Da quando ho iniziato questo viaggio alla scoperta di Bergamo, ho avuto la fortuna di imbattermi nella collana di racconti di Bolis Edizioni, Genius Loci, e di leggere i volumetti dedicati alle storie di alcuni luoghi iconici di Bergamo e della sua provincia. Si tratta dei racconti ambientati durante la costruzione delle Mura Venete, nelle sale dell’Accademia Carrara, all’interno del Complesso di San Nicola di Almenno San Salvatore e, ultimissimo in ordine di pubblicazione, Nel silenzio c’era il vento, di Francesco Fedigati, ambientato nel Monastero di Astino.
Ed è proprio di quest’ultimo che vi voglio parlare oggi e che vorrei suggerirvi di leggere un pomeriggio estivo (appena il tempo lo consentirà) seduti comodamente nel cortile del Monastero di Astino, magari proprio nel bar aperto durante Astino Estate.
Ecco quello che troverete in questo articolo
La sinossi del racconto Nel silenzio c’era il vento
Il chiostro del monastero di Astino è un rifugio per Emanuele, quarantasette anni e l’inferno alle spalle. Un rifugio di ombra, sole e quiete, dove ama passare il tempo a fissare l’intarsio delle pietre millenarie, il campanile incorniciato dai boschi della collina.
Un giorno Emanuele incontra Giulia, una giovane guida storico turistica che lavora al bookshop del monastero e che di quel luogo conosce tutto. Sarà lei a portarlo dentro una storia che lega l’antico monastero alla figura, grande e terribile, di Bartolomeo Colleoni.
Così, attraverso il racconto, si incontrano le aspirazioni del grande condottiero e le ferite dell’uomo comune, Emanuele, i desideri più sconfinati e le lacrime nascoste. Nel silenzio di Astino le parole di Giulia si intrecciano con il mormorio del vento: un dialogo intenso e misterioso fra passato e presente.
Quello stesso dialogo così avvincente che mi ha tenuta inchiodata alla lettura del racconto e che mi ha fatto decidere di pubblicare le foto che vedete qui sotto. No, non sono le foto del racconto, ma quando lo leggerete capirete perché le ho scelte.
Il Monastero di Astino
Adagiata tra il bosco dell’Allegrezza e il colle della Benaglia, la Val d’Astino infonde in chi la visita una sensazione di pace e di quiete. Non deve essere stato un caso la scelta fatta nel lontano 1107 dai monaci vallombrosani che decisero di costruire proprio qui il loro monastero e la chiesa annessa, chiamata del Santo Sepolcro.
E non deve essere stato un caso se l’autore di questo racconto ha deciso di parlare proprio di questo luogo circondato da boschi, colline, campi, e dalla fitta trama di vie che ruotano attorno al monastero. Perché è proprio tra questo edificio religioso e il territorio che si è creato un legame strettissimo, così come si è creato un legame strettissimo con i personaggi che hanno attraversato la storia di Bergamo negli anni del Medioevo, Bartolomeo Colleoni su tutti.
Bartolomeo Colleoni
E’ impossibile non conoscere Bartolomeo Colleoni (1400-1475). Egli è probabilmente il più celebre capitano di ventura del XV secolo: protagonista di numerosi eventi bellici fu immortalato dal Verrocchio nell’omonima statua equestre di fronte all’Ospedale di San Marco a Venezia. Il Colleoni deve però tanta fortuna non solo al suo valore in battaglia, ma anche alla sua vita straordinaria, oggetto di leggende suggerite ad arte dai biografi ufficiali. Ebbe ben otto figlie dalla moglie Tisbe dei Martinengo e concluse la sua vita tra un mare di generi, nipoti e vecchi compagni d’arme.
Su Cose di Bergamo ho dedicato alcuni articoli al Colleoni. A partire da La casa di città di Bartolomeo Colleoni, fino a quello che spiega l’usanza di toccare i c…oni portafortuna sullo stemma del condottiero, passando dall’articolo dedicato al Castello di Malpaga, vera residenza del condottiero.
