Giuseppe Verdi e i suoi rapporti con Bergamo e i bergamaschi. A pochi giorni dalla messa in scena dell’AIDA nel parco di Villa Gromo a Mapello, eccomi di nuovo a raccontare di Giuseppe Verdi. Questa volta il focus sono i suoi rapporti con Bergamo e con i bergamaschi del tempo: i rapporti di lavoro, gli amici, la cerchia delle conoscenze, quelli che ammirandone il genio musicale erano felici di poterlo ospitare nelle proprie magioni bergamasche. Si tratta di un viaggio ideale fatto di incontri nel segno della musica, ma non solo. Un viaggio tutto bergamasco che ci porterà fino a Villa Gromo di Mapello, la splendida dimora settecentesca che il 29 luglio ospiterà l’opera di Giuseppe Verdi, l’Aida, forse la più nota e certamente quella che meglio si presta ad essere rappresentata all’aperto (per prenotare cliccate qui).
Ecco quello che troverete in questo articolo
#1 Giuseppe Verdi e Bartolomeo Merelli
Bartolomeo Merelli nacque a Bergamo nel 1794 e studiò composizione con Johann Simon Mayr (Gaetano Donizetti era nella stessa classe di Merelli nella scuola di Mayr, di cui potete lettere nel link a fine paragrafo). Merelli si trasferì a Milano attorno al 1812 e lavorò come agente teatrale nei teatri locali, scrivendo nel contempo alcuni libretti per Mayr, Donizetti, Nicola Vaccaj e altri compositori. Nel 1826 decise di aprire una propria agenzia e fu così che amministrò stagioni teatrali a Varese, Como e Cremona tra il 1830 ed il 1835, aiutato in questo da Carlo Balochino del Theater am Kärntnertor di Vienna, dal 1836 al 1848.
Nella primavera del 1839, Merelli chiamò Giuseppe Verdi, che si trovava in un periodo cupo e improduttivo della sua vita, per rappresentare l’Oberto. Dopo aver ottenuto un successo della musica da parte dei principali cantanti della Scala come Giuseppina Strepponi e Giorgio Ronconi che accettarono di prendere parte alla rappresentazione, Merelli offrì a Verdi il palcoscenico della Scala per la stagione successiva.
L’Oberto di Verdi ebbe un discreto successo e Giovanni Ricordi si accaparrò i diritti di pubblicazione dello spartito. Merelli stesso diede una mano a Verdi nella composizione suggerendogli di comporre una scena e un quartetto per l’atto II, scena 2.
Verdi accettò di proseguire la collaborazione con Merelli.
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Un rapporto fatto di alti e bassi
Merelli propose a Verdi un contratto per tre nuove opere e Verdi lo accettò. Fu così che iniziò il rapporto professionale tra Giuseppe Verdi e il bergamasco.
La prima, Un giorno di regno, fu “un inqualificabile disastro”, ma la seconda, Nabucco, originariamente offerta dal Merelli a Carl Otto Nicolai e da questi rifiutata, fu un trionfo, per poi dare alle scene I Lombardi alla prima crociata nel 1843. Giovanna d’Arco (1845) fu l’ultima delle opere di Verdi ad essere montata dal Merelli, e fu comunque un grande successo, sebbene vi furono problemi con le inadeguate scenografie, coi costumi e con l’orchestra che era troppo ridotta.
La rottura con Merelli avvenne quando Verdi lo vide contrattare con Ricordi per vedersi riconosciuti alcuni diritti sulle opere di Verdi e pertanto il compositore bussetano giurò che non avrebbe più collaborato né con Merelli né col suo staff e che non avrebbe mai più messo piede alla Scala. Sulla prima cosa mantenne il punto, mentre sulla seconda dovette capitolare: La Scala, si sa, è il regno della lirica ed era impossibile disertarla.
