Mulino di Baresi intitolato a Maurizio Gervasoni, luogo del cuore FAI

Val Brembana | Gita fuori porta coi bambini al Mulino FAI di Baresi a Roncobello

Situato in un contesto paesaggistico unico, nel territorio della piccola località montana di Bàresi, a Roncobello in Val Brembana, il Mulino FAI Maurizio Gervasoni è un “Luogo del Cuore FAI” pieno di curiosità tutte da scoprire. Grazie a opifici come questo, decine di comunità della valle hanno ricavato per secoli i beni necessari per la propria sussistenza: farina, pane e olio per l’alimentazione e l’illuminazione. Perfetto per una gita fuori porta con i bambini alla scoperta della natura e di vecchi mestieri che non esistono più: il Mulino di Baresi è un fabbricato rurale in pietra che risale al XVII secolo e che fino alla fine del ‘900 è rimasto in attività.  Ancora oggi conserva il torchio per la spremitura delle noci, un mulino per le farine (datato 1672) e alcune testimonianze di un antico forno per il pane.

Oggi il Mulino di  Baresi a Roncobello è un bene del FAI che lo amministra e se ne prende cura insieme all’Associazione Maurizio Gervasoni Roncobello Onlus, un gruppo di volontari che si occupa delle visite guidate e delle manutenzioni ordinarie del mulino e dell’area circostante. Ecco quello che scoprirete visitandolo coi vostri bambini (non è uno spoiler, ma questo articolo vi servirà senz’altro per prepararvi alla visita che sarà comunque tenuta da ottime guide).

Mulino di Baresi:  un luogo antico sospeso nel tempo

Esistente almeno dal 1550, ha ospitato un maglio, e poi contemporaneamente un torchio per la spremitura delle noci, un mulino per le farine, un forno per il pane e una casera. Qui si lavorava la farina gialla e bianca, il miglio, si spremevano semi e frutti (noci e nocciole) per produrre olio da alimentazione e per l’illuminazione, si produceva il formaggio e si cuoceva il pane. Un vero laboratorio dalle cui attività dipendeva la sopravvivenza di intere famiglie della Valle Brembana.

Dopo secoli di attività ora le ruote del mulino e il torchio che schiacciava le noci sono fermi, il locale della casera anche e il forno non fa più il pane, ma tutto continua a raccontare una storia fatta di uomini, natura e ingegno. Tutto, all’interno, sembra rimasto come una volta. Ovunque recipienti, appoggiati nelle cassette, pezzi e ricordi di un tempo passato. Quasi come se l’ultima persona che lavorava con  quei delicati attrezzi un giorno fosse uscito per andare a lavorare nei boschi, avesse messo un cartello torno subito e invece non fosse più tornato. E così stato nella realtà, visto che l’ultimo proprietario un giorno andò nei boschi a lavorare (oltre al mugnaio faceva anche il boscaiolo) ed ebbe un incidente che se lo portò via per sempre. Gli attrezzi del maglio e del mulino rimasero così, sospesi nel tempo in attesa di tornare a funzionare.

Interno Mulino FAI di Baresi a Roncobello

Visitare il Mulino di Bàresi all’esterno: curiosità tutte da scoprire

Raggiunto il luogo in cui si trova il mulino vi renderete conto immediatamente del perché sia considerata un’oasi paesaggistica di valore storico: è una assoluta meraviglia. Il bosco, il prato, il torrente, ma anche gli edifici in pietra, il canale che porta l’acqua al mulino, la ruota in legno: è tutto  perfetto!

La prima cosa che noterete sarà la sensazione di pace: questo edificio sembra davvero fuori dal tempo. Si sente solo il canto della natura: cantano gli uccelli, cantano gli alberi, canta il sole, canta l’acqua del ruscello. No, non sono un’inguaribile romantica. “Canta l’acqua”, lo scoprirete più avanti, è un detto antico usato da chi sapeva e doveva far funzionare i mulini ad acqua.
Guardatevi intorno. Alcune piante di noci vicino al sentiero ricordano l’attività che veniva svolta nel torchio.

Mulino di Baresi a Roncobello esterno

Cosa rappresenta l’affresco sopra il portone del Mulino

Sopra l’ingresso del mulino si distingue un affresco: una Madonna con bambino che tiene in mano un’otre (forse contenente olio) mentre a destra è raffigurato un albero di noce. La simbologia sembra chiara e ce lo spiega la nostra guida, il signor Bruno Gervasoni: “Questo affresco rappresenta i tre valori che muovevano le genti di questa valle: la Fede in Dio, la famiglia e il lavoro. Infatti troviamo una Madonna con Bambino, una madre con un figlio, un’otre pieno d’olio di noci che era quello che si produceva in questo edificio“. Anche la natura (aggiungerei io) visto che l’albero di noci era quello che dava da vivere a questa famiglia e tutti loro sapevano quanto fosse importante che la natura fosse amica e permettesse un buon raccolto. Ma probabilmente a quel tempo non c’era questa consapevolezza: tutto ruotava intorno alla figura di Dio e alla Provvidenza.

