Pianura Bergamasca | Covo: 10 curiosità sul paese dei murales tutte da scoprire

Una domenica mattina a Covo, in provincia di Bergamo. Se siete amanti della street art è senz’altro una gita da fare alla ricerca dei murales che abbelliscono il paese.  Ma Covo non è solo murales. E’ un paese della Bassa Bergamasca Orientale con tanta storia da raccontare e almeno 10 curiosità tutte da scoprire. Si parte dai murales, sì, ma poi proseguiamo con un tour insolito alla maniera di cosedibergamo. Siete pronti? Cominciamo con un po’ di storia…

Negli anni 915 e 920 sono già documentati i villaggi di Covo (Cauve) e Covello (Cauvello) allora autonomi e appartenenti in gran parte ai Ghisalbertini conti di Bergamo. I toponimi, di difficile interpretazione, derivano forse dal termine latino cavus (traduz. fosso), riferito ad un antico canale di scolo, forse di origine romana, che convogliava le acque reflue dei fontanili nel Serio. Questo canale nel 1267 fu inglobato nel Fosso Bergamasco di cui parleremo dopo.

Dopo la distruzione di Cortenuova e lo scavo del Fosso Bergamasco, Buoso di Dovara, signore ghibellino di Cremona, fortificò Covo con una potente cinta di mura rinforzata da nove torri per fronteggiare i Bergamaschi, che dal 1260 erano passati al partito guelfo. Nel 1266 allo scoppio della guerra l’esercito guelfo riuscì ad occupare Covo e a radere al suolo le sue fortificazioni.  L’anno dopo, con la pace di Romano, si decise di scavare il Fosso Bergamasco.

Nel corso delle guerre civili del XIV e XV secolo il comune di Covello si spopolò, riducendosi a cascinale e fu pertanto aggregato al comune e alla parrocchia di Covo. Nei secoli seguenti il borgo fu infeudato a varie famiglie (dal Colleoni ai Covi e ai Bentivoglio). Con le riforme napoleoniche del 1805 Covo ritornò bergamasco. Nell’Ottocento alcuni Covesi parteciparono attivamente alle guerre risorgimentali.

E oggi?

I murales di Covo fanno concorrenza ai Muri Dipinti di Calcio

Il paese di Covo da qualche anno si  è trasformato in pinacoteca a cielo aperto , grazie all’operazione di rigenerazione urbana voluta da un gruppo di giovani sostenuti dall’Amministrazione Comunale.  Ogni anno, la manifestazione Cultural’mente Covo Festival commissiona a un artista un muro cittadino da dipingere. Con le opere di street artist locali e internazionali (da Revolt e Etsom all’ex Orticanoodles Davide Tolasi, fino ad artisti che hanno lasciato il loro segno oltreconfine come Andrea RAVO MattoniUFOcinque e VESOD) il borgo si è arricchito di murales, che rendono l’arte fruibile a tutti.

Sono già nove i murales di Covo, disseminati su facciate di abitazioni private, palazzi e cortili del paese nell’ottica di una rigenerazione urbana estremamente contemporanea e colorata. E  ne sono in arrivo altri due. Questi murales raccontando storie e celebrando personalità come quella di Caravaggio, la cui famiglia era originaria dell’omonimo paese a pochi chilometri da Covo.

Una sfida a colpi di arte, ma sui muri. Negli ultimi anni a Covo si sono moltiplicati i murales artistici e ora il comune rischia seriamente di strappare ai vicini di Calcio il primato tanto ambito di “paese dei muri dipinti”.

Leggete anche:

I primi otto murales di Covo

  • Il primo fu Le avanguardie del Novecento, realizzato in via del Barco nel 2016.
  • Seguì Cartoon in via Umberto I (2017);
  • La conversione di San Paolo Odescalchi in via della Repubblica, realizzato nel 2018 da Andrea “Ravo” Mattoni;
  • Il Piccolo principe in via Scarpini nel 2019;
  • Concerto per violino, dipinto nel 2020 da UFOCinque in memoria del musicista covese Giulio De Micheli;
  • Proiezioni, del 2021, realizzato all’ingresso del paese dall’artista torinese VESOD in via San Lazzaro.
  • I più recenti, risalenti all’anno scorso, sono Il rapimento di Europa di Kraser Tres
  • Hydrogen carbonate and Musa sikkimensis di Fabio Petani.