Ci fu di mezzo anche una donna nel dissidio tra i due? Forse…
La rottura tra Verdi e Merelli non fu così chiara e molti si chiesero quali fossero i reali motivi. Problemi di denaro certamente. L’impresario era noto per la sua spregiudicatezza e i suoi sotterfugi non piacquero a Verdi. Ma qualcuno scrisse che probabilmente sulla rottura tra il compositore e Merelli incise l’ombra della passata relazione del Merelli con Giuseppina Strepponi, prima compagna e, poi, moglie di Verdi. Il compositore bussetano non riusciva ad accettare che un tempo fossero stati così intimi.
Giuseppina Strepponi era il soprano, due anni più giovane di Verdi, che col Nabucco, aveva dato l’avvio alla gloria del musicista. Aveva interpretato, in quell’occasione, il ruolo di Abigaille. La sua era stata una vita abbastanza “avventurosa” dal punto di vista professionale e sentimentale.
Era riuscita ad uscire con enorme dignità, da una lunga relazione sentimentale col tenore Napoleone Moriani, già sposato per conto suo, da cui aveva avuto due figli. Ricadde nuovamente, questa volta con l’impresario Bartolomeo Merelli, la cui relazione produsse una terza gravidanza interrotta da un aborto che la debilitò totalmente, tanto da costringerla a ritirarsi a Parigi dove, per accudire alla famiglia, fu costretta a dare lezioni di canto. All’età di soli trent’anni, infatti, aveva iniziato ad avere abbassamenti di voce, che l’avevano costretta ad abbandonare le scene.
La relazione che poi nacque fra lei e Verdi, non fu passione o amore ma una profonda amicizia che col tempo si tramutò in affetto. Nel 1848, Verdi si trasferì a Parigi iniziando una convivenza alla luce del sole con la Strepponi e ci vollero ancora dodici anni prima che Verdi decidesse di sposarla. Ma da allora la loro unione di cementò nel segno dell’affetto e dell’amore per l’arte.
#2 Giuseppe Verdi e Gaetano Donizetti: nessuna rivalità tra musicisti
E veniamo ai rapporti di Verdi con il genio di casa nostra: Gaetano Donizetti. I due si incrociarono per la prima volta tra il 1841 e il 1842. Donizetti era a Milano, impegnato nella composizione e nelle prove di “Maria Padilla”, che sarebbe andata in scena alla Scala il 26 dicembre del 1841. Si tratta dello stesso periodo in cui Verdi si stava affermando con il suo “Nabucodonosor” e i primi contatti fugaci tra i due si ebbero in occasione delle prove della prima vera affermazione del cigno di Busseto.
C’è un aneddoto che viene spesso raccontato che riporta che Donizetti ritardò la partenza per Bologna per assistere alla prèmiere del “Nabucco” di Giuseppe Verdi, dopo essere stato favorevolmente impressionato dalla musica. Il musicista bergamasco scrisse più di una lettera agli amici per invitarli ad assistere ad almeno una recita della nuova opera, qualcosa che valeva la pena provare. Tra l’altro, nella carrozza che lo avrebbe portato da Milano a Bologna venne visto sovrappensiero e poi esclamare un eloquente “Oh quel Nabucco! Bello! Bello! Bello!”.
Donizetti si offre addirittura di aiutare Verdi
Esiste una sola lettera in cui Verdi si rivolge a Donizetti e si tratta di un episodio molto interessante e affascinante. Il compositore lombardo non perdeva una sola occasione per lodare Verdi e il debutto positivo dell’”Ernani” a Venezia del 1844 lo spinse a un gesto molto bello: fece sapere al bussetano tramite un amico comune, Giacomo Pedroni, che era addirittura disposto ad aiutarlo in occasione della rappresentazione dell’opera a Vienna. Verdi rispose con un piacevole stupore:
“Mi fu di grata sorpresa leggere la di lei lettera scritta a Pedroni, in cui gentilmente si offre di assistere alle prove del mio Ernani. Non esito punto ad accettare la cortese offerta con la massima riconoscenza, certo che alle mie note non può derivarne che utile grande, dal momento che Donizetti pensa di prendersene pensiero. Pregola volersi occupare sì della direzione generale, come delle puntature che potranno abbisognare, specialmente nella parte di Ferretti. A lei, signor Cavaliere, non farò complimenti. Ella è nel piccolo numero degli uomini che hanno sovrano ingegno e non abbisognano di una lode individuale. Il favore che Ella mi comporta è troppo distinto perché possa dubitare della mia gratitudine. Con la più profonda stima”.
