Oggi, 29 novembre, anniversario della nascita di Gaetano Donizetti ho deciso di fare un regalo alla sua memoria: svelare finalmente la verità sul ritrovamento della calotta cranica di Donizetti trafugata durante l’autopsia e scomparsa per 30 anni. Una verità raccontata da chi trovò veramente la calotta cranica del compositore, raccontata in un libro del 1875 che oggi fa parte della Biblioteca Universale di Google e che tutti possono leggere.
Ecco quello che troverete in questo articolo
La storia di Donizetti in breve
Gaetano Domenico Maria Donizetti nasce a Bergamo il 29 novembre 1797 da una famiglia di umili origini. Grazie alle Lezioni di Musica Caritatevoli di Simon Mayr viene notato per il suo talento musicale e finisce per diventare un compositore tra i più celebri operisti dell’Ottocento. Scrisse una settantina di opere oltre a numerose composizioni di musica sacra e da camera. Le opere del Donizetti più conosciute al mondo sono L’elisir d’amore, Lucia di Lammermoor e Don Pasquale. Ricordiamo anche La fille du régiment, La Favorite, Maria Stuarda, Anna Bolena, Lucrezia Borgia, Roberto Devereux e Linda di Chamounix.
Gaetano Donizetti morì l’8 aprile 1848. L’11 aprile si fece un’autopsia che appurò la causa della morte nella sifilide meningovascolare, le cui lesioni cerebrali erano sicuramente il motivo delle sue forti emicranie. E proprio durante l’autopsia successe qualcosa di strano che negli anni assunse i contorni di una leggenda macabra.
Il mistero della scomparsa della calotta cranica
Ne ho già parlato in un post, l’anno scorso, ma se non ricordate questa vicenda eccola in sintesi.
Gaetano Donizetti il celebre compositore era appena morto di malattia nelle stanze di Palazzo Scotti, la residenza degli amici che lo ospitarono nei suoi ultimi mesi di vita. Il musicista era gravemente malato e parenti e amici riuscirono a farlo uscire dal terribile manicomio in cui era stato ricoverato in Francia e a riportarlo in patria. Molti si offrirono di ospitarlo, ma si scelse la residenza dei conti Scotti appassionati di musica e amici dell’uomo.
Quando Donizetti morì venne portato nel Cimitero di Valtesse per l’autopsia e durante quest’ultimo esame la calotta cranica venne segata, separata dal resto del cranio, misurata e analizzata. Si scoprì che il cervello di Donizetti era più grande del normale e che la calotta per contenerlo era decisamente fuori misura. Al termine dell’esame il corpo venne ricomposto e messo nella bara, pronto per la sepoltura. Ma uno dei medici che avevano partecipato all’autopsia riuscì a nascondere la calotta cranica del compositore e a portarsela via.
Non era il primo caso di furto di parti di corpo di personaggi famosi deceduti, i cui resti venivano venduti come reliquie agli appassionati del genere scomparendo per sempre dai radar ufficiali. Ma in questo caso fortunatamente non successe anche se la vicenda era di per sè macabra. Ma forse non abbastanza perché qualcuno pensò bene di aumentarne la portata aggiungendo particolari fantasiosi.
La leggenda del cranio usato come portamonete
La leggenda vuole che nel 1874, quando si decise di esumare Donizetti per dargli degna sepoltura all’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore in Città Alta, accanto al suo maestro e amico Simon Mayr, ricomponendo i resti disseppelliti dal cimitero di Valtesse, si scoprì che mancava un pezzo di cranio: la calotta per l’esattezza.
Subito le autorità si diedero da fare per ritrovare l’osso mancante. Si cercò dapprima all’interno del cimitero, nei magazzini dell’obitorio, poi si cercò di ricostruire gli avvenimenti di trent’anni prima per risalire al momento esatto della sparizione. Per questo si decise di interrogare i medici che avevano partecipato all’autopsia e che avevano firmato il referto. A quel punto si scoprì che oltre ai 7 medici che avevano condotto l’esame autoptico ce n’era un ottavo che aveva partecipato ma che non aveva firmato. Due investigatori riuscirono a risalire al nome dell’intruso, sospettando che potesse “sapere chi avesse trafugato il pezzo di cranio”. Il cerchio si strinse intorno ad un nome: dottor Gerolamo Carchen. A lui infatti si attribuì senza ombra di dubbio la sparizione della calotta cranica di Donizetti. Si scoprì però che era morto e che tutti i suoi averi erano stati lasciati in eredità ai parenti e che un nipote in particolare aveva ricevuto i mobili in cui poteva essere conservata la calotta. Quel nipote si chiamava Giulio Bolognini, gestiva un negozio di generi alimentari e doveva aver trovato la calotta.