Affresco sopra l'ingresso del Mulino di Baresi a Roncobello

Perché per un mugnaio era importante il detto: “l’acqua canta”

Ascoltare il canto dell’acqua“, potrebbe sembrare la frase di un poeta (e forse lo è), ma qui in Val Brembana, terra di lavoratori, questa frase nei secoli ha avuto un significato assolutamente pragmatico, legato al lavoro. Volete sapere perché? La spiegazione ruota intorno alla… ruota del mulino!

Fate un giro intorno al mulino e risalite il canale dell’acqua che muove il mulino e scoprirete come e da dove arrivava l’acqua del torrente Valsecca che ha dato il nome a tutta la valle.

Per sfruttare l’energia dell’acqua per far funzionare le macine, il corso del torrente veniva raddoppiato in corrispondenza dei mulini, posizionando dei massi e incanalando l’acqua in piccole sariole (canali artificiali) cui veniva data una pendenza del 4 per mille. La portata dell’acqua della sariola veniva regolata con delle tavole di legno che venivano posizionate lungo gli argini artificiali. La ruota del mulino doveva compiere non più di 9 giri completi al minuto per non distruggere gli ingranaggi del mulino. Ecco quindi che i mugnai e i muratori di secoli fa, che non erano ingegneri e quasi certamente non sapevano neanche leggere e scrivere, per regolare pendenza e portata di acqua che doveva arrivare al mulino ascoltavano il canto dell’acqua.  In base al rumore dell’acqua sapevano come regolare tutto quanto.

Guida spiega a Raffi Garofalo caratteristiche del mulino di montagna

Come funziona la ruota di un mulino di montagna

Prima di entrare a visitare il mulino fermatevi a guardare la ruota. La guida vi spiegherà la differenza che c’è tra un mulino di montagna e uno di pianura. La differenza sta nella ruota: quella del mulino di montagna gira per caduta d’acqua mentre quella del mulino di pianura gira per spinta da sotto.

Il mulino era una vera e propria macchina di legno e pietra e come tale andava manutenuto e preservato. Per questo, a differenza di quanto si possa pensare, la ruota del mulino non andava tutto il giorno, ma solo quando c’era da macinare la farina.

Per mettere in moto la ruota del mulino di montagna, il mugnaio spostava un meccanismo che faceva cadere l’acqua nelle pale a forma di cassetta ed era il peso a muovere la ruota del mulino, imprimendo alla stessa un movimento rotatorio orario.

 

Raffi Garofalo al Mulino Baresi di Roncobello

Visitare l’antico Mulino di Baresi all’interno: un tuffo nel passato

Dentro scoprirete un vero e proprio tesoro per la storia rurale. Il mulino per la farina, con la macina perfettamente funzionante porta la data del 1674; ci sono ancora i setacci, le palette e contenitori che venivano utilizzati. In fondo all’edificio quello che molto probabilmente era il forno per il pane.

Ma il pezzo più importante dell’intero complesso è sicuramente rappresentato dal torchio per le noci: un complicato sistema di ruote. Serviva a produrre olio di noce, utilizzato come alimento oppure per l’illuminazione. I panetti ricavati dalle noci servivano per l’alimentazione dell’uomo o degli animali. Sul grosso legno che sorregge la vite mobile del torchio è riportata la data del 1672. Mentre sulla spalla in pietra si legge la data 1783, anno in cui fu sostituita quella in legno con appunto quella in pietra.

Nel resto dell’edificio ci sono pezzi di ruote in pietra o in legno, altri strumenti di lavoro, per il maglio o la macina. Una vera officina con tutto il necessario per farla funzionare. Un locale adiacente al principale ospitava invece una casera ad uso del mugnaio dove veniva lavorato il latte, il burro. Dove si toglieva il miele dalle arnie.

Come si produceva l’olio di noci

L’olio di noci era molto importante perchè era un ricostituente naturale (la prima spremitura) e serviva anche per l’illuminazione (la seconda spremitura).
Il Mulino di Baresi aveva un torchio per la spremitura delle noci che serviva un territorio abbastanza ampio: un terzo delle noci spremute veniva da Roncobello, mentre i 2 terzi venivano da tutto il resto della Valle.