La presunta rivalità in amore
Come si può intuire c’è un grande rispetto reciproco. Verdi si ispirò a Donizetti all’inizio della carriera e Donizetti continuò a sostenere l’astro nascente fino alla sua morte.
La presunta rivalità, se mai ci fu, venne dall’interesse per una stessa donna: Giuseppina Appiani. Donizetti visse nella casa di questa signora, vedova di un marito che l’aveva lasciata con tre figlie. Anche Donizetti era vedovo, avendo perso l’adorata moglie Virginia nel 1837, un lutto mai superato del tutto come è ben testimoniato dalle lettere scritte al cognato: la “convivenza” con la Appiani gli regalò qualche momento spensierato, ma i biografi hanno spesso fatto confusione su nomi e date, creando molti equivoci. Verdi conobbe la Appiani in seguito al successo del “Nabucco”, un trionfo che gli aprì le porte dei salotti più in vista di Milano.
Forse qualche tensione ci fu, ma almeno pubblicamente continuarono a rispettarsi e ad ammirarsi come musicisti.
#3 Giuseppe Verdi e Clara Maffei, un’amicizia importante
Clara nacque – figlia unica – da genitori appartenenti a due famiglie aristocratiche in un palazzo di via Arena, a Bergamo. Il padre, Giovanni Battista Carrara-Spinelli, discendeva dai Carrara di Bergamo, e più nello specifico dai Carrara-Spinelli di Clusone, cui spettò a partire dal 1721 il titolo di conte.
Clara visse con la zia dai 9 anni fino a che non si trasferì a Milano per completare gli studi. All’età di 18 anni sposò, il 10 marzo 1832, Andrea Maffei, avvenente poeta trentino molto noto in città e in particolare negli ambienti mondani, di sedici anni più vecchio. Maffei apparteneva a una famiglia il cui rango nobiliare era inferiore rispetto a quello dei Carrara Spinelli, potendosi fregiare “soltanto” del titolo di cavaliere.
Nel 1834 Clara Maffei inaugurò uno dei salotti più prestigiosi di Milano, palcoscenico per le esibizioni private di musicisti del calibro di Liszt e Thalberg. Verdi frequentò il salotto di Clara Maffei tra il 1842 e il 1847. La fittissima corrispondenza di Verdi con Clara Maffei testimoniano il rispetto del maestro per questa donna straordinaria.
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Nel salotto di Clara Maffei Giuseppe Verdi fece incontri determinanti
Per tutto il tempo che Giuseppe Verdi frequentò il salotto di Clara Maffei, il compositore ebbe modo di conoscere alcuni dei nomi più importanti del tempo. Solo per citarne alcuni: il conte Opprandino Arrivabene, Carlo Cattaneo, Massimo d’Azeglio, Gaetano Donizetti, Felice Romani, Temistocle Solera e il giornalista Carlo Tenca, che influenzò molto il salotto e al quale la nobildonna si legò sentimentalmente dopo la separazione dal marito.
Sarà Clara Maffei, supportata dall’amica Giuseppina Strepponi, a organizzare nel 1867 l’incontro fra un timidissimo e impacciato Verdi e Alessandro Manzoni (nell’immagine sopra), avvenuto il 30 giugno 1868.
Giuseppe Verdi e le vacanze di lavoro in quel di Clusone
La Maffeis, quando ormai era una delle donne più influenti nel risorgimento lombardo, trascorreva le sue vacanze estive a Clusone e, presso la sua dimora di famiglia, ospitò alcuni dei personaggi più illustri dell’Ottocento.
Il Palazzo Carrara – Spinelli è un imponente edificio seicentesco sede della nobile famiglia clusonese; sorge di fronte al Palazzo Marinoni Barca, nell’odierna via Clara Maffeis, dedicata appunto alla contessa che nel palazzo teneva il suo salotto quando si allontanava da Milano.