Covo: il nono murale è orizzontale

Inaugurato a novembre 2022, Covo vanta anche un campetto di basket la cui pavimentazione è un murale dipinto dall’artista Laura Marchetti. L’opera è un inno alla vita. Il messaggio è semplice: un papavero, fiore che cresce un po’ dappertutto anche in situazioni avverse, e la frase che Kobe Bryant ha scritto nella lettera in cui da addio al basket, “Love you always, Kobe”.

Quest’opera si inserisce nel percorso di rigenerazione urbana attraverso la street art – progetto cure. Diventa così il nono murales di Covo ma, a differenza degli altri, è orizzontale.

In arrivo decimo e undicesimo murale a Covo

Credit Vera Bugatti Art

Con l’opera che l’artista bresciana Vera Bugatti sta ultimando in via della Repubblica in questi giorni e un altro in arrivo in via Marconi e commissionato all’artista romana Alessandra Carloni, saranno ben undici i murales a Covo.

Con l’opera che l’artista bresciana Vera Bugatti sta ultimando in via della Repubblica in questi giorni e un altro in arrivo in via Marconi e commissionato all’artista romana Alessandra Carloni, saranno ben undici i murales a Covo.

L’opera di Bugatti (nella foto sopra) è una raffigurazione “contemporanea” di Santa Lucia, un soggetto molto caro alla tradizione religiosa popolare sia di Bergamo che di Brescia.

Il secondo murales in arrivo raffigurerà un carillon, con un richiamo a un’altra caratteristica della Bassa: la presenza di acqua e di mulini.

A proposito di tradizioni popolari su Santa Lucia, leggete: Portare la letterina in via Venti Settembre e aspettare l’arrivo di Santa Lucia

Lo stemma di Covo racconta un mondo di tradizioni contadine

Lo trovate sul Municipio: è il classico stemma parlante, che racconta la storia di un paese dove le tradizioni contadine sono molto presenti. La presenza di un covone di grano nel suo stemma ci suggerisce molto su questo comune della bassa bergamasca. Covo infatti conserva una forte tradizione agricola testimoniata dalle numerose cascine e  mulini (di cui troverete qui sotto due esempi) presenti sul territorio.

Covo si trova in pianura, a 27 chilometri di distanza da Bergamo. Nei dintorni del paese le cascine, come ad esempio la Valemma, la Trobbiate, la Arrigona, risalenti al XVII secolo, e la Cascina Castellana, la Cascina Cavallina e la Cascina Bordona, edificate attorno al XVI secolo.

I molini di Covo si raccontano in 3 lingue: italiano, inglese e bergamasco

Se volete conoscere la storia del Molini di Covo, quello di Porta Mattina e quello della Resga, vi basta conoscere l’italiano, l’inglese e… il bergamasco!

Infatti tutti i cartigli che troverete saranno in queste tre lingue.

Molino fuori Porta Mattina

Di origini antichissime, è situato ad est del paese, fuori la vecchia Porta Mattina e aveva funzione di molino da macina. E’ alimentato dalla Roggia Sarioletta o “Ròsa” o Guadomaria che pesca le sue acque dal Fosso Bergamasco. Questo molino risale quanto meno al 16 agosto 1411, in quanto tale data figura in una pietra ancor oggi incastrata nella muratura dell’edificio.

Nel ‘600 era di proprietà della famiglia Valle, che aveva comperato dal Comune una gran parte degli spalti del vecchio castello oltre ai fossati (spianati) che circondavano le mura ormai demolite che si trovano a oriente fino al molino stesso.

Il molino passò in proprietà a Marco Colpani, mugnaio (e organista) di Fara Olivana nei primi anni del ‘900 e, siccome spesso veniva a mancare l’acqua, derivata dal Fosso Bergamasco per muovere la ruota collegata alle macine, lo dotò di un motore che rimase in funzione fin verso il 1970, quando l’attività venne chiusa.

Molino della “Resga”: da mulino a segheria

Fu costruito nei primi anni del quattrocento come molino da macina in aggiunta al già presente molino presso la porta Mattina in direzione di Calcio. Nel 1404 infatti vennero intrapresi importanti accordi tra i comuni di Romano e Covo per la concessione delle acque provenienti dalle fontane di Romano le quali aggiungendosi al fosso bergamasco, alimentavano un canale di derivazione (“La Rosa”) che azionava i molini del paese.

Successivamente, nel 1890 il molino venne ampliato: da un corpo di fabbrica con ruota laterale passò a doppio corpo di fabbrica con ruota centrale, la ruota in legno fu sostituita con una in metallo ma soprattutto il molino perse l’utilità di macina di granaglie e venne convertito in segheria, da cui appunto il nome “Resga”.