Eppure dire dove finisce la realtà e dove inizia la leggenda di questo incredibile soldato, capace di guadagnarsi la fiducia della sospettosa Venezia per oltre vent’anni è difficile dirlo. Già la sua data di nascita è ancora oggetto di dibattito tra gli storici: c’è chi parla di un ipotetico 1395 per via di una targa ritrovata nella tomba di famiglia, ma l’iscrizione è piuttosto generica e non fornisce dettagli precisi sui natali del condottiero. E c’è chi la colloca nell’anno 1400, nei dintorni della cittadina dell’Isola bergamasca, a Solza, perché va detto che il 1400 era un anno giubilare e chi nasceva nell’anno del Giubileo era destinato a fare grandi cose.
Bartolomeo era figlio del piccolo feudatario Paolo Colleoni, molto rinomato nella zona e proprietario dell’importante castello di Trezzo dal 1372. Sfortunatamente il successo di Colleoni padre fu di breve durata: nel 1404 venne infatti coinvolto nelle locali lotte tra guelfi e ghibellini, perdendo la vita in circostanze misteriose. Ridotta in miseria, la moglie Riccadonna finì i suoi giorni in prigione, mentre il piccolo Bartolomeo conduceva una vita randagia nella piccola Solza. Grazie all’intercessione di qualche parente, poté comunque essere ammesso come paggio alla corte di Filippo Arcelli, signore di Piacenza, imparando le lusinghe e i sotterfugi della vita nobiliare.
Bartolomeo Colleoni iniziò quindi la sua carriera militare, come scudiero, all’età di 14/15 anni presso Arcelli. Nel 1424 era, al servizio del condottiero Jacopo Caldora, al comando di una squadra di 20 cavalieri. Con il Caldora entrò nella corte di Giovanna II di Napoli; partecipò alla guerra dell’Aquila del 1424 contro Braccio da Montone, che venne sconfitto e rimase ucciso. Tra il 1428 e il 1430 si distinse nell’assedio di Bologna, sotto le insegne del Caldora, per Papa Martino V.
La guerra cominciò a dare i suoi frutti, il suo nome si diffuse e la sua fama crebbe tanto da essere notato da Venezia. Iniziò così un lungo rapporto che, tra alti e bassi, segnò la sua vita e gli diede quella fama di condottiero tanto ricercata oltre alla connessa ricchezza.
Fu un rapporto, a volte di odio e amore, che vide sempre nel Colleoni una pulsione verso la Serenissima, pulsione ampliata dalla ricerca di riconoscimenti della propria capacità bellica e anche dalla gratitudine per quanto di onori e ricchezze la Repubblica gli darà, non ultimo quell’anelato monumento equestre da erigersi in piazza San Marco.
Ma nonostante tutti i successi Colleoni non era sereno. Qualcosa gli impediva di godersi in pace gli ultimi anni della sua vita. Ce lo racconta Francesco Agliati. Così come ci racconta la storia di Emanuele.
Chi è Francesco Fadigati
Francesco Fadigati, è l’autore diversi romanzi ad ambientazione storica legati a Bergamo e non solo. Qui sotto trovate i libri scritti da lui dal 2011 a oggi.
Francesco Fadigati sanremese di nascita e bergamasco d’adozione, è nato nel 1981. Ha conseguito la maturità classica a Sanremo e si è laureato in lettere presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore nel 2005, anno in cui ha iniziato a esercitare la professione di docente presso l’Istituto “La Traccia! Di Calcinate.
Nel 2011 ha pubblicato il suo primo libro La congiura delle torri (Bolis edizioni 2011), romanzo storico sulla Bergamo del XII secolo. Successivamente, si è dedicato alla narrativa contemporanea, pubblicando i romanzi Da questi luoghi bui (Bolis Edizioni 2015) e Furlana Storia di questa notte (Bolis Edizioni 2017). Con la pubblicazione Bergamo. Sguardi, parole, emozioni (Bolis edizioni 2018), esprime il suo primo lavoro a carattere poetico..
Note
Le foto sono mie. Il racconto è stato regolarmente acquistato (ricevuta conservata su supporto digitale).
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