Giuseppe Verdi soggiornò a Palazzo Carrara-Spinelli quando era impegnato nella revisione del libretto dell’Attila. Mentre la musica era già stata composta, revisionò il libretto con il marito di Clara Maffeis che era uno scrittore letterato.
Il soggiorno a Songavazzo
Nell’estate del 1845 Giuseppe Verdi e l’amica Clara Maffei soggiornarono nel palazzo del dottor Marcantonio Morandi a Songavazzo. Questo episodio è citato sulla facciata di Palazzo Morandi e nel libro “Un Artista Bergamasco nell’Ottocento” monografia illustrata su Giovanni Maria Benzoni di Giuseppe Rota.
Palazzo Morandi Maffei è uno dei palazzi storici di Songavazzo, e si trova nell’area più antica del paese. Nel 1926, centenario della nascita di Giuseppe Verdi, Angelo Morandi discendente di Marcantonio pose la targa sulla facciata dell’edificio per ricordare l’avvenimento.
Il Maestro si trovava a Palazzo Spinelli con Carlo Tenca ospite di Clara e di suo marito Andrea Maffei. Si racconta che Verdi fosse impegnato nella stesura dell’Attila e che la partitura venne composta nella selva di Falecchio. In realtà nell’estate del 1845 la musica era solo da finalizzare e Verdi era impegnato nella rilettura del libretto ricevuto da Temistocle Solera che non lo convinceva. Approfittando della competenza poetica di Maffei rilesse tutte le pagine scritte da Solera e arrivò alla conclusione che non fossero abbastanza epiche. Così, mentre era ancora ospite dei Maffei decise di riaffidare il libretto dell’opera a Francesco Maria Piave, il librettista scelto inizialmente ma sostituito da Solera. L’alternanza ovviamente non piacque al Solera che da quel momento in poi non volle più collaborare con Verdi.
Per approfondire la vicenda dell’alternanza tra librettisti, cliccate qui
#4 Giuseppe Verdi e Tommaso Grossi, notaio di Treviglio e letterato
Tommaso Grossi è nato a Bellano nel 1790, ma è Trevigliese di adozione. Laureatosi in legge a Pavia, si dedicò alla poesia; fu poeta e romanziere romantico e battagliero, amico di Manzoni.
Come poeta romantico, fu lui a scrivere (parafrasando un po’ “La Gerusalemme liberata” del Tasso), nel 1826, il poema di argomento storico “I lombardi alla prima crociata”, da cui, qualche anno dopo, Giuseppe Verdi trasse l’ispirazione per l’omonima, celebre opera lirica (con le parole del suo librettista Temistocle Solera).
I soggiorni di Verdi a Treviglio
Giuseppe Verdi gli divenne amico e soggiornò spesso nella sua abitazione di via XXV Aprile a Treviglio. Si narra che Giuseppe Verdi raggiungesse la residenza trevigliese di Tommaso Grossi viaggiando in treno sulla linea Milano Treviglio. Giuseppe Verdi si servì di quel convoglio a 18 carrozze inaugurato solo da qualche mese su suggerimento dell’amico Don Masino. Era reduce da un’infezione gastrica ed era in cerca di un sollievo dal malessere che lo tormentava e gli imponeva svago, riposo dagli impegni e salutari passeggiate agresti.
Aveva rivelato al Grossi la sua intenzione di visitare Treviglio, che tanto stava a cuore al notaio e letterato amico e questi si immediatamente attivato perché quella prima gita di Don Peppino fosse all’altezza delle sue possibili aspettative e perché, a ricevere il celebre musicista, ci fossero trevigliesi di tutto rispetto. Verdi era una celebrità e come tale doveva essere accolto. Così si organizzò un grande evento al quale parteciparono le famiglie più in vista di Treviglio e di tutta la Bassa.
Notaio di gran fama, si “occupò” anche degli amici di Verdi
Grossi abbandonò la letteratura nel 1838, dedicandosi all’attività di notaio e, come tale, ebbe il compito di stendere l’atto di fusione tra Piemonte e Lombardia nel 1848.