Per ricavare l’olio dalle noci, le noci arrivavano al torchio già prive di guscio. I gherigli si mettevano quindi nel frantoio per essere macinati. Girando una manovella, o con la forza di una ruota di mulino, la macina ruotava, frantumava i gherigli e pian  piano si formava una pasta sottile e densa. Quando nella vasca del frantoio la pasta era schiacciata al punto giusto, la si raccoglieva con delle palette di legno o di ferro e la si trasferiva su una sorta di stufa in mattoni. Durante l’operazione di riscaldamento, per la buona riuscita del prodotto, la temperatura  non doveva superare i 60 gradi. Quando la pasta raggiungeva  la giusta temperatura veniva raccolta e sistemata su un contenitore di legno bucherellato e rivestito tessuto a trama finissima.

Questo contenitore veniva messo sotto la pressa del torchio. Azionata con la forza di una persona (solitamente un bambino) che cammina su un’enorme ruota a pioli come un piccolo criceto,  un’enorme vite abbassava un pistone, che, gravando sull’impasto, consentiva la spremitura del  prezioso olio. Si ripeteva un’altra volta tutto il procedimento e l’olio della seconda passata veniva destinato alle lampade a olio per illuminare.

Svitato il perno della pressa e  levato il cilindro, nella iuta rimaneva un disco compatto di pasta di noci usato in cucina aggiunto al pane. Oppure ridotto in polvere e somministrato al terreno come fertilizzante.

Torchio dell'antico Mulino di Baresi a Roncobello

Come si produceva la farina

Vedere come si produceva la farina in passato è davvero emozionante perché l’ingegno dell’uomo è davvero sorprendente.
Questo mulino all’inizio fu quasi certamente dedicato alla macina della farina bianca da frumento e miglio, e più tardi, dopo il 1632 anno in cui fece la sua comparsa il mais nella Bergamasca, di farina gialla per polenta.

Il mulino Baresi era utilizzato per la macinazione dei cereali (grano, granturco, miglio,
ecc.) al fine di ottenere farine di vario tipo da utilizzare per la produzione alimentare.

Il motore, la ruota idraulica, trasformava l’energia dell’acqua in energia meccanica per
azionare la macchina. Il movimento della ruota era trasmesso per mezzo dell’albero motore all’ingranaggio costituito da una ruota a pioli (lubecchio) e da una ruota a gabbia (lanterna) che a sua volta azionava l’albero verticale terminante con la merla.
L’albero verticale attraversava le due macine (parte operatrice): quella superiore era messa
in movimento dalla merla, mentre quella inferiore restava fissa. La frantumazione del
cereale avveniva dopo che questo, sistemato nella tramoggia, per caduta dall’alto, finiva tra
le due macine.

I valligiani portavano i cereali al mulino e in pagamento lasciavano la decima, ossia la decima parte di quanto prodotto. Questo poteva quindi essere rivenduto dal mugnaio o utilizzato per il proprio sostentamento.

La macina del grano Antico Mulino di Baresi a Roncobello

Il pane, il formaggio e il miele: prodotti fondamentali per la sussistenza

Non di solo olio e di sola farina viveva la famiglia Gervasoni, proprietaria nei secoli di questo mulino. Infatti qui, potrete vedere anche un forno per il pane e un locale annesso al mulino dove il mugnaio produceva burro e formaggio: alimenti che  non mancavano nella dispensa di una famiglia bergamasca e che potevano servire ad integrare le finanze familiari.  Ma non solo. Qui si produceva anche la grappa o, quando era stagione, si toglieva il miele dalle arnie artigianali dette Buss.

Mulino Maurizio Gervasoni: un bene FAI intitolato all’ultimo proprietario

L’ultimo mugnaio che, fino al 1996, ha fatto girare il mulino per ricavare farina gialla a uso domestico è stato Maurizio Gervasoni, membro della famiglia che da secoli aveva la proprietà del mulino. Questo mulino era sopravvissuto per secoli grazie ad una tradizione di famiglia che aveva evitato i frazionamenti del bene. Il primogenito avrebbe ereditato il mulino e si sarebbe occupato dei genitori anziani.  Questo andò avanti per secoli.

Quando Maurizio Gervasoni mancò, erano ovviamente altri tempi e gli eredi non se la sentirono di continuare con questa attività e così le macine si fermarono (il torchio si era già fermato nel 1926 per una questione di tasse).