Ecco l’immagine terribile di quanto scoperto che ci viene offerta da Sereno Locatello Milesi in uno scritto del 1939 che in breve diventa leggenda:
«Un bottegaio che se ne serviva come ciotola per i soldoni» scrisse Locatelli Milesi «E così per anni la cavità anatomica che aveva raccolto le sublimi creazioni del genio donizettiano, rintronò del roco rimestare dei palanconi».
Quando entrarono nella bottega del Bolognini e videro il portamonete, i due che stavano investigando, capirono subito che si trattava della calotta cranica di Donizetti. La sequestrarono e dopo averla confrontata con la parte di cranio in possesso del cimitero, ricomposero il corpo affinché fosse seppellito finalmente integro.
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Ma sarà vero?
La verità raccontata da Alborghetti e Galli nel 1875
La verità (un’altra) è ugualmente macabra, ma molto meno e la troviamo raccontata in un testo del 1875 che google ha reso accessibile grazie alla composizione della biblioteca universale a disposizione di tutti. Si tratta del libro “Gaetano Donizetti e Simone Mayr“, di Federico Alborghetti e Michelangelo Galli, biografi del compositore. Alborghetti e Galli dedicarono la pubblicazione alla Contessa Scotti che ospitò a casa sua Donizetti negli ultimi mesi di vita.
La biografia di Donizetti fu scritta da Alborghetti e Galli una trentina di anni dopo la morte dello sfortunato musicista quando il cranio era appena stato ritrovato… da uno dei due (Galli, per l’appunto)! Si suppone quindi che le notizie fossero vere e meno romanzate di quelle che ci sono arrivate anni dopo e che oggi troviamo on line.
La riesumazione del corpo di Donizetti
Ecco cosa scrissero nella lingua di un secolo e mezzo fa:
“Era noto a molti in Bergamo, che, allorquando nel Cimitero di Valtesse era stata eseguita l’autopsia del cadavere di Gaetano Donizetti, un Medico, il dottor Girolamo Carchen, aveva trovato modo di trafugare la callotta segata dal cranio del grande Maestro. Nessuno però sapeva indicare con precisione, ove sarebbesi potuto rinvenire quel resto prezioso, poichè all’epoca, in cui Donizetti era mancato alla vita, gli animi distratti e commossi dai rivolgimenti politici, avevano dimenticato ogni altra cosa, che a quelli non sì riferisse, e quando si pensò nello scorso autunno alla disumazione della salma, il dott. Carchen era morto da parecchi anni.
A maggior disappunto non avea lasciato famiglia. Allora che per ordine del Municipio e coll’annuenza premurosa dei proprietarj si fece una prima visita nella cella mortuaria della nob. famiglia Pezzoli il giorno 4 del mese di aprile dell’anno 1874, ed aperta la bara, in cui erano rinchiuse le spoglie mortali del Maestro, si confermò la certezza, che al cadavere mancava il segmento superiore alla volta del cranio, la cui base appariva segata all’ingiro da mano esperta, nacque naturalmente assai più viva in tutti la sollecitudine di indagare a qualunque costo, dove e come quella onoranda reliquia fosse andata a finire.
La dottrina frenologica
Il passaggio sotto mostra che il dottor Carchen (il trafugatore) non era un necroforo, ma un amante della dottrina frenologica, ossia una branca della scienza, nuova al tempo e oggi non più valida.
La frenologia (dal greco phrén = mente e logos= studio), ideata e propagandata dal medico tedesco Franz Joseph Gall (1758 – 1828), affermava che le singole funzioni psichiche dipenderebbero da particolari zone o “regioni” del cervello, così che dalla valutazione di particolarità morfologiche del cranio di una persona, come linee, depressioni, bozze, si potrebbe giungere alla determinazione delle qualità psichiche dell’individuo e della sua personalità, e dei suoi talenti.
“Il dott. Carchen non potea essersi avventurato ad appropriarsi quella callotta che per un eccesso di passione per la scienza frenologica, o di venerazione verso l’illustre defunto. Certamente egli doveva avere custodito religiosamente fino alla sua morte quel cranio. Nè era probabile, che, lui morto, gli eredi suoi avessero gittato all’oblio, come un arnese qualunque, un oggetto, che per se medesimo imponeva un rispettoso riguardo. Tutt’al più era lecito supporre, che potessero averlo deposto in qualche Cimitero.”