In quanto notaio si occupò anche di questioni familiari, come ad esempio il divorzio degli amici Maffei il cui matrimonio era giunto al capolinea. E proprio di questa vicenda citiamo una lettera che Giuseppe Verdi scrisse chiedendo ad un amico di intercedere affinché Tommaso Grossi si occupasse del divorzio dell’amica Clara Maffei dal marito, mettendo così fine ad un matrimonio ormai più che finito e diventato quasi imbarazzante. E fu così che il 16 giugno 1846, alla presenza di Giulio Carcano e Giuseppe Verdi in qualità di testimoni, Tommaso Grossi firmò l’atto di divorzio di Clara e Andrea Maffei.
#5 Giuseppe Verdi e Antonio Ghislanzoni, un sodalizio fortunato
Parlare di Giuseppe Verdi e i suoi rapporti con Bergamo, riferendosi ad Antonio Ghislanzoni potrebbe sembrare un volo pindarico, considerando che il librettista viene considerato da tutti lecchese, ma avendo concluso la sua vita a Caprino Bergamasco e avendo trascorso spesso le sue vacanze in quel di Caprino, diciamo che possiamo provare a farcelo rientrare.
Antonio Ghislanzoni scrittore e librettista d’opera nasce a Barco di Maggianico (Lecco) il 25 novembre 1824 e muore a Caprino Bergamasco il 16 luglio 1893. Il padre lo voleva in seminario, ma quando fu chiaro che non avrebbe mai vestito l’abito ecclesiastico, lo mandò a studiare medicina a Pavia. Ghislanzoni si accorse di possedere una bella voce da baritono e si mise a studiare canto e pochi mesi dopo (nel 1846) si fece scritturare al teatro di Lodi come primo baritono. Ben presto tuttavia abbandonò le scene liriche per la carriera letteraria diventando giornalista e scrittore.
Da giornalista scrittore a librettista il passo fu breve e fortunato. Fu autore di oltre 60 libretti fra i quali, oltre all’Aida, I Lituani e Il parlatore eterno per Amilcare Ponchielli, Salvator Rosa e Fosca per Carlos Gomes, Papà Martin e Francesca da Rimini per Antonio Cagnoni, I promessi sposi per Errico Petrella. Scrisse inoltre i versi della cantata A Gaetano Donizetti di Ponchielli.
Giuseppe Verdi intervenne spesso sui testi dell’Aida
Il nome Ghislanzoni è legato soprattutto al libretto dell’Aida di Giuseppe Verdi, col quale collaborò anche alle revisioni della Forza del destino e di Don Carlos.
Ghislanzoni era tra i librettisti coi quali Verdi si trovava più a suo agio. Tanto che quando Verdi firmò il contratto per realizzare un’opera che celebrasse l’inaugurazione del Canale di Suez pose come condizione quella di poter scegliersi il librettista e questa scelta cadde proprio su Ghislanzoni.
Pochi sanno che Verdi interveniva moltissimo sul lavoro dei suoi librettisti e così fece anche nel caso dell’Aida. Quando il lavoro su parole e musica non procedeva in modo simultaneo, se Ghislanzoni in ritardo con la consegna, capitava che Verdi decidesse di procedere in autonomia, rinunciando anche alla grazia dei testi. C’è da dire che sull’Aida intervenne moltissimo e nonostante questo Ghislanzoni venne considerato da tutti il librettista unico. Cosa che lo fece conoscere ovunque e che gli diede moltissima fama.
A Casa Ghislanzoni la sala dell’Aida dipinta da Roberto Farina
L’Aida fu certamente l’opera più nota firmata come librettista da Ghislanzoni e questo gli conferì onori e fama. Successo del quale fu molto grato e che non dimenticò mai, nemmeno nei suoi anni a Caprino Bergamasco, dove acquistò una residenza per ritirarsi e vivere in tranquillità i suoi ultimi anni.
Caprino in realtà era una località fertile per gli artisti, soprattutto gli scapigliati. Fra questi un pittore, Roberto Farina, artista di genere specializzato in dipinti storici e letterari, realizzò la decorazione interna di una delle sale di Palazzo Ghislanzoni proprio a tema Aida. Ve ne ho parlato nell’articolo dedicato al tour tra i palazzi di Caprino Bergamasco che potete rileggere nel link qui sotto.