Nella seconda metà del Novecento, con il cessare dell’attività di segheria, la struttura restò per alcuni anni inattiva e in stato di abbandono sino al 1974 quando venne acquistata dalla famiglia di Cucchi Aldo che nel 1985 avviò i primi lavori di restauro e di conversione in struttura residenziale, recuperando l’antica fisionomia, mantenendo e valorizzandone le antiche parti caratteristiche e peculiari.

La Torre e il Vedovo, ciò che resta dell’antico castello di Covo

Biblioteca torre a Covo (BG)

Nei dintorni di Covo nel 1266 avvenne una battaglia sanguinosa fra le truppe delle città guelfe di Brescia e Milano contro le Ghibelline Bergamo e Cremona, fedeli all’imperatore Federico II di Svevia. La vittoria andò ai filo imperiali e la guelfa COVO fu punita con la distruzione delle sue strutture difensive e del suo castello.

La torre che vedete nella foto è l’unica sopravvissuta, insieme ad un altro piccolo edificio (detto il “vedovo”), del castello dotato di nove torri e due fossati, edificato tra il 1261 ed il 1264 dal ghibellino Buoso da Dovara, signorotto cremonese, che qui si stabilì a governare.

Oltre alla torre (la n. 1) dell’antico castello, quella che un tempo ospitava gli Uffici Comunali e che ora è adibita a Biblioteca, l’unica altra testimonianza del castello distrutto nel 1266 è rappresentata da una seconda torre (la n. 8) ora isolata e per questo chiamata dai Covesi “il Vedovo”. Tale edificio, posto nel Vicolo Vittorio Emanuele II, versa ora in stato di completo abbandono ma mostra comunque la sua destinazione originaria.

Volete sapere come mai fu tutto distrutto? Leggete il punto qui sotto e scoprirete quanto può essere pericoloso tradire la propria Patria. Tipo che arriva un poeta come Dante e ti fa finire all’Inferno.

Il tradimento di Buoso da Duera punito con l’Inferno (da Dante)

Duoso da Buera - traditori della patria - Divina Commedia

Buoso da Dovara era stato sedotto dall’oro di Guido da Monforte e aveva aperto ai francesi il passaggio dell’Oglio. Dante lo ricordò collocandolo nella Divina Commedia nel girone dell’Inferno tra i traditori della Patria (Inf. XXXII, 116) per aver abbandonato il borgo di Covo durante l’assedio:

Ei piange qui l’argento de’ Franceschi:
Io vidi, potrai dir, quel da Duera
Là dove i peccatori stanno freschi.

L’accusa di tradimento obbligò il Pallavicino ad abbandonarlo, e il Buoso a fuggire e riparare a Covo dove fece costruire un imponente riparo di sassi e sabbia del Serio, lungo le mura cittadine e intorno al castello, temeva, infatti, attacchi da parte dei milanesi capeggiati da Napoleone della Torre.

Il 4 giugno 1266 Covo fu assalito e accerchiato su più fronti dall’esercito milanese, mentre era difeso all’interno da circa 2000 persone, molte di Covo stesso, che avevano abbandonato le proprie abitazioni. Fu quindi subito chiaro che non era facile da espugnare, motivo che diede agli attaccanti il diritto di depredare il paese e quelli limitrofi. Gli assalitori vedendo che il castello era ben protetto iniziarono a prosciugare i fossati e ad attaccare le località che erano del Duera (o Dovara) che quando fu informato dell’arresa di Soncino, riuscì a fuggire nascondendosi tra la plebe e lasciando la rocca senza comandante. Il castello di Covo venne distrutto nella primavera del 1267.

Bartolomeo Colleoni e il miracolo delle reliquie di San Lazzaro

Le vicende di Covo si intrecciano anche con quelle di famosi personaggi come il condottiero Bartolomeo Colleoni e il miracolo delle reliquie di S. Lazzaro, ancora oggi conservate in paese e che troviamo raccontata sulla Santella di San Lazzazo.

La Santella Venne eretta nel 1855 dai Covesi come voto in seguito ad un’epidemia di colera che colpì la popolazione. L’affresco, del pittore Giacomo Giordani, allievo di Giuseppe Diotti, rappresenta la consegna della reliquia di S. Lazzaro da parte di Frà Bellino Crotti cappellano di Bartolomeo Colleoni, signore a Covo, al parroco di Covo.

