che incontrava sul suo cammino e ammorbando chiunque con il suo tanfo asfissiante. La storia andò avanti fino all’arrivo del prode cavaliere San Giorgio, che sconfisse il drago riportando pace e serenità in quelle terre. Per celebrare l’impresa, una costola della bestia alata venne conservata ed esposta nella chiesa, per essere mostrata a tutti i fedeli come segno di ringraziamento.
Costola di drago? Tutta la verità
In realtà, l’osso non è di drago, bensì di balena: secondo gli studi condotti sulla reliquia, pare che abbia ben 5 milioni di anni. Ma come ci è finita ad Almenno San Salvatore? La causa è da ricercare nell’antica struttura della Terra. Un tempo, infatti, la maggior parte dell’Italia era completamente sommersa da un mare tropicale, in cui nuotavano squali, delfini, pesci di ogni tipo e – appunto – balene.
L’osso di cetaceo è quindi un fossile trovato durante alcuni scavi nella zona.
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Note: Le foto degli esterni sono mie. Quelle degli interni sono tratte dal sito ufficiale della Fondazione Lemine.
Anche se la costola non è di drago questa chiesa è molto affascinante. Anch’io recentemente ho avuto a che fare con San Giorgio ma non c’erano reperti di drago bensì la particolarità che la chiesa è orientata sul solstizio d’inverno!