Sede di antichi mestieri e tradizioni, per la sua rilevanza storica, etnografica e anche antropologica (tutta l’area, infatti, reca tracce di insediamenti abitativi risalenti all’età del bronzo), il mulino è stato sottoposto a vincolo dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali alla fine degli anni novanta. Nel 2003 è stato inoltre il secondo bene più votato nel censimento, bandito dal FAI, dal titolo “I Luoghi del Cuore“. Grazie a una donazione di Intesa Sanpaolo, la Fondazione nel 2005 ha potuto acquistare il mulino dalla famiglia Gervasoni. Il progetto del FAI ha previsto un’opera di recupero e restauro dell’edificio e dei suoi meccanismi, affinché la preziosissima memoria storica in esso custodita non andasse perduta. La gestione del mulino è stata poi affidata alla comunità locale che con l’Associazione Maurizio Gervasoni Onlus si prende cura di questo edificio e che ne permette le visite al pubblico.

Per saperne di più sui luoghi del cuore FAI presenti in provincia di Bergamo, leggete:
Itinerario FAI: scopri i 4 Luoghi del Cuore tra i più votati dal 2003 a oggi in provincia di Bergamo

Se volete sapere quali sono i luoghi del cuore in lista quest’anno nella speciale classifica del FAI leggete qui: Classifica FAI 2020 aggiornata in tempo reale

Raffi Garofalo e Bruno Gervasoni al termine della visita guidata al Mulino di Baresi

Informazioni utili per visitare il Mulino di Baresi (o Mulino Maurizio Gervasoni)

Il Mulino di Baresi di Roncobello dista una quarantina di chilometri da Bergamo e 60 da Milano.
Per raggiungerlo potete impostare il navigatore su google maps sia digitando “Mulino di Baresi  Roncobello”, sia “Mulino Maurizio Gervasoni Roncobello”.
E’ visitabile all’interno da giugno a ottobre e in particolari eventi.

Indicazioni per Mulino di Baresi

Le indicazioni stradali per chi arriva da Bergamo

Seguire le indicazioni per la Val Brembana fino a Piazza Brembana. Proseguire per Foppolo fino al bivio Roncobello. Superate la frazione Bordogna di Roncobello e raggiungete la località Oro di Baresi.
Da Bàresi, in 5 minuti si scende per una mulattiera fino al Mulino.

Da Foppacava, invece,  una strada carrozzabile di circa 400 m permette di giungere a 100 metri dal Mulino.  Si imbocca una stradina segnalata dalle indicazioni per il Mulino Baresi – Valsecca e facendo attenzione si arriva ad uno slargo dove potete parcheggiare l’auto. Risalite a piedi per un centinaio di metri o poco più, lungo un sentiero e a pochi distante da un bel ponte in pietra troverete il Mulino.

Guardando in alto, vedrete un gruppo di case in pietra. L’ultima casa è proprio quella della famiglia Gervasoni che dall’alto sembra continuare a vegliare sull’antico edificio che ospita il torchio, immerso nella Val Secca, la piccola valle che prende il nome dal torrente Valsecca, un torrente carsico.

Il ponticello in pietra nei pressi del Mulino di Baresi in Val Brembana

Le indicazioni stradali per chi arriva da Milano

Autostrada A4 (Milano- Venezia), uscita Dalmine, seguire le indicazioni per la Valle Brembana fino a Piazza Brembana. Proseguire per Foppolo fino al bivio per Bordogna – Roncobello. Poi seguire le indicazioni.

Se vi interessa visitare altri mulini o ecomusei dedicati a magli e mulini, leggete questoUna passeggiata con i bambini nell’Ecomuseo di Valtorta per scoprire la storia e le storie dell’Alta Val Brembana.

Quanto costa visitare il Mulino FAI di Baresi

La visita guidata costa 2 euro per gli adulti e gratis per i bambini.
Tutte le informazioni le trovate sul sito dell’associazione

biglietti ingresso visita Mulino di Baresi

 

Note: le foto degli esterni sono mie e sono state scattate il 5 settembre 2020. Le foto degli interni provengono dal sito del FAI e dal sito dell’Associazione Maurizio Gervasoni. 

15 comments

  1. I Mulini mi hanno sempre affascinato da matti, anche perché rappresentano il retaggio di un passato che non deve essere dimenticato. Sono davvero felice di sapere che il FAI recupera e tutela anche questi beni. me lo segno per una visita!

  2. Un luogo che sa di storia e di vita, sembra un posto proprio da visitare! I luoghi FAI sono tutti molto apprezzabili, grazie!

  3. Grazie al tuo articolo così particolareggiato, mi sono sentita accompagnata da sua scoperta da.una guida esperta! Amo i mulini e mi affascina vederli all’opera

  4. Adoro i Mulini e ovviamente non potevo esimermi dal leggere questo articolo. Per fortuna enti come il FAI riescono a preservare e riportare in auge questi luoghi che altrimenti andrebbero dimenticati così come la storia che li ha contraddistinti.

Grazie di aver letto il post. Se desideri lasciare un commento sarò felice di leggerlo

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