Nel 1443, mentre il Colleoni guerreggiava intorno a Senigallia a capo delle truppe dei Visconti, il cappellano frà Bellino rovistava nella sacrestia di una chiesetta fuori città e trovava le reliquie di S. Maria Maddalena e S. Lazzaro, donate poi dal Colleoni, le prime alla Comunità di Romano e le seconde alla comunità di Covo (1449 d.C.).

La leggenda narra che nel momento in cui Colleoni giunse a Covo col teschio di S. Lazzaro, le campane si misero a suonare autonomamente senza che nessuno le avesse toccate e che i cavalli non volessero proseguire il percorso. Questo piccolo miracolo spinse il Colleoni a donare a Covo la reliquia più preziosa.

Nel 1659 san Lazzaro fu scelto come patrono della località e fu sempre oggetto di devozione nei momenti di pandemia. Viene festeggiato ogni anno nella seconda domenica di ottobre con una sagra, e a livello devozionale il 17 dicembre di ogni anno.

Se volete approfondire la vita di Bartolomeo Colleoni, leggete: Bartolomeo Colleoni: la vita del condottiero bergamasco in 10 punti e 10 curiosità tutte da scoprire

Chiesa dei SS Filippo e Giacomo Apostoli: una copia (?) girata

Interessante da visitare soprattutto la chiesa parrocchiale dedicata ai santi Filippo e Giacomo, eretta al posto di un vecchio edificio di culto verso la fine del XVIII secolo con materiali derivati dalla demolizione di alcuni edifici come due chiesette e le torri dell’antico castello. La chiesa è collocata su di una grande piazza, con pavimentazione in porfido e parti in ciottolato, dove si affaccia anche il palazzo comunale, e si presenta con la facciata palladiana tripartita da quattro colonne culminanti con capitelli di ordine ionico, e lesene nella parte terminante. Al suo interno, nella navata di destra, si trova l’altare dedicato a San Lazzaro costruito nel 1804 che conserva le reliquie del santo patrono di Covo con quelle di altri martiri. Ma ci sono due particolarità che meritano di soffermarci un attimo su questa chiesa di impianto neoclassico. Scopriamole insieme qui sotto.

L’affinità con la Basilica veneziana di San Giorgio Maggiore

La prima curiosità: la facciata della Chiesa parrocchiale di Covo presenta fortissime affinità con la Basilica veneziana di San Giorgio Maggiore, tanto da sembrare quasi una copia.

In entrambe le due chiese, la parte centrale più alta rispetto alle due laterali, anticipa lo sviluppo a tre navate dell’aula interna. La parte inferiore della facciata presente centralmente il grande portale culminante con la lunetta (completa di bassorilievo raffigurante la resurrezione di Lazzaro nel caso della chiesa covese).  A fianco in due nicchie sono poste due delle sette statue presenti sulla facciata. Lateralmente due grandi finestre rettangolari atte ad illuminare le navate interne. Oltre alle due statue poste sul primo ordine altre cinque solo collocate su altrettanti pinnacoli.

Tutto questo, come potete vedere dalle due foto sopra, lo troviamo sia a Covo che a Venezia. Ma non è l’unico caso di “ispirazione” che troviamo nella Bergamasca.

Se volete saperne di più sulle copie bergamasche, leggete: Famolo strano (copiando) | Monumenti e opere d’arte bergamasche che hanno uno o più gemelli in giro per il mondo

La doppia facciata

Ed eccoci arrivati alla seconda curiosità. Se girate intorno alla chiesa, scoprirete che la parte absidale si presenta con la conformazione di facciata, residuo dell’edificio precedente, che era rivolto nella direzione opposta.

Nel 1930 l’edificio risultava insufficiente a ospitare i tanti fedeli, fu quindi realizzata la nuova piazza con la demolizione di molti edifici e la creazione del nuovo edificio di culto. L’ingresso della chiesa girò e nel dare il nuovo orientamento sud-nord,  il settecentesco abside venne demolito. La nuova facciata fu progettata dall’ingegner Sanga che mantenne lo stile della chiesa precedente con la formazione del doppio timpano in stile palladiano.

 

Il triduo delle anime giustiziate che commossero i covesi

Credit: Eledovevai

Un altro fatto curioso è sicuramente la ricorrenza che si celebra ancora oggi nei giorni 7-8 e 9 agosto a Covo.