Il ritrovamento della calotta cranica di Donizetti
Ed ecco il momento del ritrovamento:
“Con accurate e pazienti indagini si venne tuttavia d’informazione in informazione a sapere, che il dottor Carchen dagli Ospitali Militari di Bergamo passato quale Medico Aggiunto al Manicomio di Astino, avea morendo lasciato erede d’ogni suo mobile un suo congiunto abitante in Nembro; che l’erede avendo trovato nella libreria del defunto una calotta cranica, e ricordandosi d’avere altre volte udito dal dottor Carchen istesso, che quella calotta apparteneva ad un grande uomo, l’avea custodita sempre con riverenza, nè mai avea concesso a chicchessia di trasportarla fuori di sua casa nemmeno temporariamente; che l’erede si chiamava Giulio Bolognini.
Laonde senza frapporre indugi il dottor Galli si recò in Nembro, e si presentò al Bolognini, il quale edotto dello scopo di quella visita, non solamente si fece premura di mostrare la preziosa reliquia, ma tutto lieto d’averla religiosamente conservata l’affidò ben volentieri al Medico, che in nome del Municipio di Bergamo veniva a richiederla per comprovarne l’autenticità, e farne l’acquisto”.
Niente “rimestar di palanconi”, dunque. Che ne dite, l’accendiamo? 😉
La biblioteca universale di Google
Google Books nasce nel 2004, con il nome di Google Print Library Project, che prevede l’accordo con numerose biblioteche pubbliche e universitarie di alto livello per la digitalizzazione di circa 15 milioni di volumi e la loro messa a disposizione nell’interfaccia di ricerca nell’arco di un decennio. L’annuncio suscita le reazioni delle associazioni degli editori e degli autori, dato che il processo di digitalizzazione coinvolgerà anche opere coperte dal diritto d’autore. Ma il progetto è inarrestabile.
Nell’edizione della Buchmesse del 2005 viene presentata l’interfaccia di Google Print nelle principali lingue europee. A novembre del 2005 Google Print cambia nome in Google Book Search. Google Books ha accordi con moltissime biblioteche sparse per il mondo, e in lingue diverse dall’inglese. In totale, la libreria online di Google raccoglie circa 12 milioni di testi, due milioni dei quali sono di dominio pubblico. A questi numeri si è aggiunto il milione di testi proveniente dall’Italia: opere rare del XVIII secolo e dell’Illuminismo, capolavori letterari del XIX secolo, prime edizioni, illustrazioni e litografie di ogni epoca. Da Dante a Manzoni, da Galileo Galilei a Giambattista Vico.
Dalla cooperazione tra Google Books e il ministero per i Beni e le Attività Culturali, infatti, nel 2012 sono iniziate le attività di catalogazione e digitalizzazione da parte di Google di circa un milione di libri non coperti da copyright conservati nelle Biblioteche Nazionali di Roma e Firenze. Un’operazione che consente a chiunque nel mondo di accedere alle opere dei più grandi intellettuali, scrittori e scienziati italiani: il tutto a titolo gratuito e senza esclusive, tanto che i testi sono disponibili anche sui siti web delle biblioteche stesse e su altre piattaforme, come ad esempio quella del progetto Europeana.
Leggende e misteri bergamaschi
Non è la prima volta che Cose di Bergamo si imbatte in un mistero che avvolge la vita e le opere di Gaetano Donizetti. O dove un evento già di per sè straordinario assume in poco tempo le dimensioni di una leggenda dai contorni ancora più straordinari.
E non è la prima volta che ci imbattiamo nelle leggende che ci portano indietro di secoli. Ma è bello pian piano scoprire cosa si cela dietro certi racconti e quale sia la verità.
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Note
Le foto sono d’archivio e le informazioni sono state recuperate in rete. Ringrazio Barbara Savà per il suo prezioso stimolo: è infatti lei ad avermi mostrato per prima il testo di Alborghetti e Galli del 1875 e ad avermi ispirato questo articolo. Pubblicarlo nel giorno del compleanno di Donizetti mi è sembrato doveroso per ristabilire la verità almeno su Cose di Bergamo.
Molto interessante grazie…non avevo mai sentito questa storia…
Leggerò anche le altre…buona serata…
Una leggenda macabra degna delle storie noir di fine ‘800. Amo la musica di Donizzetti e fa un po’impressione conoscere questo particolare della dorte del grande compositore
Ma che storia avvincente!! L’ho letto tutto di un fiato! Non sapevo di questa storia, non ne avevo mai letto. C’è sempre da scoprire 😀