Per approfondire leggete: Val San Martino | Tour tra i palazzi di Caprino Bergamasco per immergersi nelle atmosfere della Belle Epoque.
Anche l’Aida in Villa Gromo a Mapello “parla” bergamasco
L’Aida di Giuseppe Verdi è il titolo scelto che andrà in scena nel tradizionale appuntamento bergamasco con l’opera estiva en plein air a Villa Gromo di Mapello (frazione Valtrighe) sabato 29 luglio (alle 20.30), organizzata assieme dal Ducato di Piazza Pontida e da PromoIsola.
Nel cast previsto per Mapello Aida sarà la giapponese Hiroko Morita, soprano con tante qualità: fragilità, morbidezza, forza vocale e di interpretazione di valori non comuni. Radames, il capitano delle guardie egizie innamorato e ricambiato da Aida, sarà il tenore bergamasco Fabio Valenti, già noto agli appassionati, così come al pubblico orobico è noto il mezzosoprano Alessandra Notarnicola, nel ruolo di Amneris, figlia del re d’Egitto e implacabile rivale di Aida. Amonasro, re d’Etiopia e padre di Aida – in pratica il contropotere che porterà al sacrificio tragico della protagonista e del suo amore ricambiato per Radames – è il giovane baritono umbro Diego Savini. Il basso Paolo Battaglia vestirà i panni di Ramfis, capo dei sacerdoti, mentre il re sarà interpretato dal basso Alessandro Ravasio.
Sul palco sarà come di consueto il direttore d’orchestra bergamasco Antonio Brena, alla guida dell’Orchestra Gianandrea Gavazzeni di Bergamo e del Coro Calauce. I balletti saranno a cura della scuola di ballo Arabesque di Peia, diretta da Roberta Quadri, mentre i costumi dei ballerini sono stati realizzati dagli allievi della scuola di Moda Silv di Bergamo coordinati da Davide Marchesi e Anna Curri. Ci saranno, come sempre scenografia e costumi all’insegna della tradizione melodrammatica.
Informazioni utili
Per la prevendita dei biglietti per lo spettacolo a Mapello (ingresso 20 euro) le informazioni si trovano sul sito www.isolabergamasca.org. In caso di maltempo l’opera verrà replicata domenica 30 luglio.
Vi è venuta voglia di assistere all’Aida a Villa Gromo di Mapello?
Ciao, io sono Raffaella e sono l’autrice di cosedibergamo.com, blog indipendente attivo dal 2017 che vi suggerisce le 1001 cose da fare a Bergamo e in provincia almeno una volta nella vita.
Appassionata da sempre di scrittura e comunicazione ho deciso di aprire Cose di Bergamo per condividere le mie esperienze e la mia conoscenza del territorio, nell’ottica di ispirare e aiutare voi, che mi leggete, a viaggiare e scoprire Bergamo e la sua provincia con occhi nuovi. Ma non solo. Con questo blog mi piacerebbe ispirare un modo diverso e pieno di vivere la provincia bergamasca, approfittando di tutte le opportunità e le iniziative culturali che ogni giorno di trovano nell’agenda dei 244 tra paesi e città.
E se anche a voi, come me, dopo aver scoperto tutti rapporti di Giuseppe Verdi con il territorio e i personaggi della storia di Bergamo, è venuta voglia di andare ad assistere all’Aida che andrà in scena nello splendido parco di Villa Gromo a Mapello, dovete affrettarvi e prenotare immediatamente sul sito di PromoIsola a questo link. La prenotazione è obbligatoria fino ad esaurimento posti.
Note: questo articolo è frutto di una collaborazione con Promoisola, in occasione della rappresentazione di Aida di Giuseppe Verdi e dell’iniziativa Opera in Villa Gromo 2023. PromoIsola è l’ente ideatore e organizzatore delle opere in villa. Le immagini sono in parte mie, in parte fornite da PromoIsola e in parte recuperate in Rete.
Non si smette mai di apprendere: grazie!!!
Ti ringrazio io che mi leggi. 🙂