Si racconta che nel lontano 1798 tre ladri assalirono una ragazza per rubarle gli orecchini. Catturati da alcuni gendarmi vennero processati e condannati a morte sui terragli. Poiché i tre disgraziati, prima di salire sul patibolo, si confessarono chiedendo perdono per le loro malefatte, il popolo di Covo si commosse. Ma il corso della giustizia fu inesorabile e i tre morirono sul patibolo allestito in piazza. Quel pentimento non passò nel dimenticatoio, anzi. I Covesi ne furono così colpiti che ancora oggi, celebrano il “triduo delle anime giustiziate” con luminarie e celebrazioni al cimitero.

I ravioli di Covo: una tradizione del mondo professionale

Raviolo di Covo (BG) DE.CO
Credit: Pianura da Scoprire

La tradizione dei ravioli nostrani a Covo, risale alla fine dell’Ottocento e ai primi del Novecento. Il mondo contadino festeggiava la fine dell’annata agraria nei campi prima del riposo della fredda stagione con colossali mangiate di ravioli.

Ma la cosa curiosa era che la festa e la sagra del raviolo duravano diversi giorni perché ogni giorno a mangiare i ravioli erano invitate le diverse categorie professionali presenti a Covo. Così i ravioli il lunedì spettavano ai contadini, il martedì ai commercianti, poi maniscalchi, fabbri e altri artigiani. E così andava e funzionava la festa, per una settimana, secondo un ordine riportato oralmente di generazione in generazione.

E’ nel mese di ottobre che è possibile degustare il famoso raviolo, un prodotto riconosciuto con il marchio De.Co (Denominazione Comunale).

Se volete saperne di più sulle paste ripiene bergamasche, leggete: Sapori bergamaschi | 10 paste ripiene bergamasche che fanno concorrenza al casoncello tutte da provare

 

Il Fosso Bergamasco, l’antico confine d’acqua e i Cippi veneziani

Raccontando la storia della bassa bergamasca capita frequentemente di accennare al Fosso bergamasco, indicandolo come linea di confine senza scendere in ulteriori particolari. In realtà ha giocato un ruolo estremamente importante per le popolazioni che vi vivevano intorno.

L’intero confine settentrionale  del Comune di Covo è attraversato da questo antichissimo canale, di cui i documenti parlano già nel 1285 e che è servito per decenni per segnare il confine tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia. La tradizione vuole che  il canale sua nato la notte prima della battaglia del 1237 quando le truppe della Lega Lombarda, hanno riadattato un vecchio canale di epoca romana a scopo difensivo.

Il Fosso bergamasco è un canale artificiale lungo 35 chilometri che collega il fiume Adda al Serio e il Serio all’Oglio. A Covo, appena dietro il Fosso, c’è un laghetto color smeraldo nascosto in mezzo ai campi, specchio di acqua trasparente, che sgorga dal suolo e muove piccole onde. E’ la risorgiva delle Montagnette, piccolo tesoro nascosto.

Nel paese di Covo si troviamo i Cippi 62, 63 3 64 posto dalla Serenissima attorno al 1758 (per approfondire leggete qui a pagina 131).

 

Curiosità: ne conoscete altre?

Ciao, io sono Raffaella e sono l’autrice di cosedibergamo.com, blog indipendente attivo dal 2017 che vi suggerisce ogni settimana almeno 3 cose da fare a Bergamo e in provincia.
Appassionata da sempre di scrittura e comunicazione ho deciso di aprire Cose di Bergamo per condividere le mie esperienze e la mia conoscenza del territorio, nell’ottica di ispirare e aiutare voi, che mi leggete, a viaggiare e scoprire Bergamo e la sua provincia con occhi nuovi.
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Se avete dei suggerimenti sulle cose curiose di Covo, scrivete qui sotto nei commenti. 

Intanto, se volete conoscere altre curiosità dei dintorni, leggete: 


Note

Le foto sono in parte mie e in parte recuperate in Rete.

Bibliografia e Sitografia

  • pianuradascoprire.it
  • primatreviglio.it
  • ecodibergamo.it
  • RivistAmica

 

2 comments

  1. ciao Raffaella, complimenti per gli argomenti che tratti, sempre molto interessanti.
    Per Covo si potrebbe anche parlare dell’undicesima curiosità, cioè dei fontanili, presenti e valorizzati dal piccolo e virtuoso comune. Nel 2018 hanno inaugurato un percorso naturalistico che collega il principale fontanile (Amandi o Armandi) agli altri, un po’ più defilati. Ne parlo in un articolo che ho pubblicato per Orobie nel novembre 2022.

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